lunedì 24 novembre 2008

I milanesi ammazzano al sabato

"Torino, abbiamo un problema". Si conclude così, con un atterraggio da brividi in zona San Siro, Milano, il tour spaziale della sonda Juventus, decollata un mese e uno sputo fa alla volta dell'infinito. Il distacco dalla volta celeste è stato brusco. Riacclimatarsi alla gravità terrestre richiederà lacrime e sudore. Le polluzioni post-settebello di successi sono acqua passata. Astenersi apocalittici catastrofisti.
Passo primo, l'elaborazione del 'lutto'. Inopportuno declinare responsabilità a terzi in tenuta limone, piangere gli infermi, o le carambole altrui. Il risicato passivo mortifica gli sforzi nerazzurri ed inganna i passeggeri distratti. Ko tecnico(-tattico) alla seconda ripresa. Inappellabile.
Il monologo interista affonda le proprie, solide, radici in panchina. Il professor Mou scende dal piedistallo-cattedra e va a ripetizioni di calcio italiano. Torchiato sull'argomento, si dimostra ferratissimo sul capitolo Juventus. Incredibile ma vero, lo stesso non-pirla impermeabile ad Erasmus calcistici, l'arcivescovo del 4-3-3, modella il proprio credo tattico su vizi e virtù degli avversari.
Materazzi restituito alla dignità professionale dopo il raccapricciante Europeo e al campo dopo il derby, centimetri e testosterone per inibire Amauri. Rombo a centrocampo, con i monolitici Cambiasso e Muntari e il tuttofare Zanetti a coprire le incursione del figliol prodigo, juventino mancato, Stankovic. Adriano strappato al dancefloor e accoppiato all'inamovibile Ibra. L'amata trivela deposta in panca. Balotelli e Mancini addirittura sbianchettati dalla distinta. Un propizio bagno d'umiltè per il brizzolato di Setubal, con sensibili echi di pragmatismo manciniano.
L'undici nerazzurro s'è fatto beffe della linea difensiva bianconera, 'alta' come il ranierismo impone, sfregiata dagli inserimenti senza palla dei mediani e scherzata dal lucido genio di Ibrahimovic, calamita-calamità per Legrottaglie, versione pecorella smarrita, e compagni, chirurgico nell'assist e stitico sotto porta, mai banale nei movimenti, sincronizzati con quelli del partner d'attacco, puntuale nel cercare la traccia esterna per eludere la guardia di un gladiatorio Chiellini. Il suo doppio strafalcione in zona gol prolunga l'agonia, al pari della penetrazione centrale del 5 serbo vanificata dall'imperfetto controllo dello stesso, poi rimontato da Molinaro e Re Giorgio. Un paio di sbandieramenti a cappella degli assistenti e un vantaggio inapplicato dal pur bravo Rizzoli, oltre a salvaguardare la 'verginità' della porta di Manninger, azzerano le rimostranze di sponda torinese sulla condotta della terna, nonostante un sospetto contatto tra Muntari e Marchionni nel primo tempo. Proprio il ghanese, piedi di ghisa e polmoni d'acciaio, al 73° infila di giustezza un'imbeccata (casuale?) di Ibra, sorprendendo l'esterefatto guardiano austriaco ed il presepe vivente bianconero, che lo abbandona solo soletto a centro area. Game over. L'incornata di Del Piero ai dieci dalla fine costringerà la lavenderia nerazzurra a sciacquare i guanti di Julio Cesar, non gli sceneggiatori a rivedere un copione monotono dal finale scontato.
Del fil-otto recente, la banda Mourinho è l'unica accreditata di uno spessore tecnico e tattico superiore a Madama e, puntuale come la sfiga, la sconfitta s'è fatta carne. Ohi ohi, la sfiga, compagna di viaggio fedele e bastarda. Citofonare Tiago Cardoso Mendes. Due minuti scarsi ed il Lazzaro portoghese inciampa, il ginocchio sinistro reclama cure, destino infame. Testimoni oculari giurano sia stato avvicendato da un giovine smunto e dimesso: si sospetta fosse la brutta copia di Marchisio. La vigorosa mediana avversaria, ad onor del vero, lasciava presagire una notte horror per il compassato lusitano, ma la (mala)sorte ha ucciso il beneficio del dubbio. Accerchiato dall'apatia, il prode Sissoko non si scompone e aspira modalità Vorwerk folletto palloni su palloni, salvo smarrirsi in impostazione. Un tocco di troppo, controlli 'elastici' e cucù, il pallone tra i piedi del maliano non c'è più. Il signor Cristiano Zanetti è pregato di cicatrizzare in fretta. Pur privo delle stimmate del fuoriclasse, è l'unico mediano bidimesionale a libro paga.
Lo sciopero degli 'assistenti di volo' Marchionni e Nedved (farlo rifiatare è reato?), nonchè il monopolio delle rotte aeree riservato al duo Materazzi - Samuel, blocca a terra l'air-one Amauri, costretto a librarsi a pelo d'erba, lontano anni luce dai sedici metri della pista d'atterraggio. Il collega Del Piero pare mediamente ispirato, ma, colpito anch'egli dalle contingenze, attende novanta minuti più recupero in rampa di lancio, placcato agli sgoccioli dal già citato volo di Cesar. La tardiva investitura di Camoranesi a commissario straordinario non sblocca lo stallo, ma concima le polemiche su Ranieri. Passi per l'undici iniziale, figlio legittimo della prudenza e schiavo del bollettino medico; i correttivi, intempestivi e poco audaci, si confermano il tallone d'Achille del condottiero romano. Il camaleonte solido? Una boutade estiva. Dal Vangelo secondo Ranieri, in riferimento all'amato 4-4-2: "non avrò altro modulo fuori che te".
Intendiamoci: scorrendo i petali della rosa nerazzurra,
al netto delle ragioni del cuore non v'era dubbio alcuno sulla superiorità dell'Inter. Leggerlo tra le righe della sfida più sentita, però, fa male. A meno sei, poi, fa freschino, la coperta è corta e per sconfiggere i rigori dell'inverno non basteranno le punizioni di Pinturicchio.
Lo step numero due, il riscatto, passa da casa, ospite la rinata Reggina di Orlandi. La storia insegna, le piccole sono crocevia di scudetti. Oh, che parolone. Crederci è sottilmente presuntuoso. Mollare la presa è astorico. Navigare a vista è la cicatrice dei tempi. Memorandum: disinserire la modalità 'sborone' sfoggiata settimana scorsa, con dichiarazioni d'intenti molto poco sabaude. Lunga vita al low profile dialettico. A morte gli interismi-isterismi. E ripartire, pervasi dal sacro fuoco dell'umiltè. Paga, fidatevi. Vero, Mou?

