sabato 26 gennaio 2008

Acquisti a scoppio ritardato

Il tempo scorre inesorabile, l'attesa monta, ma tutto tace. Questo, due pennellate e via, lo schizzo del mercato bianconero. Se le operazioni di smaltimento rifiuti sembravano procedere con celerità, addirittura eccessiva nel caso di Criscito, emerge prepotentemente ora lo scoglio dell'irreperibilità di sostituti all'altezza, ora quello della mancata collimazione tra offerte e volontà dei partenti.
Ad un passo dal rimpatrio, si arena l'affare Boumsong. Il Lione era riuscito a far breccia nel cuore del prode Bum Bum, in passato restio ad accettare declassamenti, economici e tecnici. I pluricampioni francesi, oltre a costiture un approdo di prestigio, rappresentano l'ideale ciambella di salvataggio per il difensore avente ancora velleità di blues. Di primo acchito, constata la proficua cooperazione delle parti, la reazione di Secco dev'esser stata sulla falsariga di quella del deputato Nino Strano alla caduta del governo Prodi: spumante e, al posto della mortadella, un più sabaudo gianduiotto. Purtroppo, sufficienza e sfortuna costituiscono un ostacolo insormontabile, e l'intempestiva cessione di Criscito, rapito dalle pulsioni ormonali, prima, ed il crack di Chiellini poi, rendono ineluttabile la caccia ai saldi. Incassato il rifiuto dell'Aston Villa, deciso a procrastinare l'inevitabile, leggasi l'addio di Mellberg, le altre piste battute partoriscono il medesimo risultato. Miglior fortuna sembra abbia avuto solo l'approccio con Stendardo, roccioso mastino in rotta con Delio Rossi.
Nel frattempo, a Lione si sono adirati per l'improvviso dietrofront bianconero, e l'intenzione pare quella di tagliare i ponti con Torino, bye bye Jean Alain, ed in fondo trattasi di pericolo scampato, ma questo lo avrebbero scoperto solo vivendo. Il ragazzo, però, sembra averla presa maluccio, diciamo, e minaccia ritorsioni fisiche (
«Se torno è solo per met­tere le mani addosso a qual­che dirigente», avrebbe annunciato al proprio procuratore). La zuccata finita alle spalle di Toldo non cancella gli impacci patiti in cadetteria contro Castillo e Ricchiuti. Effetti collaterali: immaginarselo arrancare all'inseguimento di Quagliarella e Tavano, senza scomodare il Cyrano svedese o Totti, può causare palpitazioni e svenimenti in soggetti a rischio. Bum Bum batte il cuore, aridatece l'efebico Mimmo Criscito.
Le disgrazie viaggiano sempre in coppia, separarle è difficile, ma Secco c'è riuscito. Almiron fa scalo nel Principato, il diritto di riscatto in mano ai monegaschi consente di pregustare il dolce calice dell'addio.
Che fare del gemello Tiago? Sembrava ad un passo dalla resa, anche meno dal Tottenham. L'Inghilterra, però, gli garba poco, Spagna is better, Atletico Madrid is better. Caselle lo aspetta, purchè la destinazione sia gradita ai piani alti di Corso Ferraris. I colchoneros lo vogliono, ma difettano in convinzione ed emulamenti. Sissoko, impegnato in Coppa d'Africa, attende impaziente una telefonata da Torino, per lasciarsi alle spalle l'incubo Reds, gli screzi con Benitez, le panchine. Il maliano, conosciuto ai più come 'quello che prende le traverse', vista l'incessante riproposizione mediatica di due frammenti che lo vedono, un po' Paperino, un po' Calimero, centrare due legni da fuori, è la risposta giovane e sana a Vieira. Giraffone dal passo cadenzato e all'apparenza sgraziato, con una naturale predisposizione al fallo, rischia di collezionare gialli e rossi, che mal si combinano con il bianconero di moggiana memoria, ma nel post-Farsopoli sono la norma. Una volta disciplinato, sgrezzato e contestualizzato, si potrà fieramente asserire di aver tesserato un campioncino.
La soluzione ai mali di stagione sembra siano gli 'acquisti a scoppio ritardato', dal Sissoko di rientro a metà febbraio allo Stendardo fermato per tre giornate in campionato. La nuova tipologia d'acquisto, e ancor più la grottesca figura rimediata con il Lione per Boumsong, è indice d'improvvisazione e leggerezza. Passi per l'africano, approcciato già in estate prima di scappare a gambe levate di fronte all'esorbitante valutazione (versione I), a problemi di vista (versione II), oppure in seguito alla bocciatura di Ranieri (versione III), alla disperata ricerca di piedi buoni. Passi pure per il gigante biancoceleste, eleggibile a breve solo in Coppa Italia, ma questo passa il convento; i vari Barzagli, Felipe e Zapata sono frutti proibiti a metà del guado. Inconcepibile la vicenda Boumsong, la parola rimangiata, il tentativo di tamponare l'emorragia di difensori con un quasi-ex.
A completare l'SOS difesa ci pensa Buffon, che salterà l'imminente trasferta di Livorno causa perduranti dolori alla schiena. Si parla di ernia, di assenza prolungata, di Mirante e di Pagliuca. Sarebbe la ciliegina su una torta tornita di sfortuna e scelte infelici. Nemmeno Guido Rossi avrebbe osato tanto.

venerdì 25 gennaio 2008

Bicchiere mezzo pieno o mezzo vuoto?

Un 2-2 esterno, in Coppa Italia, è derubricato alla voce "qualificazione vicina". Se ottenuto a San Siro, al cospetto della banda Mancini, c'è profumo d'impresa. Eppure, la frustrazione è tangibile.
Si badi bene, l'essere abituati a banchetti ben più ricchi c'entra poco o nulla. L'epicentro del malessere coincide con lo svantaggio incassato in doppia superiorità numerica, dopo tre quarti d'ora di sterile possesso palla e non-gioco, nonostante il rosso sventolato dopo appena sette minuti a Burdisso, reo di aver falciato Del Piero, lesto nello sfruttarne lo scivolone, lanciato a rete. L'uomo in più produce una fucilata di Iaquinta su punizione sventata da Toldo versione angelo in volo (25°): troppo poco per legittimare velleità di colpaccio.
Dopo appena cinque minuti, l'opzione "cross dal fondo" per scardinare la difesa nerazzurra viene depennata causa ennesimo ko di Marchionni, al quale servirebbe un bel tour tra Loreto, Lourdes e Medjugorie. L'ingresso di Trezeguet sancisce il varo di una Juve a trazione anteriore, Tr-Ia-De + Pa(lladino), altrimenti detto 'tutto fumo niente arrosto'. Il ragazzo maltratta la propria classe, perdendosi in finte e doppi passi e disorientando se stesso e i compagni. San Siro è la Scala del calcio, d'accordo, ma lui forse pensava di trovarsi nel famoso teatro milanese, dove alla sua esibizione sarebbero stati tributati applausi scroscianti. Calzamaglia e tutù si adattano meglio di pantaloncini, calzettoni e scarpini bullonati alle sue movenze leggiadre e di conseguenza impalpabili. I ripetuti tentativi di trovare pertugi buoni dal fondo si traducono in una lunga sequela di falli laterali e calci d'angolo. Non l'aiutano nè Ranieri, che lo sballotta da sinistra a destra, nè i terzini, Birindelli (memorabili alcuni traversoni dalla trequarti) in primis, poco celeri nelle sovrapposizioni.
La manovra farraginosa, sviluppata per vie orizzontali e lo sterile possesso palla facilitano il compito della banda Mancini, rabberciata ma capace di contenere senza affanni la lenta avanzata ospite. Pian pianino, i nerazzurri mettono la testa fuori dal guscio, e bazzicano dalle parti di Belardi alla mezz'ora grazie ad una percussione sulla destra di Solari, il cui cross è un'interurbana per il portiere di coppa. L'occasione più ghiotta capita però sul testone di Materazzi, ma la sua incornata, 'sporcata' dall'orgia di teste a contrasto, schizza oltre la traversa.
Le promesse, a metà del guado, sono disattese, l'assenza di Ibrahimovic, sinonimo di fischi, brividi e spettacolo a seconda dei punti di vista, pesa. Se Mancini non ride, costretto com'è a schierare Solari sulla destra spostandovi dopo il rosso a Burdisso anche il fido Cesar, Ranieri piange. L'uomo di Testaccio deve fronteggiare una vera e propria epidemia, tra lungodegenti (Andrade), habitué (Camoranesi, Zebina), inediti (Buffon, Chiellini, Nedved, Salihamidzic) e squalificati (Almiron), senza dimenticare il bocciatissimo Tiago, presenza meramente numerica seppur di spicco tra Vanstrattan, Ariaudo, Castiglia ed Esposito. Il diverso peso specifico delle due panchine è imbarazzante, potendo 'L'UOMO CHE VINCE SEMPRE' contare sui vari Cordoba, Javier Zanetti, Cambiasso e Vieira, al rientro e atteso al primo confronto con il suo recente passato.
La differenza, da quando esiste il calcio, la fa però chi corre dietro al pallone, e la storia insegna che uno in particolare, ogni qual volta vede il bianconero sabaudo, si traveste da Van Basten svestendo i panni di giardiniere. Il soggetto in questione è Julio Cruz, un conto aperto con Madama da Tokio '96 e la serie di sette dispiaceri inferti inaugurata esattamente un anno dopo con la maglia del Feyenoord. Quella sera fu doppietta, la prima di una serie terminata, si teme solo per ora, proprio mercoledì a San Siro. Dopo la fuga in contropiede stoppata da Legrottaglie a fine primo tempo, l'argentino, imbeccato da un lancio col contagiri di Pelè, elude la molle guardia dell'ex clivense e di Birindelli, impegnati a domandarsi "Vai tu o vado io?" e fa secco Belardi, goffo ed in ritardo, con un perentorio stacco. Vale la pena sottolineare come, nell'occasione, l'infortunio di Solari costringesse l'Inter in nove uomini.
Il colpo stordisce la Vecchia Signora, che barcolla ma non molla pur badando bene dal cambiar marcia. L'immediata reazione è uno specchietto per le allodole, e produce qualche mugugno a seguito della caduta di Iaquinta in piena area, ma il replay chiarisce come Farina, quando non c'è Nedved di mezzo, ogni tanto c'azzecchi. Ci prova addirittura Molinaro da distanza siderale, sintomo di poche idee ma confuse. Birindelli, infortunato, lascia il posto a Boumsong, difensore con la valigia in mano e la testa spesso altrove. Presagio di sventura? La risposta non tarda ad arrivare: Cesar dalla sinistra mette in mezzo per Cruz (e chi sennò?) che anticipa Bum Bum (e chi sennò?) e trafigge Belardi.
Sembra la fine, ma guai a sottovalutare il cuore Juve. Passano cinque minuti, e Del Piero, solo soletto a centro area, sfrutta l'intelligente sponda di Trezeguet e scaraventa il pallone della speranza alle spalle dell'incolpevole Toldo. Scherzo del destino, Materazzi è a bordocampo, i Mancini boys sono in nove. Chi di doppia inferiorità numerica colpisce, di doppia inferiorità numerica perisce.
Il gol rinfocola lo spirito battagliero di Alex e compagni, e, altro scherzetto del destino, spetta al meno atteso, e forse più temuto, il compito di riacciuffare gli avversari. Su angolo di Palladino, Boumsong svetta su Cruz (scambio di ruoli) e insacca il pareggio. A pochi giri d'orologio dal triplice fischio finale, guai a dare per rassegnata la nuova e consapevole Inter. Tanto per cambiare, è El Jardinero a far tremare i tifosi ospiti e il palo alla destra di Belardi, centrato dal suo poderoso destro dal limite.
I giochi sono aperti, apertissimi. Il risultato favorisce la Juventus, ma le risorse di Mancini sono infinite, e difficilmente al ritorno 'l'interista-sin-da-bambino' farà da spettatore. La preoccupazione principe, però, riguarda le prospettive in ottica campionato; l'eredità in termini d'infortuni è preoccupante, la pochezza qualitativa palesata idem. Della superiorità nerazzurra già si sapeva, ma la convivenza con l'emergenza rischia di scompaginare i piani di Ranieri e Secco, complicando così la rincorsa alla Champions, unica garanzia di aderenza al progetto sbandierato in estate. Di questo progetto non doveva far parte Nicola Legrottaglie, ma è proprio lui a scattare la fotografia più efficace della squadra: "
Come al solito tiriamo fuori gli artigli dopo che ci prendono a schiaffi". Amen. Ranieri dovrà lavorare anche su questo punto.

