domenica 1 luglio 2007

Longview

Vandenborre, Mazuch, Hable, Kuzmanovic, Lupoli. Sono alcuni dei giovani talenti acquistati da Pantaleo Corvino per la Fiorentina. Si aggiungono ad elementi del calibro di Montolivo e Pazzini, senza dimenticare Pasqual e Donadel, che vecchi non sono, e il rientro di Bojinov.
La scelta è precisa: progetto a lunga scadenza, nessuna follia, ma investimenti oculati e decisi su ragazzi seguiti a lungo dagli scout viola. Il Corvo si gode i frutti di un certosino lavoro, vedendo crescere un gruppo dall'età media bassa e dalle prospettive ampie.

Molti di questi ragazzi, al momento, sono sconosciuti ai più, ma si faranno conoscere, basterà un po' di sana pazienza, e Prandelli pare essere il manico giusto per un organico del genere, ricco di talento, con tanta voglia di emergere.
I nostri dirigenti è da un anno ormai che parlano di una fantomatica 'linea verde', con valorizzazione dei giovani in rosa e un capillare lavoro di scouting alla ricerca di talenti a basso costo.
La strada da perseguire è anche questa.
Per puntare subito al titolo, o comunque ad un posto in Champions, era necessaria una ricostruzione, con l'innesto di giocatori già pronti ma non avanti con gli anni. In quest'ottica vanno visti i riscatti di Criscito (classe 1986), Nocerino (1985) e Molinaro (1983) e gli arrivi di Almiron (1980), Tiago (1981) e Iaquinta (1979), senza dimenticare i parametri zero Grygera (1980) e Salihamidzic (1977). Elementi che non hanno ancora superato la trentina, con un ingaggio ragionevole e prospettive di crescita (eccezion fatta per il 'Brazzo', arrivato comunque gratis dal Bayern).
Sarebbe opportuno affiancare a questi uomini alcuni elementi più giovani, che magari possano, partendo dalla Primavera, replicare il cammino di Del Piero e, più recentemente, Marchisio.
Purtroppo i cechi Mazuch e Hable, da tempo nei taccuini di Sensibile, sono stati bloccati dal Corvo sempre pronto a buttarsi sulle giovani prede.
L'unico innesto è stato l'attaccante Immobile, 17enne prelevato dal Sorrento. Il cognome suona come un sinistro presagio, ma il talento, così pare, c'è tutto. Chi lo sa, magari abbiamo in casa l'erede di Trezeguet...
Ora non fermiamoci qui. Abbiamo le risorse per dare l'assalto a ragazzi promettenti e dal costo ancora accessibile, con un occhio particolare rivolto al mercato italiano. Senza dimenticare i talenti che già sono a Torino. Mi riferisco non ai soliti noti, ma ad Esposito, a Pasquato, a Fiory, e altri. Giovani che l'anno prossimo dovrebbero far parte di una Primavera che non potrà più contare sugli '87 destinati al calcio dei grandi.
Purtroppo in Italia c'è paura di investire sui giovani.
Non ci lamentiamo poi se alcuni dei migliori prodotto del florido vivaio italiano 'scappano' all'estero. Gattuso, Dalla Bona, Rossi, Lupoli, Mannone. Sono solo alcuni di coloro che non hanno saputo resistere alle sirene d'oltre Manica. E non saranno certamente gli ultimi, soprattutto in assenza di un cambio di tendenza.
Non ci lamentiamo se la competitività a livello europeo del calcio italiano è mediamente inferiore rispetto alle potenze straniere. Il club italiano più vincente in Europa ha costruito grandi successi sull'impermeabile difesa formata da prodotti del settore giovanile. I vari Valdes, Puyol, Xavi, Iniesta, Messi (Barcellona), Casillas, Guti, Raul (Real Madrid), giusto per restare in Spagna, sono prodotti della 'cantera' dei rispettivi club. In rampa di lancio, altri elementi, soprattutto in terra catalana, con Giovanni Dos Santos e Bojan che scalpitano. Il Manchester degli anni '90 ha costruito le proprie fortune su un settore giovanile dal quale sono usciti giocatori del calibro dei fratelli Neville, Beckham, Scholes, Giggs.
L'esempio più recente è l'Arsenal di Wenger. Reduce da una stagione deludente, è vero, ma non possiamo dimenticare la lezione di calcio che i terribili baby Gunners hanno impartito all'Invincibile (solo in Italia) Armata di Capello. Con una rete di scout che probabilmente non ha eguali al mondo, hanno portato a casa alcuni futuri campioni, sfruttando rapporti privilegiati con la Costa d'Avorio (Tourè ed Ebouè) e strappando a prezzi di favore elementi come Senderos, Djorou, Djaby, ovviamente Fabregas, Denilson, Flamini, Lupoli, Bendtner, Vela e altri, magari ancora semisconosciuti.
Non tutti diventeranno campioni, ma l'investimento giustifica pienamente il rischio di bluff.
Affiancare ai talentini di casa nuovi giovani vuol dire assicurarsi un futuro ricco di soddisfazioni.
Ci vuole una programmazione seria, gli Elkann non tireranno fuori soldi ogni anno, bisogna anche pensare ad un futuro meno prossimo.
Avere un plotoncino di campioni autoctoni è una soddisfazione davvero notevole per chi li ha presi e visti crescere, e non è utopia.
Lo stesso Blanc disse, in tempi non sospetti, che uno degli obiettivi è pescare un 'Ronaldinho' (inteso come campione in senso lato) dal settore giovanile.
La nuova sensazione si chiama Pato. Un predestinato, un fenomeno. Costa infatti come il più consumato dei campioni, circa 25 milioni. Lasciamo perdere, nelle nostre tasche, viste le esigenze impellenti, non c'è abbastanza pecunia, e si tratta comunque di un investimento con margine di rischio.
Piuttosto, cerchiamo il nuovo Pato, perchè, in un mondo frenetico come questo, da qualche parte nel mondo, c'è già un suo erede, destinato ad animare il popolo di You Tube palleggiando con un'arancia per un quarto d'ora.
Occhio ai bluff, ai fenomeni solo presunti pompati dai procuratori e dalla tecnologia.
Che la caccia al talento abbia inizio.
In fondo, Juventus vuol dire o no gioventù?

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