domenica 14 giugno 2009

Senatori... a vita

Secco compraci Tizio. Tizio comprato. Tizio è una pippa. Tutte varianti sul tema "Aridatece Moggi". I dubbi di Nedved. Le bizze di Trezeguet. Tutte varianti sul tema "M'ama, non m'ama". Tutti ingredienti basici della tipica estate juventina.
Alt. Si profilano novità all'orizzonte: il biondino ceco ha ufficialmente appeso la casacca bianconera al chiodo. Tormentone sigillato e consegnato ai ricordi? Nient'affatto. L'ex Pallone d'Oro paventa di sgaloppare altrove, gettando nello sconforto più buio pletore di indefessi ammiratori. Il popolo bue ha così deliberato: Pavel vittima, Raiola e potentati juventini carnefici. A prescindere. Poco male se il primo ha l'umoralità di una donna gravida. Lascia per dedicarsi alla famiglia. Lascia... la Juve. Prosegue altrove. Forse. Sì, ma la famiglia? Chi lo capisce è bravo, chi non si sforza di capirlo è semplicemente furbo. Grazie di tutto, sotto col prossimo.
Chiosa riciclabile - forse - per il collega (?) Trezeguet, sfrattato a settembre dai sedici metri avversari causa inadempienze fisiche - ginocchia ballerine e conseguente doppia operazione - lingua biforcuta - vedi l'inopportuna polemica a mezzo stampa con Ranieri - e condizione approssimativa. Dismettere IL killer d'area di rigore e arruolare un giovane erede di Del Piero: eccovi servito l'incastro perfetto tra mugugni franco-argentini e nuove esigenze bianconere. Tutto molto bello, non fosse che l'esercito di pretendenti millantato dal procuratore è battuto in ritirata di fronte all'ingaggio monstre del bomber. Nessun club pare disposto a/in grado di assecondarne i pruriti economici e tecnici, indipercui si prospetta l'ennesima riconciliazione a denti stretti. E tutti vissero relativamente felici e contenti. Vada come vada, l'intoccabilità è solo un dolce ricordo.
Chiosa, questa, senz'altro riciclabile per il compagno d'attacco Del Piero, 34 primavere abbondanti ed iniziare a sentirle. La sua fisiologica altalena prestazionale caldeggia una celere caccia al sostituto. Beppe Rossi? "Giovanesperto", italiano, ma costoso. Pandev? Maturo al punto giusto, da trattare con l'uomo sbagliato, l'ineffabile Lotito. E se fosse 4-2-3-1? Come dire, seconda punta del futuro depennata dalla lista della spesa. Effetti collaterali: spazi più angusti e defilati per quella del presente. Effetti collaterali al quadrato: lanci di giacche a vento, sguardi incuputi, insoddisfazione latente, ma anche rigurgiti di classe e orgoglio. Un film già visto, per la regia di Fabio Capello e Claudio Ranieri. Alex storcerà il naso, ma il turnover è l'unica via per procrastinare il malinconico ingresso in Sunset Boulevard. Si prega astenersi da "effetti collaterali al quadrato" et similia.
L'invito è esteso al sig. Camoranesi da Tandil, piè veloce dal fisico consunto e dall'umore mestruato. L'uno e trino: il Mau-rotto, habitué dell'infermeria a costante rischio ricaduta; il Mauro scazzato, l'Indolenza che calza scarpini bullonati; il Mauro ispirato, una preziosa rarità. L'ambiguo: ama presidiare la fascia destra pur sprovvisto di passo ed indole da ala. La riforma tattica ferrariana lo costringerà, presumibilmente, ad agire da mezzala, un po' bodyguard di D'Agostino - o chi per lui - un po' fionda per Diego: idea tanto sfiziosa quanto rischiosa per gli equilibri di squadra, nonchè innaturale per un regista camuffato come l'italo-argentino. Riserva di lusso? Via maestra per l'autofinanziamento? Più la prima della seconda. Età, stipendio e storia clinico diradano le spasimanti. No offerte (serie), no(n) part...i.
Scenario in fotocopia per Buffon, il fu numero-1-dei-numeri-1, oggi secondo (almeno) all'interista Julio Cesar. "Nessun club pare disposto a/in grado di assecondarne i pruriti economici e tecnici" (autocit. necessaria). Stop.
Morale della favola: senatori spendibili sul mercato a cifre florentinopereziane non ce ne sono. Ciò non toglie che gli addii di Camoranesi e Trezeguet, campioni ultratrentenni, pluriacciaccati e lamentosi, gioverebbero al bilancio juventino, alleggerito dei munifici ingaggi dei due e rimpinguato dai milioni incassati. Tesoretto da destinare a talenti affamati di gloria, unica strada praticabile per un futuro degno del passato del club. E poi ti svegli tutto sudato, disquisendo di senatori a vita, ministri della difesa e semplici portaborse (Poulsen), consapevole che un rimpasto - con annesso ringiovanimento - di "governo" gioverebbe non poco alla causa bianconera.