domenica 23 novembre 2008

La ricetta perfetta

Non c'è peggior sconfitta dell'impotenza. Rocco Siffredi? No, uno juventino lucidamente 'ncazzato.
L'Inter liquida la pratica Juve senza sudore versare, rosolando gli avversari a fuoco lento per settanta minuti abbondanti e lasciandoli bollire per i restanti venti. La ricetta dello chef Mourinho ha inebriato il volubile palato nerazzurro, viziato dai precotti manciniani, indigesti oltralpe ma trangugiabili in patria, complice il pasticcio di gobbi confezionato ad agosto 2006. Insaporite il tutto con il cigno di Malmoe, e la frittata è servita. Ai Ranieri boys è rimasta sul gozzo.
La spartana ricetta del cuoco pasticcione di Testaccio è resa ancor più insipida dalla rinuncia aprioristica al peperoncino Camoranesi e alla segregazione negli armadi nerazzurri Samuel e Materazzi di speziati condimenti quali Amauri e Del Piero. Nedved? Scaduto. Carta (d'identità) canta. L'ingrediente segre(ga)to, lo sfuggente camaleonte solido, è finito nella pentola sbagliata. Quella nerazzurra.
Dopo aver ripassato la ricetta avversaria, lo Special Uan ha riposto nella credenza la propria prediletta, quel 4-3-3 cucinato con successo in patria ed in Albione, pescando un gustoso rombo, così disposto in tavola: Cambiasso vertice basso, Stankovic trequartista, Zanetti e Muntari ai lati. Ripulito dalle lische, vedi il rinnegato GiovanniVerniaQuaresma, pronto per esser gustato. Tutti a tavola, responso inequivocabile. Portata pesantuccia, sgradita a Del Piero e soci. Urge, seduta stante, corso d'aggiornamento sull'arte culinaria per il cuoco Ranieri. Si faccia accompagnare da chi (gli) ha procurato gli ingredienti...