LE PAGELLE:
Belardi 4.5 - Quando il secondo non è semlice tappezzeria. Nel primo tempo esce a farfalle consentendo a Materazzi di sfiorare il vantaggio, nella ripresa Cruz è più preciso ed insacca l'1-0, sfruttandone l'intempestiva uscita. Sarà mica un caso se in B faceva addirittura il terzo?
Birindelli 5.5 - In occasione del vantaggio è spettatore attonito, ma anche meno colpevole rispetto a Belardi e Legrottaglie. Delizia la platea con qualche improbabile cross dalla trequarti, nel complesso, pur non facendo danni, da l'impressione di essere ormai inadeguato a certi palcoscenici (Boumsong 5.5 - Prima si fa bruciare da Cruz consentendo il raddoppio interista, poi stacca sullo stesso e regala ai suoi il pareggio. Meglio, insomma, da centravanti che da marcatore).
Legrottaglie 5.5 - Concorso di colpa in occasione dell'1-0, macchia così una prestazione altrimenti positiva, salvo qualche piccolissima sbavatura in fase di disimpegno.
Grygera 6 - Centrale di sinistra, non è il suo ruolo, e si vede, ma la dietro, eccezionalmente, è il meno peggio.
Molinaro 6 - Si fa infilare da Solari, e non è cosa da poco. Le sue proverbiali sovrapposizioni sono più rare, e i cross poco precisi. Ormai è comunque una realtà, assieme ai suoi piedi a banana.
Marchionni ng - Oscar della sfortuna (Trezeguet 5.5 - Spettatore non pagante per quasi tutto il match, il prezioso assist a Del Piero restituisce speranze alla squadra e lo salva da un'insufficienza pesante).
Nocerino 5.5 - Il calo fisico e fisiologico di Zanetti lo costringe a correre di più, con il prevedibile risultato di perdere lucidità.
Zanetti 6.5 - E' l'ago della bilancia della formazione. Se lui non gira, sono dolori. Meno propositivo di altre volte, è fondamentale per la quantità di palloni recuperati e l'ordine impartito alla manovra.
Palladino 4 - Riesce a malapena a dribblare i fili d'erba (più bassa del normale, preciserà a fine partita), ma solo dopo finte su finte. Definirlo irritante è un complimento, inutile è più appropriato.
DEL PIERO 6.5 - Decisivo in occasione dell'espulsione di Burdisso, cerca palloni giocabili in mezzo al campo, ma le vie sono intasate come a Milano nell'ora di punta. Lascia un'impronta sul match, siglando il gol della speranza.
Iaquinta 5 - Vedi Trezeguet, ma senza assist. Rispetto al francese, come suo solito, corre e lotta, ma stavolta è un lavoro inutile.

Ranieri 5 - Fuori Marchionni, dentro Trezeguet, la squadra è spezzata in due tronconi: difesa + Zanetti&Nocerino, Tr-Ia-De + Pa. Logica vorrebbe Tiago in campo, rombo più equilibrato e Palladino tra le linee, ma il portoghese è ormai andato. Per la cronaca, l'ha voluto lui, così come è stato lui a confondere ancor più le idee al numero 20 napoletano, sballottandolo ovunque, tranne in attacco.

Inter: Toldo 6.5, Rivas 6.5, Burdisso 4, Materazzi 6 (Vieira ng), Maxwell 6, Cesar 6, Maniche 6, Pelè 6.5, Solari 6 (Zanetti 6), Cruz 8, Crespo 5.5 (Cambiasso 5.5).

Farina 6.5 - Non sbaglia nulla. Notiziona.
Assistenti, Moggiani 6, Pirondini 6.

giovedì 24 gennaio 2008

5 ANNI FA SE NE ANDAVA L'AVVOCATO

TRATTO DAL SITO UFFICIALE:
http://www.juventus.com/site/ita/NEWS_newsseriea_4BF6150599644B63BCDFD4BB11625CB2.asp

L'Avvocato ricordato dai tifosi

Il 24 gennaio del 2003, scompariva Gianni Agnelli. A distanza di cinque anni, la figura dell’Avvocato viene ricordata oggi con tante iniziative, alcune legate al mondo Juventus.
In particolare, i siti bianconeri Juventus.com e JuventusMember.com hanno voluto dare voce ai tifosi, raccogliendo i loro pensieri.
Il vice presidente della Fiat John Elkann ha voluto ringraziare tutti i tifosi attraverso questo messaggio

Cari amici Juventini,
è una grande emozione leggere tutti i messaggi che avete scritto su Juventus Member per ricordare mio nonno, che della Juve fu senza dubbio uno dei più appassionati tifosi di tutti i tempi.
Mio nonno amava lo sport, la competizione, la sfida. Ed amava soprattutto la Juventus: la sua grinta, i lampi di genio dei suoi campioni ed il suo stile inconfondibile.
Negli ultimi anni la Juventus ha dovuto affrontare grandi difficoltà. Ma con l'aiuto dei suoi straordinari tifosi sta vincendo la sfida di tornare in alto. Il nostro obiettivo per quest’anno è l'Europa e sono convinto che sapremo centrarlo, onorando la storia e i valori che hanno fatto grande la nostra Juve.


SEMPRE NEI NOSTRI CUORI, AVVOCATO.

martedì 22 gennaio 2008

Apperò, 'sto Ka-Pa-Ro...

Milan up, Juve down. Il 2008 ha parlato.
Il Ka-Pa-Ro, trio meravigliao, ha tramortito il Napoli, ponendo fine all'emorragia di punti tra le mure (poco) amiche, ma è stato il riesumato Gilardino ad infilare Handanovic in pieno recupero consentendo di espugnare l'ostico Friuli. Gioventù italiana vs. fantasia carioca 1 a 1.
L'avvento del Papero con l'apparecchio e il ritorno dell'InGordo hanno sancito la nascita del Milan D.P. (Dopo Pato), il recupero del caro, vecchio, rombo e l'inizio di un'inesorabile risalita, obiettivo quarto posto.
Un confronto uomo vs. uomo tra bianconeri e rossoneri è improponibile, avendo i due team un'impronta totalmente diversa: tanto la Juve punta sulla classe operaia, integrata ovviamente dalla classe dei cinque samurai, quanto il Milan predilige una manovra briosa e dipendente dalle lune dei solisti, Kakà in testa.
Altra testimonianza di differenti attitudini è la disposizione verticale dei registi di Ancelotti (Pirlo e Kakà) rispetto a quella orizzontali dei creativi, o presunti tali, sabaudi (Camoranesi e Almiron e/o Tiago).
E qui casca, il primo, asino. L'italo-argentino ha preso la residenza in infermeria, gli altri due sono sul piede di partenza dopo aver segnato solo le poltroncine della panchina. Accade così che Trezeguet sveste i panni del killer per rinculare sovente, Del Piero fa lo stesso alla faccia della carta d'identità e l'alternativa si chiama Iaquinta, lanci lunghi, spallate e tanta buona volontà.
La differenza l'hanno fatta gli estremi. Dida dispensa gol, Buffon parate. Gilardino e l'Inzaghi versione italiana hanno le polveri bagnate, il franco-argentino è il re dei bomber. Il Kalac versione canguro di Udine ed il già citato tridente delle meraviglie restringono la forbice qualitativa (la manovra trova così sbocco negli ultimi sedici metri) e quantitativa (parate, gol e punti in cascina).
Il simbolo del Milan A.P. è Superpippo eroe ad Atene e Yokohama ma appannato a Cagliari e Siena, nel senso di Italia, isole comprese, Serie A. Un paio di reti in 29 partite è bottino eloquente per chi fa del gol una ragione di vita e unica giustificazione alla propria presenza in campo. Persino il Pallone d'Oro in carica, lontano dalle praterie europee, è parso imbrigliato e combattuto tra anarchia espressiva e i dettami tattici di Ancelotti.
La diversa filosofia aziendale passa anche dalla megalomania verbale e mediatica dei Meravigliosi, direttamente proporzionale alla mentalità del presidentissimo, e dall'atteggiamento verso le bandiere, coccolate a prescindere. E come dimenticare la priorità assegnata agli allori internazionali a discapito di quello scudetto che sfugge dal 2004. Invertite i fattori e avrete la Juventus.
Ad oggi, limitatamente al campionato, i fatti parlano a favore dei ragazzi di Ranieri. Al Ka-Pa-Ro l'arduo compito di sovvertire le gerarchie. 'Arduo' è da interpretare come un auspicio, più che come effettiva convinzione.
Certo, se Babbo Natale, dopo i pacchi anticipati (Almiron e Tiago), si degnasse di consegnare, alla buon'ora, i regali promessi (Mellberg o chi per lui, Sissoko), forse il tecnico avrebbe modo di far rifiatare persino Zanetti e di riconsegnare Birindelli al proprio habitat naturale, la panchina. A quel punto, messa una pezza sugli orrori di mercato e completata la rosa con i petali mancanti, anzichè guardarsi alla spalle, sarebbe lecito dare l'assalto a quella seconda piazza distante cinque lunghezze, lasciando i rossoneri impelagati nell'inseguimento all'ultimo posto utile per evitare quell'inutile brodino chiamato Coppa Uefa.

