lunedì 30 luglio 2007

Sick sick sick

Iban Mayo, scalatore basco della Saunier Dauval, è risultato positivo all'Epo ad un controllo antidoping effettuato il 24 luglio.
Immediatamente sospeso dalla propria squadra, è solo l'ultimo anello marcio di una catena destinata, si spera, a spezzarsi prima o poi.
Come ampiamente prevedibile, anche la maglia gialla Contador finisce nell'occhio del ciclone. Ad avanzare pesanti sospetto è Werner Franke, un'autorità nella lotta al doping, che ha definito la recentissima vittoria di Contador al Tour come "la più grande truffa della storia dello sport", facendo riferimento al suo iniziale coinvolgimento nell'Operation Puerto, e rivelando persino il cocktail di sostanze proibite utilizzato dal ciclista iberico per migliorare le proprie prestazioni. Significativa una frase: "Tutto è stato tenuto nascosto in Spagna".
Indipendentemente dal fatto che si tratti di un soggetto in cerca di pubblicità o le sue accuse siano realmente fondate, che la Spagna sia una sorta di paradiso per la libera circolazione di sostanze proibite è cosa nota. Pochi controlli, indagini superficiali per non dire inesistenti, non è casuale l'esplosione dello scandalo più grande della storia di questo sport, tanto da far impallidire persino il Tour 1998 e il caso Festina, sia esploso proprio nella penisola iberica. Molto probabile che dietro i vari nomignoli rinvenuti nelle intercettazioni telefoniche si celino ciclisti sudditi di Juan Carlos. Peccato che ad aver pagato siano stati solo Basso, Scarponi e Ullrich, mentre Valverde, tanto per non fare nomi ma cognomi, corre nonostante le nubi su di lui non siano scomparse.
Intanto, lo strappo tra Uci (Unione ciclistica internazionale) e organizzatori della Grand Boucle si è fatto insanabile. La guerra verbale tra McQuaid e Preud'Homme ha raggiunto picchi di tensione massima su Rasmussen, con il grande capo del Tour che ha fatto ben poco per nascondere il proprio livore verso il presidente dell'Uci. Accuse di scarsa chiarezza e professionalità e assenza di fiducia non nelle istituzioni, ma negli individui che le rappresentano.
Se da un lato è comprensibile il desiderio di pulizia, in modo da salvaguardare un patrimonio nazionale come il Giro di Francia, è altrettanto difficile condividerne i metodi.
Inaccettabile che, per un corridore positivo, debba pagare con l'esclusione tutta la squadra. La caccia alle streghe fa vittime innocenti, non è questa la strada giusta.
Per evitare il terzo Tour consecutivo reso 'zoppo' da sospetti, veleni e positività, gli organizzatori stanno cercando di staccarsi dal tanto vituperato Pro Tour, in modo da aver pieni poteri di scelta su squadre e modalità.
Percorso più corto, meno tappe e più giorni di riposo, ma soprattutto, team nazionali, come non avveniva da 40 anni a questa parte. Potrebbe essere la ricetta per salvare il salvabile.
Lo spettacolo ne risentirebbe, in quanto c'è il rischio che certe nazionali si ritrovino con troppi galli nel pollaio, mentre altre fatichino a trovare il numero di corridori per partecipare.
Sarebbe un'anomalia, imbastita per contrastare quella che sta diventando la norma, ovvero i Tour della vergogna.
La strada è in salita, perchè gli sponsor sanno benissimo che non esiste miglior veicolo che le strade di Francia per farsi pubblicità, essendo la Grand Boucle la terza manifestazione sportiva mondiale, dopo Olimpiadi e Mondiali di calcio, la prima a cadenza annuale.
Quella di Mayo è la terza positività al Tour 2007, dopo Vinokourov e Moreni. Aggiungiamoci il caso Sinkewitz che ha fatto levare le tende alla TV tedesca, la clamorosa esclusione di Rasmussen in giallo vestito, oltre ai già citati sospetti sul vincitore finale, e abbiamo la misura di quanto le cose vadano male.
E forse l'unico sport nel quale, indipendentemente dal tifo, viene esaltato il gesto atletico del protagonista, sostenuto a gran voce dal pubblico festante a bordo strada, o in piedi davanti allo schermo.
Tutto questo rischia di non esistere più, spazzato via da sospetti, voci e parzialità.
La cura del Tour non è necessariamente quella del ciclismo tutto.
Ben venga la collaborazione con la Wada (agenzia antidoping internazionale), ma l'isolamento dal resto delle competizioni rischia di provocare una spaccatura profonda.
Lo stesso discorso, sia chiaro, vale anche per Giro, Vuelta e le grandi classiche, in quanto sembra proprio che pure queste affascinanti gare vogliano uscire dal calendario Pro Tour, isolando di fatto l'Uci.
Rischiamo di avere un ciclismo a due facce, a due velocità, soprattutto, e con regole diverse.
Fino a che non verrà varato uno standard internazionale sul modello francese, vedremo mano pesante in certi paesi e omertà in altri.
Avremo Basso a casa e corridori spagnoli spuntare come funghi in classifica.
Non tutti dopati, si spera, ma più liberi, volendo, di sperimentare gli ultimi ritrovati della trasgressione sotto forma di sostanze illecite.
E' triste, ma di positivo in questo Tour ci sono Contador come piacevole rivelazione, Vinokourov, Moreni e Mayo, speriamo di poterci fermare qui, come valori riscontrati nel sangue.
Il vaso di Pandora non è stato ancora scoperchiato, altrimenti ci sarebbero state molte più vittime, forse anche illustri.
Siamo in attesa di novità dagli inquirenti. Un mesto 'aspetta e spera' sorge spontaneo.
Così come siamo in attesa di scoprire come si concluderà il processo a Landis, che si trascina da tempo immemore.
Il Tour 2006 non ha un vincitore.
Quello del 2007 ce l'ha, ma ci sono pure ombre e accuse.
Augurarsi, semplicemente, normalità per la prossima edizione è quanto di più saggio si possa fare in questo momento.

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