giovedì 20 novembre 2008

Lo chiamavano tronista

Lo chiamavano tronista. Dal De Filippi 2008, dicasi tronista "bello senz'arte né parte, pettorali munito, fedele ed inde-fesso cultore di San Lele [Mora]". Chi biascica il calcistichese annusa il pericolo. E' il ritratto sputato della fighetta, la cirrosi epatica del tifoso medio. Tenere fuori dalla portata degli juventini. L'appello cade nel vuoto. Questo matrimonio s'ha da fare, con tanto di sfarzosa cerimonia-fiume. La luna di miele cheta le acque del dubbio, l'alba della convivenza le evapora. L'etichetta di tronista si scolla. La patina d'indifferenza-insofferenza si scrosta, a suon di capocciate.
Amauri viaggia in ascensore, destinazione Paradiso. Il marcatore scende un piano sotto. Il portiere piomba all'Inferno, incenerito da una chirurgica zuccata.
Qualora gli avversari riescano a recidere il cordone ombelicale che lo lega ai compagni, subentra il 'fai-da-te-Ama', letale fiore all'occhiello della casa. Citofonare Di Loreto. Non declinerà il verbo segnare con la scioltezza del collega Trezeguet, ma sopperisce alle lacune grammaticali con un apprendimento agile e onnicomprensivo, nonché con una predisposizione naturale al gioco di squadra. Non avrà attecchito nel cuore di Dunga, stregato dalla professionalità svizzera di Adriano, ma il Destino ha steso la sceneggiatura perfetta, che, complice la sapiente regia di Lippi, regalerà al nostro eroe, burocrazia permettendo, il ruolo di principe azzurro nel classico immortale "Italia vs. Brasile", prossimamente di scena a Londra. Ora chiudete gli occhi. Immaginate Amauri leone di Wembley. Volgete fugacemente il pensiero all'attapiratissimo CT carioca. Sommessamente godrete.
I 'nazional-pur-isti' mugugneranno, al solo pensiero di ritinteggiar di tricolore un passaporto verdeoro, in assenza di consanguinei. Ce ne faremo una ragione. Fatto. In fondo, il Belpaese ha accolto e raffinato il diamante grezzo paulista, cresciuto a pane duro e polvere nella selettiva provincia calcistica nostrana. Il bozzolo, sballottato tra Padania e Regno delle Due Sicilie, ha infine liberato un'elegante, leggiadra ma coriacea, farfalla. Seguendone l'incessante svolazzare per il campo, c'è da chiedersi se un'equipe di biologi molecolari sabaudi sia riuscita ad isolare il gene dell'abnegazione nedvediana per poi clonarlo ed iniettarlo nelle vene dell'8 bianconero. No, non è ingegneria genetica. Solo, si fa per dire, dedizione e talento shakerati in un corpo da marine.
E pur l
o chiamavano tronista! L'unico trono cui aspira è quello riservato al re dei bomber. Ha imboccato la via giusta, quella dei gol pesanti. Se il buongiorno si vede dal mattino, la notte s'annuncia gaudente e lussuriosa.

lunedì 10 novembre 2008

I'm outta time

Non sarà "giovane, bello e abbronzato", ma è l'unico essere animato a poter vantare oggigiorno consensi più massicci di Barack Obama. Piede torrido, cervello fino, lingua simmonsiana. Alex Del Piero, e chi sennò? La presa del Bernabeu è compressa nel file 'StandingOvation.zip'. Centottantamila mani spellate dagli applausi, il pecoraro italiota medio prenda nota. Effetti collaterali: bulbi arrossati (ipersensibili a rubinetti spanati) tachicardia, pelle d'oca; travasi di bile per gli antidelpieristi ossessivo-compulsivi. Inchino ricambiato.
L'ispanico Casillas impallinato come un pivello, complice barriera dadaista. Doni e Sorrentino, meno accondiscendenti del pluridecorato collega eppur incapaci di sbaffare le pennellate chirurgiche del Pinturicchio, spazzano l'aria ma s'arrendono all'arte. Il fu Godot innaffia la cultura, coltiva speranze, concima record. La data di scadenza riportata sul retro della confezione è in costante procrastinamento, in barba alle trentaquattro-candeline-trentaquattro ancora fumanti. Il peso degli anni e non sentirlo. L'amore della gente e non tradirlo. Diecipiù.
Ha collezionato corone (di capocannoniere) e difeso il proprio trono dagli usurpatori. Domato cime tempestose e picchiate paurose. Nuotato nell'oceano di inchiostro sperso criticamente dalle penne più affilate. Debellato le virulente forme di virus 'C' (nell'ordine: Capello, calciopoli, cadetteria) che ne hanno attaccato-non-intaccato le difese immunitarie.
Assorbito con dignità e orgoglio un biennio di precariato. Zittito a linguacce avvoltoi e coccodrilli. Adornato il tutto con una ciliegina made in Berlino, squarcio d'azzurro in un'estate a tinte fosche. Si piega ma non si spezza, si fa sentire ma non sbraita, parla ma non straparla. Ecche è, un santo? No, semplicemente Alex Del Piero. Fuori dal tempo, dentro la leggenda. Altro giro, altra corsa, altro inchino.