domenica 20 gennaio 2008

Ranieri spegne la luce, non si passa

Aveva ragione Buffon.
Scudetto fa rima con utopia, gli euforici slanci di Ranieri e Trezeguet s'infrangono sulla mediocre cifra tecnica della squadra orfana dell'uomo di cristallo Camoranesi.
Il trionfo del basso profilo è sancito dal punteggio ad occhiali maturato al termine del convulso match contro la Sampdoria. La linea Maginot eretta da Mazzarri ha tenuto botta, grazie al significativo contributo, equiparabile all'arcigna marcatura di Campagnaro e/o Gastaldello, di mister Ranieri, aka Tinkerman.
La folle scelta di spegnere la luce (togliere Del Piero) annacqua le idee, poche ma confuse, e spiana la strada agli ospiti, diligenti e tatticamente accorti. Iaquinta si rivela palliativo inefficace, imbrigliato dalle strettissime maglie difensive blucerchiate. Nel cuore di un'eclissi, impegno e spallate non bastano.
E dire che l'iniziale esclusione dell'eroe di Coppa aveva sobillato malumori, in misura maggiore della riproposizione di Salihamidzic in mediana. In fondo, alla luce di più (Tiago) o meno (Almiron) flop, la scelta di rinunciare a Gianni e Pinotto fonda su solide basi tecniche. Scelte impopolari, ma dai risvolti diversi, anche per Mazzarri, che rinuncia a Volpi, un dogma all'ombra della Lanterna, per scelta tecnica, oltre all'infortunato Cassano.
Molinaro versione Alberto Tomba, con Sammarco e Maggio al posto dei paletti, semina il panico a sinistra dopo duecento secondi scarsi. Primi brividi per i duemila sampdoriani assiepati nel settore ospiti, a dimostrazione che da Genova sta ad un tiro di schioppo da Torino per tutti, Criscito a parte.
Il binario mancino è quello prediletto dove sviluppare le trame offensive, grazie alla buona vena di Molinaro e soprattutto Nedved. Sull'altra fascia Marchionni si conferma un'incongruenza vivente. Vorrebbe fare il Camoranesi, pur essendo un'ala vecchio stampo, e rinuncia così al proprio pane quotidiano di parmigiana memoria, i cross dal fondo. Si ferma a metà strada, da eterno incompiuto qual è. Risultato, vie centrali intasate, ventaglio di soluzioni offensive limitato, manovra prevedibile e grattacapi che vanno ad ingolfare il motore di Zanetti. Giusto per non farsi mancare nulla, all'11° riesce nell'impresa di divorarsi un gol fatto a pochi centimetri dalla porta sguarnita, vanificando una splendida iniziativa promossa dall'asse Nedved - Del Piero.
L'allarme rosso per Castellazzi scatta però alla mezz'ora. Seguono impetuosi quanto infruttuosi assalti al fortino sampdoriano. In principio fu Trezeguet, la cui 'strusciata' d'esterno destro su cross di Molinaro pietrifica l'estremo difensore ospite ma scivola fuori. Tre minuti dopo il francese si traveste da assist-man per Birindelli, che tenta un'epica rovesciata guadagnandosi la stima incondizionata della Gialappa's. Il 35° è l'epicentro dei sussulti bianconeri: il terzino scuola Salernitana si traveste da Pirlo e innesca Marchionni, giravolta e tiro sporco, Castellazzi risponde presente, il pallone incoccia su Trezeguet, Campagnaro di testa sventa sulla linea, ma la respinta colpisce il francese che trova stavolta Accardi pronto a spazzar via. I replay non chiariascono se la sfera sia entrata o meno, solo Biscardi potrà sciogliere il dubbio. Il bomber francese la prende sul personale, si avventa sulla ciabattata di Marchionni, ma stavolta l'impedimento si chiama traversa, l'urlo strozzato in gola. Il capitombolo sfiorato scuote la Samp, vicina al gol con Maggio su azione d'angolo, ma i legni sono uguali per tutti.
Alle ore 15.50, il pareggio è figlio di mamma sfiga e papà imprecisione. Ranieri ne reclama però la paternità, e rinuncia a Del Piero per far spazio a Iaquinta. Giù il sipario, il tentativo in pieno recupero di Trezeguet (cross del solito Molinaro, il francese svirgola e spedisce in curva Nord) è il simbolo di una giornata storta che allontana (dal)la vetta.
Buffon passa un paio d'ore di relativo relax, così come la coppia centrale. Succede così che persino Grygera/Groviera fa la sua porca figura, al contrario di Birindelli, imbarazzante nella ripresa ogni qual volta si affaccia oltre la propria metà campo. Le sovrapposizioni, queste sconosciute, e se la superiorità numerica sugli esterni è mera teoria, l'uomo in meno al centro è effettivo. Zanetti, privato del 'bastone' Nocerino, zoppica e mitiga le iniziative, Brazzo fa quel che può, perchè va bene essere un jolly, ma occhio a non esagerare, ha le sgroppate nel DNA, difatti talvolta lo si vede allargarsi lasciando praterie in mezzo. Piccola consolazione, Almiron, in dieci minuti, mostra timidi, e dunque in linea con il personaggio, segnali di crescita; pollice verso per Palladino, l'estetica fine a se stessa applicata al calcio. E poi, come detto, c'è Ranieri, a testimonianza dell'impronta che un allenatore può dare ad una partita. Del Piero fa il regista, il trequartista e la seconda punta: uno e trino, l'unico precedente risale ad oltre duemila anni fa, aveva un anno più di lui e ha fatto una brutta fine. A lui, in proporzione, va comunque male, ai compagni pure, in primis è la sua storica metà a fare le spese del gioco (gioco?) sviluppato (sviluppato?) in orizzontale.
Nota sull'arbitraggio: Franceschini, appena dentro l'area, colpisce palla e, particolare affatto secondario, Marchionni; sombrero di Trezeguet su Accardi che lo rimbalza. Tra il 71° e il 75°, due episodi dubbi, soprattutto il secondo, gettano ombre pesanti sulla sua direzione.
Urge immediato riscatto, e l'unica via, non essendo attrezzato per i miracoli, e faticando persino con l'ordinaria amministrazione, è ricorrere al mercato.
La morsa dell'Udinese si è allentata, ma i ritorni prepotenti di Fiorentina e Milan preoccupano viste le evidenti lacune del gruppo a disposizione dell'uomo di Testaccio. Arrivare al giro di boa, o se preferite iniziare il 2008 con due pareggi in altrettante dispute, è un campanello d'allarme. Il terzo posto è uno specchietto per le allodole, e solo gli allocchi, o i dirigenti bianconeri, possono ritenersi completamente soddisfatti e realizzati così, con Boumsong, Almiron e Tiago riserve strapagate e strabocciate sul piede di partenza e Salihamidzic mediano.
Mercoledì c'è l'Inter, la Coppa Italia, unico trofeo alla portata di Madama. Uscire a testa alta è il minimo. O forse, date le circostanze, il massimo auspicabile?

LE PAGELLE:
Buffon 6 - Relax, take it easy.
Birindelli 5 - Non è colpa sua, fa quello che può. E nel primo tempo nemmeno demerita, pur regalando in apertura una punizione a Bellucci, salvo calare alla distanza sbagliando persino i controlli più elementari (Almiron 6 - Di stima. Fa vedere qualcosa di accettabile. Speriamo sia di buon auspicio per il futuro, seppur lontano da Torino).
Legrottaglie 6 - Giganteggia nel deserto, sfruttando la scarsa vena di Bellucci e compagni.
Grygera 6 - Qualche chiusura apprezzabile, da testare in contesti più probanti.
MOLINARO 6.5 - Corre come Forrest Gump e, udite udite, azzecca persino qualche cross. In crescita.
Marchionni 4.5 - Si divora un gol assurdo. Il suo metabolismo non è granchè, infatti l'occasione mancata gli resta sullo stomaco, lui ne risente assai e si fa notare solo per l'anarchia tattica (Palladino 5 - Calciatore ad impatto zero).
Salihamidzic 6 - Ogni tanto rispolvere la proverbiale sgroppata e va sull'esterno. Ranieri gli chiede altro, corsa per lo meno, lui risponde presente, ricordando che, però, il ruolo del mediano non è affar suo.
Zanetti 5.5 - E' in calo, si becca un'ammonizione evitabile, e patisce l'inferiorità numerica in mediana.
Nedved 6 - In ripresa, serve a Marchionni un pallone comodo comodo, mica è colpa sua se quest'ultimo
fa il Pacione. Il binario di sinistra funziona, e parte del merito è suo.
Del Piero 6 - Costretto a moltiplicarsi e a muoversi spalle alla porta sulla trequarti, prende botte e sviluppa manovre interessanti. Non abbastanza, per Ranieri, che inspiegabilmente lo toglie nell'intervallo (Iaquinta 5.5 - Si presenta con un tiro dopo essersi scrollato di dosso il marcatore, ma presto torna nel guscio, imbrigliato dalle attente marcature predisposte da Mazzarri).
Trezeguet 6 - Si guadagna la sufficienza nel primo tempo, quando le prova davvero tutte per battere Castellazzi, ma Accardi, Campagnaro e la traversa non sono d'accordo. Nella ripresa, come da copione, i palloni latitano, e lui scompare dal gioco, salvo ricomparire nel recupero quando spara alle stelle un cross di Molinaro.

Ranieri 4 - E' lui il peggiore. Via Del Piero, è il buio. Forse sarebbe stato preferibile tentare l'ennesimo ripescaggio di Almiron anzichè proporre Brazzo in mezzo e Birindelli in campo. Dietro la lavagna.

Sampdoria: Castellazzi 6, Campagnaro 7, Gastaldello 7, Accardi 6.5; Maggio 6.5, Palombo 6.5, Sammarco ng (Delvecchio 5.5), Franceschini 5.5, Pieri 6.5; Bellucci 5.5, Bonazzoli 5.5 (Volpi ng).