giovedì 11 giugno 2009

Povero Diavolo

Uno dei sogni bagnati del presidentissimo madridista Perez prende vita. Ha le sembianze di Kakà e sfila in camiseta blanca. Colore che ingrassa. Cosa? Le casse milaniste: sessantotto-milioni-e-mezzo-di-euro sull'unghia. E l'incazzatura tifosa: le bandiere non hanno prezzo. Crolla così, dopo aver - suo malgrado - retto all'offensiva invernale emiro-mancuniana, il dogma berlusconiano dell'intoccabilità dei campioni rossoneri. Chi sbandiera il precedente Shevchenko dimentica che a) l'ucraino era prossimo a scollinare i trenta, al contrario del 27enne brasiliano, b) fu la moglie - non la società - a spingerlo fuori Milano.
Crisi mondiale canaglia. Ecco a voi il Berlusca bifronte: stigmatizza la questione nell'agone politico, salvo sbandierarla a giustificazione della dipartita calcistica del fu 22 rossonero, che, dal suo nuovo pulpito, sottoscrive motivazione/scusa e conclusione. Coordinato da chirurghi della comunicazione lo scaricabarile, assai più arduo sarà, per Galliani&co., implementare lo "scarica-bidoni" - ogni riferimento agli strapagati Dida e Kalac è puramente voluto. Non foss'altro, per i vari Mattioni, Senderos e Sheva-II-la-vendetta(di-Abramovich) sarà sufficiente imballare e rispedire al mittente.
Destino canaglia. Il neo Chelsea's coach Ancelotti ritroverà - suo malgrado, e salvo sorprese - il declinante ucraino in Albione, dopo averlo panchinato già quest'anno in rossonero. L'aziendalista di Reggiolo ha fallito la laurea in restauro: non se ne crucci, rivitalizzare la figurina-non-figurinO Ronaldinho era impresa disperata. Piuttosto, non ha saputo coltivare il talento acerbo ma cristallino di Gourcuff, germogliato nella fertile Gironda, dove ha messo radici dietro lauto - ma motivato - versamento nelle casse del club milanese.
Bordeaux canaglia. 15 milioni e cucù, il più credibile - ed economico - erede di Kakà non c'è più. L'onore/onere finisce così, per inerzia, sulle spalle cadenti del succitato Ronaldinho. La patata bollente rischia di scottare il neofita Leonardo, chiamato al capezzale di un gruppo ormai all'ammazzacaffè. L'esperienza maturata in Via Turati e la composizione dello staff a sua disposizione fanno pensare ad un ruolo più gestionale che tecnico: nessuna rifondazione - tecnica, non comunista - all'orizzonte, solo qualche ritocchino qua e là. A partire dall'attacco, per ovviare all'ormai atavica mancanza di un pivot alla Bierhoff. O alla Borriello, reduce da un'annata mutilata da infortuni e ricadute. Chiaro il profilo tecnico, meno quello anagrafico ed economico: la rosa di candidati annovera difatti petali multiformi, dall'emergente Dzeko all'onnipresente Adebayor, passando per la nuova sensazione verdeoro Keirrison, senza trascurare il "ripescato" Toni. Procedendo a ritroso, il centrocampo dovrebbe conservare il cast storico, mentre la difesa, perso il totem Maldini, conta sul recupero del sempirotto Nesta e sul mastino Thiago Silva, a libro paga da gennaio ma stoppato causa slot per extracomunitari già occupati. Da Sheva e Viudez: minuto di silenzio.
Petro-dollari canaglia. Le sirene del Chelsea rischiano di ammaliare Pirlo e Seedorf - per Pato non c'è n'è - sensibili tanto al quattrino quanto ai richiami ancelottiani. Pericolo o sollievo? Ultratrentenni, pancia piena, passo e stipendio pachidermici: o adesso, o mai più. La progettualità caldeggia la prima opzione. Il Barcellona insegna, non avendo esitato un nanosecondo a giubilare gli imbolsiti Deco e Ronaldinho - già... e qua il cerchio si chiude - per consegnare all'esordiente Guardiola una rosa spogliata di petali sfioriti e spine. La prima, significativa, svolta ha investito un settore giovanile spolpato da anni di incuria, lontano anni luce dal proprio, luccicante, passato - tre nomi a caso: Baresi, Maldini, Tassotti - e dal fertile presente altrui - dicono niente Balotelli, Santon e Giovinco? Per esorcizzare anni a venire di vacche magre occorreranno robuste iniezioni di gioventù famelica e talentuosa. Tutti maschi maggiorenni, eh. Di questi tempi, meglio specificare.