martedì 4 novembre 2008

La rivincita dei nerd

Imperativo categorico assoluto: piedi cementati al suolo. No voli pindarici, nessun panegirico, solo una constatazione amichevole dopo virulente litanie vomitate, spesso a ragione, contro i malcapitati. Non sia mai che un repentino rientro negli scomodi ranghi della mediocrità neghi loro i giusti onori. (segue strizzatina scaramantica ai gioielli di famiglia)
La vendetta è un piatto da consumare freddo. Tiago l’ha lasciato congelare, assieme ai bollenti spiriti infiammati giust’appena sbarcato a Torino. Una lavatrice senza filtro, portoghese di nascita e di spirito. Testa bassa, sguardo vitreo, movenze non pervenute, encefalogramma calcisticamente piatto. Nelle rare sortite in campo, era solito installarsi su di una zolla, con la quale allacciava un rapporto quasi morboso, rotto solo da sparuti rinculi e puntuali avvicendamenti. In estate ha investito (parte del)le residue riserve di grinta in una partigiana azione di resistenza ai disperati tentativi di “sbolognamento coatto” azzardati da Secco. L’ha sfangata, forte di un contratto pachidermico capace di debellare le, poche, pretendenti stoicamente sopravvissute alla sua personalissima Waterloo a tinte bianconere. Il fattore infortuni, che ha intaccato i muscoli dei colleghi e le gerarchie dell’allenatore, non lo ha sfiorato, forse per pietà; l’ecatombe di mediani gli ha addirittura consegnato le chiavi del centrocampo. Il lusitano, pur essendo portavoce di un calcio scolastico, non ha risentito dei tagli all’istruzione, e pare, anzi, aver finalmente assorbito gli insegnamenti del maestro unico Ranieri. Basta giocare a nascondino durante le esercitazioni, celandosi dietro la sottana, pardon, pantaloncini di Zanetti, o chi per lui. Il ministro Brunetta indica la retta via, stop ai ‘fannulloni’. La grinta si fa istinto di sopravvivenza, e Tiago si fa lavatrice, ripulisce palloni e la propria fedina bianconera, trasforma l’indifferenza/insofferenza del pubblico, ispessisce i propri standard prestazionali un tempo ‘alla carta velina’.
Ancor più radicale la trasmutazione emozionale collettiva sul vituperato Molinaro. I fischi che ne hanno scortato le gesta al, vero, battesimo europeo sono stati rigettati con il vigore di una sgroppata sulla sinistra, puntellata da una pennellata per la capoccia di Amauri. Non è il copione di un’utopia, ma la trascrizione di un’impresa, visti i mezzi a disposizione. E giù applausi. La fiera delle buone intenzioni ha trovato finalmente sbocco in parabole destinate a centro area e non più a centro curva, il corollario d’improperi ricacciato in gola ai diffidenti, le divergenze con la sfera di cuoio appena appena smussate. Come può uno scoglio arginare il mare (di critiche)? Semplice, non può, ma le acque si son chetate, lo tsunami settimanale è stato soppiantato dalla calma piatta. Se sia o meno l’occhio del ciclone, lo scopriremo solo sbirciando, mercoledì sera, il Bernabeu.
Già che ci siete, quella sera buttate un occhio sul raffazzonato binario di destra. Scorgerete, a meno di sorprese last minute, la sagoma minuta e sgusciante di Marco Marchionni da Monterotondo, piedi educati e muscoli di seta, l'infermeria come seconda casa. Una volta sfrattato, ha ripreso possesso della fascia, lasciata incustodita da Camoranesi, nuovo affittuario del lettino che fu del collega. [Doverosa riflessione: quando hai in rosa petali ammaccati, il mercato 'immobiliare' non conosce la parola crisi] Il caro benzina ha affossato il verde (Giovinco), troppo lussuoso per l'economia di squadra, rilanciando così il diesel romano, che ha grattugiato le resistenze del malcapitato pel di carota vichingo Riise e recapitato un delizioso bijoux alle spalle di Doni. La fiamma che incendiò Parma arde ancora. Con lei, la fiammella della speranza. Speranza che non si tratti di un semplice fuoco fatuo, buono solo per bruciare la pazienza dei tifosi, bensì l'epicentro di un incendio prossimo ad infiammare i cuori degli juventini. Ranieri versione pompiere permettendo.