Saccani 5 - Due rigori, non clamorosi, negati ai padroni di casa pesano, su voto e risultato.
Assistenti, Rossomando 5.5, Strocchia 5.5.

venerdì 18 gennaio 2008

Il canto del brutto anatroccolo

Chissà se Alessio Secco ha letto l'intervista rilasciata da Legrottaglie a Sportweek, dove il candido ragazzo candidamente rivela di non batter chiodo da un paio d'anni. Una confessione di tale portata potrebbe stravolgere le strategie di mercato bianconere: basta 'campioni', servono cinture di castità. Effettivamente, di recente il contributo dei Ranieri boys all'incremento demografico del paese è stato rilevante; è tuttavia consigliabile, oltre alla potatura dei rami secchi, piantare qualche seme sperando germogli al più presto.
I rami secchi, appunto. La campagna di rafforzamento passa dai tagli necessari a portare ossigeno, leggasi euro, nelle casse societarie, segno evidente che in terra sabauda fanno i genovesi. Il saldo negativo dell'infelice compravendita estiva si attesta sui 30 milioni, da ciò un po' tutti hanno dedotto l'esistenza di un tesoretto di quasi 40 miliardi del vecchio conio. Vero o falso che sia, l'orecchio di Secco è teso ad ascoltare eventuali richieste per esuberi e bocciati.
Tradurre il pensiero corrente in nomi è sinonimo di Tiago Cardoso Mendes. Le sue ultime uscite ne determineranno... l'uscita dalle coordinate bianconere. Forte di un certo appeal internazionale, eredità dei fasti di Lione, può aspirare ad una sistemazione di, relativo, prestigio. Il Tottenham sarebbe un bell'accontentarsi per chi negli ultimi mesi ha convissuto con vane speranze e dura realtà. Poco importa se un semestre fa le pretendenti erano, tra le altre, Fiorentina e Milan. Lui, però, si lasciò sedurre dalla Vecchia Signora, e i tifosi, plagiati da prezzo e You Tube, lo idolatrano e rivisitano una hit di Tozzi in suo onore. Gli ultimi saranno i primi, i primi saranno gli ultimi: detto fatto, in men che non si dica si ritrova quarta scelta, sopravanzato persino dal ripescato Nocerino. La risalita è dura, tutti i nodi vengono al pettine, denunciando lacune atletiche e caratteriali.
Sul banco degli imputati è finito il suo (ex) sponsor principale in Piemonte, quel Ranieri che lo ha voluto, fortissimamente voluto salvo arrendersi, e incazzarsi alquanto, a fronte dell'ultima prova da encefalogramma piatto sfoderata in Coppa Italia. L'accusa è la cattiva gestione del talento lusitano. Gli ha cambiato più volte spalla, passando dall'altrettanto sconfortante Almiron al solido Zanetti, ha persino proposto un inedito rombo ponendolo come vertice avanzato: la risposta è stata la stessa, nel senso che proprio non c'è stata. Inutile rammaricarsi per non averlo mai visto mezzala destra come a Lione, il suo essere impescrutabile statua di sale (quella vecchia volpe di Aulas aveva ragione...) blocca il discorso sul nascere.
L'aver infilato due sostituzioni nell'intervallo nel giro di tre giorni è stata la classica goccia che fa traboccare il vaso, e ne ha scoperchiato i mali. Pare infatti che la latitanza dal campo d'allenamento nel post-Empoli sia da associare ad una sua precisa richiesta. Come dire, alzo bandiera bianca, io qui non posso più stare. E' questo il succo dello scambio d'opinioni avuto con un tifoso all'uscita dagli allenamenti, prima di avviarsi malinconicamente verso casa. Fa quasi tenerezza, ma il pensiero della sua apatia e del suo apparente disimpegnano azzera i buoni propositi. L'unica certezza è legata alla natura preminente del suo flop: non più tattica, ma psicologica. Questione di mentalità, inappropriata agli ardori del calcio nostrano. La polemica intervista rilasciata a "O Jogo" (fine ottobre) ha aperto una frattura con società e allenatore, resa insanabile dal recente disarmo, che scongiura l'ennesimo ripescaggio. La squalifica di Nocerino libera una maglia, e lui che fa? Depone le armi. Congedo con disonore, largo al Brazzo, jolly buono per tutte le stagioni.
E' il momento dei saluti. Peccato non poter far sfoggio di frasi fatte e dire "è stato bello, ci mancherai". Un telegrafico "in bocca al lupo" è più consono alle circostanze. Una premura: bada bene a non lasciar nulla a Torino, il biglietto è di sola andata.

mercoledì 16 gennaio 2008

Madama dai denti gialli

Più di una semplice tegola. L'effetto è parificabile al crollo di un tetto e traducibile nello sbriciolarsi delle certezze derivanti dalla sua presenza a protezione di Buffon, che perde così uno dei suoi angeli custodi.
La risonanza magnetica ha smentito apocalittiche visioni ma confermato la prima diagnosi relativa al crack di Chiellini: distorsione al ginocchio destro (con interessamento del legamento collaterale mediale), ci si ribecca a fine febbraio.
Boumsong, Grygera e... Criscito sono le istantanee di un dramma annunciato.
Il francese, ancora 'vergine' di massima serie, ha confermato, qualora ce ne fosse bisogno (non c'era), tutta la propria inadeguatezza al ruolo di calciatore della Juventus F.C.. Lento come le poste italiane, in 70 minuti è tornato a costituire la causa principe degli smadonnamenti del tifoso bianconero medio. Gli va riconosciuto un certo attaccamento alla maglia, per una serie di 2 milioni e 600 mila di buoni motivi (al netto delle tasse eh), al contrario rifiuta qualsiasi contatto con le divise avversarie, i cui indossatori godono di libertà non vigilata in area di rigore. Jeannot Werth sta a lui come Lele Mora sta a Costantino, peccato che la Vecchia Signora non sia una delle aspiranti starlette di 'Uomini e Donne', e la presenza del matematico a Vinovo sia ormai sgradita. Piazzare altrove l'unico bidone accertato persino da You Tube garantirebbe a Secco un posto in Paradiso. La carriera del prode Bum Bum, più che una discesa, è invece una picchiata verso gli inferi.
Grygera si attira sinistre occhiate a partire dal nome, Zdenek, piuttosto indigesti agli juventini. Ieri sera, impegnato a perlustrare l'area di rigore in cerca di quadrifogli, si è attirato ben altro, facendo la fortuna di Antonini e Pozzi. Per sventarne il piano kamikaze, è servito un Iaquinta tirato a lucido. La marcatura non fa per lui, la panchina invece gli calzerebbe a pennello, cause di forza maggiore (sfiga) ne richiedono l'utilizzo, al contrario delle coronarie dei tifosi.
L'azzurrino conferma la teoria secondo cui gli assenti hanno sempre ragione. L'aver consentito al figliol prodigo di riabbracciare l'amata (e) Genova è l'ennesimo capo d'imputazione ai danni di Secco e soci, e fa il paio con la discutibile gestione del talento da parte di Ranieri. Inutile piangere sul latte versato, ma muovere un appunto a chi l'ha versato è doveroso.
Un fatto oggettivo dovrebbe mettere in allarme società e tecnico: l'unico centrale di ruolo, oltre all'atleta di Cristo Legrottaglie, è Boumsong, in procinto, secondo radiomercato, di accasarsi in Turchia.
La difficile, per non dire impossibile, reperibilità di ministri della difesa raffredda ogni potenziale pista, rinviando il discorso a giugno. L'indisponibilità di Chiellini ha però trasferito il problema su binari più insidiosi: il problema, oltre che tecnico, è numerico; acquistare, ergo spendere, diventa una necessità, non più un vezzo.
Ipotizzare nomi è azzardato e forse prematuro, ma, paradossalmente, tardivo. Prevenire è meglio che curare, il calciomercato come il dentifricio. Povera Madama dai denti gialli...

'Penelope' Juve, ci pensano 'Ulisse' Iaquinta e 'Achille' Del Piero

La Juve come Penelope, capace di fare e disfare tempo pochi minuti, prima di essere salvata dalla divina provvidenza manifestatasi sotto mentite e multiformi spoglie, vedi l'infortunio a Pratali, la grinta di 'Ulisse' Iaquinta e Nedved, la freddezza di Del Piero.
Sino al 3-3 ho seriamente pensato di abbracciare la filosofia emo. La prospettiva di vedermi un simil Bill Kaulitz è stata scacciata, come i fantasmi della contestazione, dal rigore del capitano.
Eppure le premesse erano a dir poco incoraggianti. Francesco Izzi, voce di La7, ha appena guadagnato la linea e quasi non si accorge del tentativo da fuori di Iaquinta dopo nemmeno venti secondi. Tre minuti e la Juve passa, grazie al diagonale di Marchionni ben liberato dalla spizzata del cigno di Cutro. Gli ospiti sembrano ancora negli spogliatoi, l'ex ala del Parma sembra posseduto da Garrincha e, al 9°, il suo cross dalla destra, merce rara di questi tempi, viene recapitato da Balli sui piedi di Nedved, il cui destro sembra infrangere i sogni di gloria empolesi.
Attimi di terrore al 19° quando l'infortunato Chiellini è costretto a lasciar spazio al rientrante Boumsong. Attimi di commozione un minuto dopo quando Tiago azzecca il primo passaggio in verticale della sua partita, tanto da costringere Ranieri a ricordargli uno dei dogmi del calcio, vale a dire la necessità di servire le punte anzichè i difensori.
Difensori, nota dolente. Pozzi, non marcato dal neoentrato francese, gira bene verso Belardi che risponde presente e sventa. Un minuto dopo sfiorato il miracolo, con il portoghese vicinissimo al gol, sventato solo dalla tempestiva uscita di Bassi.
Gol sbagliato, gol subito: Abate scherza Molinaro sulla destra, Grygera cerca i quadrifogli in area di rigore e per Antonini è uno scherzo fulminare Belardi.
I Ranieri boys insistono, per nulla scalfiti dall'improvviso lampo toscano.
A fronte degli impetuosi assalti, guidati da Marchionni e Nedved in gran spolvero, il fortino umano empolese barcolla ma non molla, al contrario della staccionata bianconera. Stavolta è baby Pozzi a far secco il vice di Buffon, capitalizzando l'ennesimo traversone del numero 6 azzurro. Decisiva la collaborazione di 'Groviera', chinatosi per raccogliere i quadrifogli precedentemente individuati.
La ripresa si apre senza Tiago; al suo posto Salihamidzic. L'esiguo credito del portoghese si esaurisce tra un retropassaggio e l'altro, e nemmeno il passo indietro reso possibile dall'abbandono del rombo lo sveglia dal torpore. Inevitabile, a questo punto, auspicare uno, dieci, cento passi in avanti, tutti quelli necessari a raggiungere l'aeroporto più vicino con in tasca un biglietto sola andata, destinazione a scelta purchè prometta di non mettere più piede a Torino.
Cinque minuti, solo cinque vedrai, di Iaquinta ti innamorerai. Diagonale chirurgico, Balli attonito, 3-2. Non basta, il lasciapassare per i quarti è ancora in mano agli avversari.
Il peggio sembra pass... non c'è nemmeno il tempo di finire il discorso, e Boumsong ci ricorda perchè è stato messo in croce l'anno scorso, facendosi superare in velocità da 'moviola' Vannucchi. Palla in mezzo, e per Pozzi è un gioco da ragazzi riacciuffare il pareggio.
Al 27° del secondo tempo, Pratali, causa vertigini, deve accomodarsi in panchina. Sembra un appunto insignificante, in realtà Malesani ha esaurito i cambi, il che implica il dover concludere la partita in inferiorità numerica. Viva la par condicio, d'altronde nella prima frazione gli ospiti avevano beneficiato della medesima condizione, vista la presenza/assenza di Tiago fantasma all'opera.
Con l'uomo in più, sfruttando la serata di grazia dei propri avanti, con la doverosa eccezione di Palladino (sostituito al 65° da Del Piero), avulso come sempre da contesti di agonismo esasperato, la Juve spinge sull'acceleratore. L'input arriva, indovinate?, sì, ancora dal pupillo di Lippi, abbattuto da Tosto in piena area. Alex da sul dischetto, e spiazza Balli per il 5-3 definitivo. La possibilità di trasformare la partita il un set tennistico capita sui piedi dello stesso numero 10 ('cucchiaio' dritto dritto in curva Scirea) e di Salihamidzic, che si divora famelico ben due occasioni. La sterile pressione ospite risparmia i difensori juventini versione Babbo Natale, e i tifosi, già provati dalla sagra della papera, sentitamente ringraziano.
Si conclude così, suggellata da un significativo abbraccio tra presente (Del Piero) e futuro (Giovinco), una serata folle, che sancisce l'assoluta necessità di reperire uomini di buona volontà e qualità sul mercato, stante soprattutto l'infortunio di Chiellini, destinato a restarsene ai box per un mese.
No excuse, Sissoko o Sissochi che sia, pur di non rivedere Boumsong e Tiago, ben vengano persino Ciro Ferrara e Paulo Sousa.

LE PAGELLE:
Belardi 5 - D'accordo, Boumsong e Grygera, ma lui da l'impressione di essere incollato alla linea di porta.
Birindelli 5.5
- Presenza numero 300 in bianconero, stasera è il meno peggio in difesa. E' tutto dire, d'accordo, ma i pericoli nascono dalla parte opposta.
Grygera 3
- Vietato ai minori di 18 anni e ai deboli di cuore.
Chiellini ng - Sfortunato (Boumsong 4 - E' tornato, per la gioia di Pozzi e Vannucchi; Ariaudo bendato difficilmente avrebbe fatto peggio).
Molinaro 4.5 - Non è al meglio, si vede. I gol empolesi nascono dalla sua parte, e lui, da vero gentiluomo, sembra dire: "Prego, accomodatevi".
Marchionni 6.5 - Inizia alla grande, nella ripresa cala, ma la rinascita è compiuta.
Zanetti 7 - Si arrabatta in mezzo al campo, impegnato a correre per due, avendo a fianco una statua di sale. Con l'ingresso del Brazzo, oltre a recuperar palloni cresce in fase di costruzione.
Tiago 4.5 - La De Filippi lo aspetta a braccia aperte (Salihamidzic 6 - Corre. Per l'economia della squadra, e la salute di Zanetti, non è poco).
Nedved 7 - Nonostante l'età, ha l'argento vivo addosso. Per una sera, sembra un remake della vecchia Furia Ceca.
Palladino 5 - Quando il gioco si fa duro, lui si fa da parte (Del Piero 6.5 - Freddo sul rigore, si divora il
set point, alla fine fa valere la sua esperienza).
IAQUINTA 7.5 - Giganteggia, nonostante l'utilizzo a singhiozzo dell'ultimo periodo, caricandosi la squadra sulle spalle e trascinandola sino al traguardo. Encomiabile.

Ranieri 6 - E' colpa sua l'infortunio di Chiellini? E' colpa sua la necessità di piazzare Boumsong come tappabuchi per sostituirlo? La risposta è la stessa, no, ma ora si faccia sentire con i dirigenti, altrimenti ci mette un attimo a passare dalla parte del torto. Buona l'intuizione di accentrare il jolly Salihamidzic.

Empoli: Bassi 5 (Balli 6), Raggi 5.5, Adani 5, Pratali 5.5, Antonini 6.5; Abate 7 (Buscè 5.5), Piccolo 5 (Marianini 5.5), Moro 6, Tosto 5.5; Vannucchi 6.5, Pozzi 7.

Gervasoni 6 - Sacrosanto il rigore su Iaquinta, per il resto controlla bene la partita.
Assistenti, Ballabio 6, Vicinanza 6.

lunedì 14 gennaio 2008

Viva El Topa

Ora è ufficiale, il timbro ce l'ha messo lui stesso, bagnandolo con qualche lacrima innocente. Alexandre Pato è un potenziale asso.
Al Papero con l'apparecchio sono bastati 74 minuti per trasformarsi in un bel principe. Sciabolata di Favalli, il brasiliano aggira l'allegro marcatore, aggancia al volo e col piattone infila Iezzo in uscita.
Non avrà la faccia pulita di Kakà, perchè l'acne giovanile colpisce indistintamente nerd e predestinati, ma la classe è tale da giustificare la "Pato-mania" esplosa di recente. I programmi sportivi sembrano diventati succursali di Milan Channel, il web è invaso da sperticate (l)odi al baby fenomeno, arditi titolisti si sono scatenati in più o meno fantasiosi giochi di parole; manca solo un canale tematico che ne vivisezioni l'esistenza, e chissà che il diabolico Silvio non ci faccia un pensierino.
Doveva essere la sua serata, e così è stato, ma il 18enne era in buona compagnia. Il Fenomeno, quello con la f maiuscola, l'unico, originale e certificato, è sempre Ronaldo. Ora chiamatelo InGordo, di gol, perchè grasso è grasso, ma ogni pallone toccato è una potenziale fucilata destinata in fondo al sacco oppure un invito a nozze per i compagni. Il suo repertorio rimane vasto e di prim'ordine, pur non contemplando un passo da centometrista. Bentornato.
Siccome non si vive di solo Pato, e anzi fa figo parlare d'altro, il primo weekend calcistico dell'anno nuovo consegna alla storia un'altra stellina. Si chiama Fernando Forestieri, è ancora minorenne, non ha i centimetri, e i brufoli, di Pato, ma in quanto a talento siamo lì. Il Genoa lo ha adottato, coccolato e svezzato, la provincia toscana (Siena) ne sta saggiando la consistenza a grandi livelli, e i primi segnali sono davvero incoraggianti. Piedi d'oro e faccia di bronzo, il proiettile che ha incenerito Julio Cesar, primo sigillo in A, è un semplice (as)saggio delle sue doti.
Il Boca Juniors ha ingaggiato una lunga querelle con Preziosi, reo, secondo gli argentini, di aver scippato loro un distillato purissimo di talento. Appena 16enne, Nando, ingolosito dalla vetrina del calcio nostrano, si trasferisce infatti in Italia con la famiglia, ufficialmente per assecondare il nuovo impiego di papà. Dopo un provino con la Lazio, il piccolo prodigio firma con i rossoblu, che, una volta vinte le resistenze degli 'xeneizes', possono finalmente beneficiare di cotanta grazia.
Inizia così l'irresistibile ascesa dell'italo-argentino, che passa pure dall'azzurro, scelto nella speranza di eguagliare le gesta di Camoranesi, uno degli eroi di Berlino. Prima di spegnere diciassette candeline, bagna l'esordio in B con un gol di testa, non esattamente il suo piatto forte essendo alto un barattolo e mezzo, nella sfortunata trasferta di Pescara. Tempo un mese, e monopolizzerà l'attenzione degli osservatori a Viareggio, dove, alla gloria collettiva per un insperato successo, affiancherà quella personale derivante dalla conquista del premio come miglior giocatore. L'estate lo vede lasciare l'ovile per migrare destinazione Siena, dove Mandorlini prima e Beretta poi lo utilizzano con parsimonia, consapevoli però di avere fra le mani un talentino da maneggiare con cura. Nato per ispirare gli attaccanti, un innato fiuto del gol lo rende precettabile come seconda punta. Trattasi, insomma, di un cavallo di razza da lasciar sfogare a briglie sciolte per il campo. Non si è chiamati nell'Under 19 con due anni d'anticipo rispetto ai comuni mortali per caso.
Messi vanta numerosi tentativi d'emulazione, e Fernando è (forse) uno dei più riusciti. Può vantare già una miriade di ammiratori, e un soprannome, 'El Topa', tale da suscitare facili ironie.
Il microcosmo genovese è probabilmente troppo ristretto per un predestinato come lui. Senza fare nomi, ma una società, con sede in uno dei vertici del famoso triangolo industriale, maglia bianconera, può vantare ottimi rapporti con la società di Preziosi. Ogni discorso è rinviato però a data da destinarsi, leggasi all'esplosione del 'craque' annunciato, perchè a Genova mica hanno l'anello al naso.
In un calcio che ha riscoperto i 'Davide' (Messi, Bojan, il nostro Giovinco) a discapito della fisicità dei 'Golia', c'è spazio anche per Forestieri. Tempo e fiducia, solo così tutta Italia potrà godere con 'El Topa'.

domenica 13 gennaio 2008

Costo zero, rendo tanto

Il calcio è pieno di luoghi comuni. Uno dei più frequenti riguarda i parametri zero. "Sono scarti, quindi scarsi", si dice.
Le teorie, o presunte tali, sono fatte per essere smentite. La suddetta non fa eccezione.
Prima, una doverosa premessa: da soli, non bastano, ma, come i giovani, se di qualità, fanno comodo.
Entriamo nel dettaglio.
Parole? No, fatti.

Brasile, terra di attaccanti.
Al contrario, i portieri brasiliani viaggiano da sempre con una valigia ricca di sogni e pregiudizi. Gilmar, e il nulla. In principio fu Taffarel, titolare in verdeoro e confinato da noi alla provincia emiliana. La svolta si chiama Nelson Dida. Il drammatico battesimo di Leeds, dove papereggia anticipando le odierne 'didate', sembra il preludio ad un rapido ritorno a casa. L'annata è balorda, inevitabile quando gli acquisti estivi si chiamano Saudati, Coco, Comandini e 'polistirolo' Redondo. Tanto basta per infliggere un drammatico 0-6 all'Inter di Tardelli nel derby. Questa, però, è un'altra storia.
Dida, come da copione, sale su un aereo destinazione San Paolo. In tasca, un biglietto andata e ritorno, da riutilizzare un anno dopo, quando a Milanello scoprono che, in fondo, 'sto lungagnone pettinato strano non è niente male. Da allora, prima un crescendo rossiniano, culminato nell'amare (per noi juventini) notte di Manchester, e l'inarrestabile declino, avviato il 12 aprile 2005 da un infido petardo simbolo della follia interista, fino al clamoroso infortunio che regala l'ultimo derby ai cugini. Vendetta, tremenda, vendetta.
L'altra porta, e qui arriviamo al sodo, è presidiata da Julio Cesar, il nuovo che avanza, sorpresa non più, ormai splendida realtà, il miglior portiere umano del mondo.
Eppure, le premesse erano scoraggianti. Assaggia la gavetta nel Chievo, dove pianta le tende in panchina, eppure, una volta sbarcato a Milano, impiega pochi mesi a conquistare Mancini, scacciando l'etichetta di "compagno-della-prima-'Ronaldinha'" e ricacciando l'ingombrante Toldo presto ridotto a numero 12. Il prosieguo della storia è noto a tutti.
I nipotini di Gilmar fanno proseliti anche più a sud. Rubinho, ma soprattutto Doni. Storia alquanto curiosa, quella del guardiano romanista. Pur di approdare all'ombra del Colosseo, paga di tasca sua i 18000 euro della clausola di rescissione troncando così il legame con la Juventude. C'è chi, nello spettacolo, si rifà il davanzale, e chi, nel calcio, sgancia quattrini in prima persona per liberarsi pur di spiaccare il volo verso lidi più prestigiosi. Sempre di investimento su se stesso si tratta.
La Roma, in tutto questo, gli paga solo l'ingaggio, che presto dovrà essere giocoforza ridiscusso per ricacciare le sirene rossonere. Partito alle spalle di baby Curci, le incertezze di quest'ultimo gli spianano le porte del campo. Entra prima di un derby, non uscirà più, pur regalandosi qualche papera. Buon portiere di suo, eccellente nel rapporto qualità/prezzo.

Sempre di brasiliano si tratta, ma ha conosciuto gloria calcistica in Olanda prima ed Italia poi.
Assieme ad Emerson e Ibrahimovic, suo compagno nell'Ajax, Maxwell fa capolino nel box Ferrari, accompagnato dall'ex responsabile marketing della Juventus Romi Gai. Per la cronaca, la gara vedrà interrompere il monologo Schumacher, confermando così la fama di iettatore che accompagna il Puma sino ai giorni nostri. Dei tre, l'unico a non vestire il bianconero sarà proprio il terzino sinistro ajacide, complice un infortunio di quelli belli tosti, i legamenti del ginocchio destro fanno crack, la Juve fa ciao ciao. In Via Durini, per una volta, dimostrano lungimiranza, credendo nel ragazzo e girandolo all'Empoli per aggirare quella rompiscatole di una norma sugli extracomunitari. In Toscana recupera condizione e fiducia, a giugno approda alla corte di Moratti e si impadronisce della fascia.
A Roma, dopo una vita da gregario in provincia, Max Tonetto si scopre stantuffo inesauribile, inanellando prestazioni talmente positive da destare l'attenzione persino del CT azzurro Lippi.

Torniamo a Milano, nuova capitale del calcio italiano. Qui, sempre su sponda nerazzurra, troviamo il re dei parametri zero. Esteban Cambiasso, motorino imprescindibile per gli schemi di Mancini. Spada o fioretto, per lui, memore di un infanzia da enfant prodige come volante dell'Argentinos, non è un problema.
Tanti anni fa, e soprattutto tanti capelli fa, ancora minorenne sbarca a Madrid, salvo essere rimbalzato indietro, sballottato tra Independiente e River, fino al ritorno all'ovile spagnolo. Le promesse di gioventù sembrano disattese, le due annate in camiseta blanca sembrano confermarne l'involuzione. Il contratto è in scadenza, molti fiutano l'affare, l'Inter affonda il colpo e lo fa suo.
Il mediano argentino approda lungo i Navigli con un futuro importante alle spalle. Si dimosterà uno dei più grossi abbagli presi dalle dirigenze madridiste, eppure l'elenco è lungo. Del Cambiasso predestinato e idolo delle ragazzine, è rimasto solo il ciuffo. Oltre alla qualità, si capisce, che ne fa uno dei migliori interpreti del pianeta.
Si busca un brutto raffreddore? Un infortunio? No problem, c'è Olivier Dacourt, ex compagno di quel Rodrigo Taddei, anni fa al centro di un menage a trois, protagoniste Siena, Juve e Roma e oggi apprezzata ala della Roma spallettiana.
A proposito di menage a trois, riavvolgendo il nastro della memoria, indimenticabile la doppia firma apposta da Luis Figo, allora nuova speranza lusitana, sui contratti siglati con Parma e Juve. Tra i due litiganti, il terzo, Barcellona, gode. C'è ancora il Real di mezzo. Prima lo acquista a suon di pesetas dagli odiati cugini, poi lo sbologna a parametro zero. Di lui si diceva: "E' finito". Cazzate.
E ancora, gli amici di Guido, la Juve e Dejan Stankovic, anch'egli centrocampista dal gol, e dalla firma, facile. Prima con Moggi, poi il passo indietro, e dritti verso Milano.
Mancini ha insomma a disposizione una pletora di svincolati, e ci scappa pure la riserva, quel Cesar a lungo bramato, poi rinnegato, successivamente tolto dalla naftalina, un po' livornese, un po' brasiliana.

Questi sono solo alcuni esempi, freschi ed 'italiani', della bontà di questa tanto vituperata, dai tifosi, politica. La questione è un'altra: bisogna saper scegliere, ma il discorso vale pure, anzi, soprattutto, nel caso di investimenti onerosi, dove il rischio di flop economico oltre che tecnico incombe.
Volendo tracciare un bilancio dei primi mesi della Juve di Ranieri, il più positivo tra i nuovo è probabilmente Hasan 'Brazzo' Salihamidzic, il cui arrivo è stato accompagnato da commenti freddini presto rispediti ai mittenti con prestazioni convincenti per abnegazione e sostanza.
Gli stessi Marchisio e Giovinco, cresciuti a pane e Juve, non sono costati nulla.
Giovani, svincolati, e, ovviamente, campioni. Questi gli ingredienti per una ricetta vincente. E se, come pare, gli ultimi latitano, meglio oculati investimenti su giovani di talento o svincolati di lusso.
Ujfalusi, centrale riciclato terzino a Firenze, presto svincolato, è un invito a nozze. O no?
Maduro, duttile, giovane e talentuoso... serve altro?
E' preferibile Sissoko (15 milioni) a Flamini libero a giugno?
E Kewell, il cui talento sembrava avvizzito dai continui infortuni, una scommessa affascinante?
Alla coppia Blanc - Secco l'arduo compito di fornire le risposte.

Per fortuna che c'è Alex

Gli onnivori di calcio avranno trovato la pace dei sensi grazie al tradizionale tour de force inglese, in ossequio con l'antico adagio secondo cui 'chi si ferma è perduto'.
L'italica siesta invernale ha invece sfibrato il tifoso medio, colui che brama solo per l'amata e del resto se ne frega, regalando altresì spiccioli di relax ai calciatori e pecunia in abbondanza a quelle big che hanno rifinito preparazione e bilancio in sperduti angoli del globo, dimenticati dal Dio pallone ma cari al Dio quattrino.
Così, mentre le milanesi si crogiolano sotto il sole della patinata Dubai, Del Piero e compagni serrano le fila nella vicina Malta, accolta da un passionale abbraccio collettivo e mortificata dal dopolavoro ferroviario locale (La Valletta).
Il peregrinare di un'utopia chiamata scudetto fa ora tappa a Catania, storico feudo bianconero a digiuno di Juve dal lontano 20 novembre 1983, quando il terzino sinistro dei locali era un certo Claudio Ranieri.
La chiusura post Raciti del Massimino ha privato i catanesi di ospiti illustri, sgonfiando un gruppo avviato verso la gloria europea, intesa come qualificazione Uefa, e salvatosi poi per il rotto della cuffia.
Impossibile dimenticare, ma doveroso guardare avanti. Nuovo allenatore, infornata di talenti esotici e rinnovato entusiasmo: la ricetta di Pulvirenti e Lo Monaco funziona a meraviglia. Un calcio al tradizionale 3-4-3 del predecessore Marino e uno sul sedere al malcapitato Di Carlo, questo il biglietto da visita del ruspante Silvio Baldini, rilanciatosi dopo i recenti flop predicando un calcio offensivo d'impronta zemaniana ma integrato da una sagacia tattica tipicamente italiana. Dove c'è competenza, il coraggio paga, come confermato dai recenti exploit di Vargas e Martinez.
Di fronte ad una Signora, sarebbe da scostumati non coprirsi un po', e Baldini riscopre le buone maniere rinunciando al funambolico argentino in luogo del più disciplinato Colucci. Il tecnico toscano deve rinunciare agli squalificati Sardo e Baiocco, ex mai rimpianto, e li rimpiazza rispettivamente con Silvestri e Biagianti, figli di un calcio minore con un futuro importante alle spalle.
Ranieri gioca il jolly Salihamidzic, terzino destro con licenza di offendere e obbligo di difendere dalle sfuriate dell'indemoniato Vargas. La prolungata assenza di Camoranesi regala a Tiago l'ennesima occasione per scacciare propositi di cessione.
Il portoghese si conferma re dell'occulto, tanto è bravo a mascherare quelle qualità che convinsero Secco a donare 13 milioni e 600 mila euro ad Aulas, presidentissimo del Lione. L'ennesima prestazione da encefalogramma piatto costringe Ranieri a lasciarlo negli spogliatoi assieme al rombo di centrocampo propizio a Roma, unico modulo che consente al ragazzo di fare la bella statuina in campo. Dai suoi piedi-saponetta parte al 40° un contropiede potenzialmente assassino del Catania, ed è questa l'unica azione offensiva da lui promossa. La sua apatia costringe Del Piero a sdoppiarsi, arretrando sovente in cerca di palloni giocabili diventando così primo produttore nazionale di calci piazzati. Addio, tronista mancato, è stato bello. Per te, capace di spillare un contrattone da 3 milioni netti l'anno, non per i tifosi costretti a pregare per il manifestarsi di un'offerta quantomeno decente che ti faccia migrare verso altri lidi. Sino alle 20.30 di ieri, sembrava essere il Tottenham l'unica potenziale acquirente. Oggi chissà, speriamo che i dirigenti degli Spurs abbiano preferito il Bagaglino al Massimino ieri sera.
Se Trezeguet non struscia palla o quasi, è anche colpa sua. In precarie condizioni fisiche, il francese è più fermo del solito e cicca un paio di incornate, vanificando così i rarissimi cross piovuti dalle fasce. Detto del generoso lavoro di raccordo del capitano, vien da sè che Polito abbia vissuto una serata di relativo relax, nonostante si sia giocato ad una porta sola, la sua.
A Buffon va addirittura meglio, o forse peggio, dipende dai punti di vista. Al quarto d'ora, Mascara, lasciato colpevolmente solo, ha tutto il tempo di calibrare un cross sul quale Spinesi si avventa come un avvoltoio, dopo aver fatto il bradipo per mesi, beffando così in un sol colpo portiere, difesa e guardalinee, reo di non segnalare l'offside millimetrico della punta pisana. Nulla di inenarrabile, errare humanum est.

Tale guardalinee di destra, tale guardalinee di sinistra. Il collega Stagnoli, lui si, segnala un fuorigioco che, quello no, proprio non c'è. Del Piero parte in linea con l'ultimo difensore catanese, nasconde la palla a Polito, viene affossato, ma l'assistente brandisce la bandierina. Cornuti e mazziati.
Questione di testa. Il Catania si barrica nella propria metà campo, una delle rare sortite offensive vale un brivido e costa momentaneamente la perdita della trebisonda a San Nicola Legrottaglie (la sua incornata alta è l'unico segno di vita bianconero pre-svantaggio), immolando il proprio volto angelico per salvare la porta di Buffon minacciata dal terrificante fendente di Biagianti.
A tenere sveglio il pubblico ci pensano Vargas e Salihamidzic, il cui duello è il leit motive della prima frazione. L'irriducibile Brazzo, dapprima in difficoltà e sovente sverniciato dal peruviano, riacquista metri e fiducia, ed è suo il pallone migliore capitato sul testone di Trezeguet, che anticipa Nedved meglio piazzato e spedisce fuori.
Nocerino e Molinaro continuano a guardare in cagnesco la tecnica, e la tecnica a guardare in cagnesco loro. Sono loro il simbolo di una Juve schiava dei propri limiti, emersi con prepotenza su di un campo infido, dove i gladiatori la fanno da padrone. Stovini e Terlizzi svettano, palla o gamba, preferibilmente di Del Piero, fa lo stesso, la loro irruenza resta parzialmente impunita.
L'intervallo porta consiglio a Ranieri. Fuori la sagoma di Tiago, dentro Marchionni. Tatticamente la mossa segna il ritorno alle origini, ognuno al suo posto, tutti all'arrembaggio. La piccola ala ha un felice impatto sul match, salvo calare nel momento in cui l'ingresso, tardivo, di Iaquinta per l'ottimo Salihamidzic lo costringe a limitare le avanzate. La parabola discendente imboccata suo malgrado dal giunonico calabrese, da uomo della provvidenza a riserva qualunque, è diventato uno dei misteri della gestione Ranieri.
L'unico a scaldare, si fa per dire, i guantoni di Polito è Trezeguet, ma il suo avvitamento produce un colpo di testa innocuo (56°). Un minuto prima, è Del Piero a sfiorare il capolavoro in rovesciata su pennellata di Marchionni. I bianconeri premono, Alex incorna anticipando Vargas su spiovente di Zanetti, ma la sfera scivola fuori. In apertura ci aveva provato addirittura Molinaro, il cui bolide fa la barba all'incrocio, e Nedved, che inspiegabilmente rinuncia alla conclusione per liberare, malamente, al tiro Marchionni. Passano i minuti, dieci undicesimi del Catania restano costantemente dietro la linea della palla, gli spazi sono intasati, il terreno pesante, come l'atmosfera respirata dai Ranieri boys, che pregustano l'amaro calice della sconfitta.
Entrano Palladino prima e Iaquinta poi, Juve a trazione anteriore, sfilacciata, sbilanciata e incazzata. Quando il napoletano spedisce alle pendici dell'Etna un pallone invitante a portiere verosimilmente battuto, sembra fatta per i siciliani, che però non hanno fatto i conti con il motivatissimo Del Piero. E' lui l'Araba Fenice della Signora: riceve palla al limite dell'area, finta più vecchia del calcio stesso ai danni di Biagianti, uno che mica per caso è alle primissime uscite in A, fallo a difesa bunker schierata, rigore, palla da una parte, Polito dall'altra. Giù il sipario, non prima del terzo tempo monco versione calcistica.
Le parole di Del Piero nel post partita valgono più di qualsiasi commento: "Altro che scudetto, pensiamo a migliorare, altrimenti...". Meditate, gente che popola gli uffici di Corso Galileo Ferraris 32, meditate.

LE PAGELLE:
Buffon 6 - Raccoglie in fondo al sacco l'esterno destro di Spinesi, per il resto è spettatore non pagante o quasi. Se la difesa sonnecchia e il guardalinee non è da meno, mica è colpa sua.
Salihamidzic 6.5 - Vargas è il peggior cliente possibile, lui se ne accorge subito e non tarda a reagire. Le sue sgroppate costringono il peruviano a contenere le avanzate, grazie anche al contributo, nella ripresa, di Marchionni. E' lui l'acquisto più azzeccato di Mr. Dry, ed è tutto dire. Misteriosi i motivi del cambio (Iaquinta ng - La domanda è: perchè dentro così tardi?).
Legrottaglie 6.5 - Svetta sia nell'area di rigore avversaria che, soprattutto, nella propria. Evita fortunosamente il 2-0 di Biagianti, tiene bene Spinesi. Dio c'è ed è con lui.
Chiellini 5.5 - Non azzecca un rilancio manca per sbaglio, e pur lottando, la sensazione trasmessa è di insicurezza ogni qual volta un avversario gli si palesa in zona.
Molinaro 5 - Ok, il guardalinee, ma lui è l'ultimo uomo a salire, lasciando all'assistente il beneficio del dubbio. Lui e il pallone, relazione tormentata.
Nocerino 5 - Fuori ruolo nel primo tempo, fuori fase nel secondo. Ha bisogno di rifiatare, l'ennesimo cartellino rimediato gli regalerà una domenica, la prossima, di relax.
Zanetti 5.5 - Ebbene sì, alla diciottesima Crist(ian)o si riposò. Meno incisivo del solito, terreno e solitudine gli complicano terribilmente la vita, vista l'estrema mobilità della mediana catanese.
Nedved 5 - Il solito Nedved versione 2007/2008. Corre, lotta, non incide. Potrebbe stravolgere il copione ad inizio ripresa, ma rinuncia a sfoggiare la proverbiale castagna da fuori. Incompiuto, il rombo lo limita (Palladino 6 - Lui corricchia, ma entra nell'azione del pareggio dopo aver sprecato un'occasione d'oro poco prima).
Tiago 4 - Di stima. Per pietà cristiana, mi fermo qui (Marchionni 6 - Inizia bene, spina nel fianco per Vargas e il Catania. Cala alla distanza, più per scelte discutibili del tecnico che per demeriti suoi. Merita maggior considerazione).

DEL PIERO 7
- Stovini e Terlizzi tentano più volte di fracassargli le caviglie, gli fracassano qualcos'altro e lui non le manda a dire. Lotta, ad inizio ripresa sbaglia un controllo dopo l'altro, riparte più forte di prima, si procura e trasforma un rigore dopo averne guadagnato uno anche nel primo tempo, ma il guardalinee aveva già ravvisato il nulla. Anima della squadra.
Trezeguet 5 - Debilitato dai recenti malanni, corre poco e la vede ancora meno. Andava sostituito, ma obiettivamente toglierlo è dura, anche se non è serata.

Ranieri 5 - L'unico rombo da proporre in futuro è il pesce, lo rammenti. Basta Tiago, insista piuttosto su Marchionni, in attesa di Camoranesi. Sbaglia l'impostazione iniziale, rimedia ma in ritardo.

Catania: Polito 5.5, Silvestri 6, Stovini 6.5, Terlizzi 6, Vargas 6.5; Izco 6, Edusei 5.5, Biagianti 5.5; Colucci 6 (Martinez 5.5), Spinesi 6.5, Mascara 7 (Tedesco ng).

Rocchi 6 - Gli errori ci sono, ma le colpe stanno altrove, due righe sotto. Certo, un rosso ad uno a scelta tra Stovini e Terlizzi, colpevoli di percuotere violentemente Del Piero, ci poteva stare.
Assistenti, Copelli 5, Stagnoli 5.

domenica 6 gennaio 2008

Brasiliano o tulipano, questo è il problema

Nella piena consapevolezza che, prima dell'autografo apposto sul contratto, il rischio di essere vittime anzichè esercenti è concreto, le intenzioni lasciate trasparire da ambo le parte lasciano poco spazio alle pur legittime titubanze. Scottato dai casi Frings e Milito, preferisco ricorrere comunque al fido condizionale: Rafael Van der Vaart, bimbo prodigio dell'Ajax, nemico pubblico numero 1 di Ibra e predicatore nel deserto di Amburgo, dovrebbe sottoscrivere a breve un impegno quinquiennale con Madama. Con lui se ne andrebbero 17 milioni di euro circa.
L'improvvisa grazia di Legrottaglie e Chiellini è una semplice parvenza, rafforzata certamente dalla crescita, spirituale del primo e tattica del secondo, ma soprattutto dall'imprescindibile scudo nucleare made in Zanetti & Nocerino. L'attenzione di Secco, prodigo per la difesa di parametri zero, dal sicuro Mellberg al probabile Ujfalusi, è rivolta ad altre reparti, destinati a beneficiare, si spera in misura maggiore rispetto alle operazioni Almiron e Tiago, di pochi ma oculati investimenti.
Difficile districarsi nella pletora di mediani/registi/incursori candidati ad affiancare Zanetti, dagli svincolati
di lusso (Borowski, Flamini), come da politica societaria, ai frutti proibiti (Xabi Alonso), senza trascurare talenti incompresi (Sissoko), in rampa di lancio (Cigarini, Marchisio) o vittime di loschi traffici (Mascherano, il cui cartellino è in mano ad una multinazionale).
Orizzonte più sereno, invece, sul fronte attaccanti. Tempo e alterne fortune hanno scremato l'elenco di pretendenti, restringendo di fatto la volata ai soli Amauri e Huntelaar. Favorito il primo, vuoi per la conoscenza della realtà italiana maturata in anni di peregrinazioni più o meno felici, vuoi per la maggior duttilità tattica.
L'olandese ha speso parole zuccherine sulla Juventus, mentre il brasiliano ha dato un colpo al cerchio e uno alla botte, lasciando intendere di essere ben disposto verso qualsiasi lido che faccia rima con blasone, Milan in primis, vista anche la folta colonia di brasiliani di stanza a Milanello. Intanto Zamparini gongola, consapevole di avere tra le mani una gallina dalle uova d'oro prossima ad animare il mercato estivo.
Il puntero del Palermo rappresenterebbe l'integrazione ideale in un attacco che può contare sulla classe di Del Piero, sulla generosità di Iaquinta e sul quando-gioca-segna-sempre-Trezeguet. Fa reparto da solo, altro punto a suo favore, senza bisogno di 'apriscatole' a fianco, ed il soggiorno palermitano ne ha rinvigorito la vena realizzativa. Dategli Camoranesi, VdV e Del Piero, e vi solleverà il mondo. Se preferite, affiancatelo a Re David, e le difese avversarie passeranno dei brutti quarti d'ora. Il grave infortunio al ginocchio destro è alle spalle, il presente si chiama AMiCa, il tridente Amauri - Miccoli - Cavani varato da Guidolin IV che fa sfracelli, il futuro è vincolato alle, per ora folli, richieste del presidentissimo rosanero, destinato però a recedere dai 25 milioni sparati in faccia agli attoniti spasimanti del ragazzo, sul quale persino Donadoni, in ottica Euro 2008, sta facendo un pensierino.
I numeri sono infidi, e parlano dei difficili inizi del bomber, costretto dall'indifferenza dei connazionali a cercare l'Eldorato calcistico nei cantoni svizzeri, prima di essere scovato dal Parma a Bellinzona ed iniziare un personale giro d'Italia che toccherà Napoli, dove infrange il tabù del gol in A, Piacenza, Empoli e Messina. A 23 anni si ritrova con una valigia piena di sogni ma povera di gol, tenuti in serbo per la fatal Verona, dove trascina il piccolo Chievo sino ai preliminari di Champions. Il suo è un crescendo rossiniano, mattone su mattone si costruisce una solida fama, che un'uscita spericolata di Manninger, custode della porta del Siena, rischia di spezzare. Il ginocchio fa crack, il Palermo, dove era approdato in estate circondato da aspettative subito assecondate da gol e magie, crolla, addio sogni di gloria, l'Uefa raggiunta all'ultimo tuffo è un brodino insipido per chi sognava il Bernabeu. A conclusione del lungo calvario post infortunio, tempo quindici minuti ed una tripletta contro il Saragoza è il biglietto da visita del rientrante Amauri, pronto a ripartire da dove aveva lasciato, gol e giocate di classe divenuti ormai il suo pane quotidiano. La Juve è affascinata e sedotta da cotanta efficacia, e lo bracca ormai da mesi. La fredda logica dei numeri è materia per valutazioni superficiali, se priva di adeguato accompagnamento, leggasi opinione maturata su di un'attenta osservazione del soggetto. La stessa avrebbe precluso l'ingresso nel calcio che conta ai vari Materazzi (in tal caso, in diversi ne avrebbero guadagnato in salute), Grosso e Toni. Non sono certo le cifre a testimoniare la crescita tattica del Trezeguet versione 2007/2008, oppure il prezioso lavoro di Nocerino, tasselli fondamentali per la classifica bianconera.
Allo stesso modo, è giusto buttare un occhio sui numeri, e, nel caso di Klaas Jan Huntelaar, è difficile non venirne rapiti. In pillole: 44 presenze e 26 gol in Eerste Divisie (la B olandese), 110 e 87 in Eredivisie; 19 match e 15 centri in Coppa d'Olanda; 28 apparizioni impreziosite da 16 firme dedicate con affetto a quelli che "segna solo in patria" nelle coppe europee; tanto per non farsi mancar nulla, si aggiungano le 4 reti nei playoff di campionato disputati con i lancieri, per un totale di 146 'colpi di Klaas' in 203 partite. Le 18 marcature, in 22 presenze, lo rendono bomber più prolifico nella storia dell'Under 21 olandese, con la quale si è laureato campione, e, indovinate un po', capocannoniere, ad Euro 2006. Positivo, nonostante la spietata concorrenza, il ruolino in nazionale maggiore (9/3). Davvero niente male per uno 'scarto' delle giovanili del PSV. Beffa clamorosa, dopo due annate in cadetteria tra De Graafschap e AGOVV Apeldoorn dove si rivelò ed una stagione e mezza nell'Heerenven, club che fu di Van Nistelrooy, dove si confermò, l'affermazione è avvenuta nelle fila degli acerrimi rivali dell'Ajax.
Lui e Trezeguet, simile nella forma ed identici nella sostanza. Rispetto al francese, vanta una maggior propensione alla manovra e doti tecniche più spiccate. Fa male persino su calcio piazzato, di testa ed in acrobazia è un pericolo costante. Ha tutto per sfondare, tranne il palcoscenico giusto. Non è aviofobico e delicato come Bergkamp o tormentato come Kluivert, ha piuttosto cattiveria e personalità. Da limare una certa discontinuità, talvolta palese quando la posta in palio è alta, ma che ci volete fare, so' ragazzi. I margini di crescita, poi, giustificano ampiamente l'investimento nell'ordine di quaranta miliardi del vecchio conio circa.
Le analogie tecnico-tattiche con Trezegol potrebbero diventarne la condanna. I due paiono troppo simili per giocare assieme. Vivendo in funzione del gol, seppur con sfumature diverse, finirebbero per pestarsi i piedi. Problema, come rilevato, che non si presenterebbe in presenza di Amauri.
L'attacco da eleggere a modello, duole dirlo, è quello dell'Inter, dove chiunque può giocare con chiunque, in un ginepraio di opzioni, tutte più o meno applicabili, quasi imbarazzante. Ibra flagello di Dio, Suazo piè veloce, Crespo la concretezza, Cruz il dodicesimo uomo diventato numero 9 e garanzia certificata di gol, Adriano la potenza, che però, come recita un famoso spot, è nulla senza controllo. (Piccola parentesi: dopo l'incidente stradale, fortunosamente senza conseguenze, avuto in Brasile, il presidente del San Paolo lo ha invitato a pregare di più. Senza voler apparire blasfemi, ma qualche parolina sulla guida prudente e su uno stile di vita più morigerato avrebbe forse avuto maggior impatto.)
Altro esempio calzante ma non meno doloroso, che getta sale sulla 'farsopolesca' ferita, è relativo alla Juve moggiana, laddove, alle spalle di Trezeguet e Del Piero, partiva, salvo sovvertire presto le gerarchie, il signorotto del quale il sovracitato Huntelaar ha poi ereditato la maglia. Ibrahimovic, come e più di Amauri, è stata una punta in grado di affiancare e sostituire il buon David, per lo meno fin quando l'odore dei soldi non lo ha sopraffatto.
Che sia Huntelaar il prezzo da pagare al rinnovo del francese? Per avere la risposta definitiva bisognerà attendere qualche mese, perchè i tempi non sono maturi, e le uniche foglie che si muoveranno a gennaio sono le poche rimaste sugli alberi e scosse dal gelido e sferzante vento invernale.

venerdì 4 gennaio 2008

Pollo, frittata, pesto e salame

Pollo - Si legge 'Pojo', si pronuncia Olivera. Rendimento e soprannome italianizzato vanno a braccetto. Facilonerie a parte, a giugno 2007 la situazione del ragazzo non è buona. L'infelice parentesi sampdoriana ne ha polverizzato il credito accumulato sotto l'egida capelliana. Doveva essere la pila alcalina della Lanterna; tempo qualche mese, e persino il suo main sponsor, Novellino, ha alzato bandiera bianca a fronte dell'anarchia mentale e tecnica del ragazzo. Il tecnico voleva farne il Recoba del 2000, genietto incompreso in metropoli ma profeta in periferia, ne ha invece saggiato la sregolatezza senza godere del genio residuo.
La latitanza dal rettangolo verde, e pure dalla panchina, imposta da Ranieri ha demolito i suoi sogni di gloria tinti di bianconero, rinfocolando altresì la saudade per la patria natia, l'Uruguay, paese alieno alle luci della ribalta che ne hanno bruciato il talento. Nostalgia canaglia, penseranno i dirigenti del Genoa desiderosi di regalarlo a Gasperini. Toccherà probabilmente a Paco Casal, ex tuttologo del mercato sudamericano nonchè manager del ragazzo, districare l'intricata matassa. Non è detta l'ultima per il vecchio grifone. D'altronde, si sa, l'assassino torna sempre sul luogo del delitto, più o meno.

Frittata - Piatto preferito di Alessio Secco. Ad ognuna un nome: Almiron, Andrade e Tiago le più gettonate e costose. Posto che per il secondo il fattore S ha giocato un ruolo chiave, e senza dimenticare la recidività del sinistro, Gianni/Almiron e Pinotto/Tiago lamentano ad oggi evidenti problemi d'inserimento, tanto da fare, rispettivamente, di tribuna e panchina il proprio habitat naturale. L'ultima creazione gastronomica del DS si chiama Mimmo Criscito. Undici mesi fa, il popolo bianconero gonfiava orgoglioso il petto alla notizia del suo oneroso riscatto, primo, significativo, passo del Risorgimento bianconero. Il passo da reuccio a reietto è breve, un'ingenuità su Totti e via. L'insicurezza trasmessa in frangenti delicati come il primo tempo di Cagliari è sentimento comune ad altri personaggi in cerca d'autore, Andrade, leader solo presunto, in primis. L'efebico bimbo è così uno dei caduti illustri della rivoluzione d'ottobre, quando la coppia Legrottaglie - Chiellini, lanciata nel derby di fine settembre, è diventata un dogma imprescindibile.
Preziosi e Gasperini fiutano l'affare, l'impossibile è diventato possibile, il figlio prodigo è tornato, la soddisfazione reciproca. In un mondo di ostentata ipocrisia, Criscito è una mosca bianca, non avendo mai nascosto il proprio affetto per Genova e il Genoa. Agli occhi dei tifosi, ha pagato anche l'essersi presentato a Torino con l'entusiasmo di un frigorifero; l'errore di Roma ha trovato poi terreno fertile nel viziato tifo juventino, incapace di pazientare per la crescita di un predestinato alle prese con i comprensibili impacci delle prime volte. Abituato alla libertà vigilata della difesa a 3 gasperiniana, trovandosi ingabbiato in compiti di marcatore puro, lasciato spesso in balia di smaliziati carri armati, si è rivelato bastone fragile per la zoppicante retroguardia bianconera.
Bastava dunque un semplice prestito? Pfui, come ammesso dal ragazzo, trattasi di cessione temporanea con diritto di riscatto della comproprietà. Suicidio economico ("Come dilapidare un patrimonio, capitolo I") e tecnico. Ricapitoliamo: i custodi designati di Buffon sono out, scalzati dalle redivive riserve, le cui alternative diventano così gli avanzi, altrimenti detti Boumsong, dolce ricordo per Ricchiuti e gli altri eroi en passant della scorsa A2, Grygera e Zebina, professione terzini con propensione all'eccletismo. Tappabuchi, insomma.
Ranieri, colpevole di una gestione del talento alquanto discutibile, ha lasciato intuire come la richiesta di riabbracciare la città che lo ha adottato sia partita dal ragazzo, il quale ha confermato, ringraziando addirittura le due società per averlo assecondato. Un no deciso, a confermare l'antico adagio secondo cui, in fondo, Torino sponda Juve non è un porto di mare, sarebbe stata cosa gradita.
Non si conoscono i dettagli dell'affare, tale solo per il Genoa, ma essendo il prezzo concordato molto difficilmente supererà i 7.5 milioni versati il gennaio scorso per rilevarne la seconda metà. Cifra importante, ma se è vero che i genovesi sono tirchi val la pena ricordare che il patron è di Avellino ed è solito non badare a spese. La frittata è fatta, pronta ad essere servita al tavolo di Preziosi.

Pesto - Rinomato in tutto il mondo, è il prodotto tipico della cucina ligure. In ambito calcistico, pesto non fa (più) rima con mesto. La gestazione del post-Mantovani da una parte e del post-Spinelli dall'altra è stata lunga e dolorosa, ha addirittura partorito un anno in C1 per i nove volte campioni d'Italia, causa una valigetta di troppo. Il peggio è passato, la cadetteria un ricordo sbiadito.
La Sampdoria, sotto la gestione Garrone, ha rimesso piede in PAradiso, dove ha ormai preso la residenza grazie anche all'abilità di Marotta, uno dei più stimati factotum del calcio italiano. Cassano una scommessa stimolante, Mazzarri una realtà, un piazzamento in zona UEFA potrebbe presto diventare entrambe le cose, grazie soprattutto ad un potenziale offensivo di prim'ordine.
Le traversie dei rossoblu si sono concluse con l'emozionante cavalcata a braccetto con il Napoli della stagione passata. Gasperini, pluridecorato tecnico delle giovanili juventine, ha plasmato una squadra a sua immagine e somiglianza, semper fidelis al collaudato 3-4-3, che ha in Borriello, ex toumber de femme convertito a castigatore d'area di rigore, una temibile bocca da fuoco. E se Figueroa dovesse tornare quello dei tempi d'oro, saranno fuochi d'artificio. Aver trovato in Secco un alleato fidato, potendo così attingere dal servatoio bianconero, aiuta.

Salame - Suvvia, è facile...