sabato 6 giugno 2009

Habemus Ciro

E fumata bianc(oner)a fu. Roba che più bianconera di così si muore: dopo un precariato-lampo di due settimane, Ciro Ferrara sarà il nuovo titolare della panchina juventina. Negli ultimi giorni, la rosa di candidati era progressivamente sfiorita, disseminando petali tra Bari (Conte) e Roma (Spalletti), inducendo così i potentati di Corso Galfer a battere la strada della continuità.
Continuità che, però, fa rima con perplessità. L'en plein centrato contro Siena e Lazio versione sbracata tratteggia un curriculum tanto benaugurante quanto trascurabile, al contrario del (recente) passato da ministro della difesa bianconera, che si presta ad un'ambigua doppia lettura: se da un lato dovrebbe preservarlo dal fuoco amico - tifosi - dall'altro rischia di esporlo a quello nemico - stampa - puntato sui rapporti con gli infiammabili senatori, compagni di mille battaglie. Il suo profilo tattico è giocoforza nebbioso, da rinvio a giudizio per insufficienza di prove, nonostante l'indizio Diego basti e avanzi per pensionare il vetusto 4-4-2 ranierano.
Il futuro di Ferrara, dunque, si scolora d'azzurro. Si godrà la Confederation Cup in panciolle dalla poltrona di casa, con la benedizione del maestro Lippi. E chissà che un giorno i destini professionali dei due non tornino ad intrecciarsi. Magari tra un anno e spiccioli, a Mondiale sudafricano concluso. La "focacciata" di Recco con Blanc, il Cannavaro-bis e l'investitura bianconera del pupillo Ciro rinfocolano l'ipotesi. La sempiterna passione per il deus ex machina blucerchiato Marotta rischia, però, di sparigliare le carte in tavola: qualora l'a.d. sampdoriano cedesse alle lusinghe di Madama, accettando la poltrona di direttore generale in luogo di Blanc, il ruolo di direttore tecnico, cucito su misura al CT azzurro, diverrebbe obsoleto. Ma questa è un'altra storia. Confusa, frastagliata, ipotetica. Se ne riparlerà a stretto giro d'orologio. Nel frattempo, luci su Ciro, grazie. E che Dio ce (glie)la mandi buona.

martedì 2 giugno 2009

Una poltrone per cinque

Dal vangelo secondo Giovanni (Cobolli Gigli), l'identikit del futuro tecnico juventino: giovane di testa, italiano, con la voglia e la capacità di caricare la squadra. Tralasciando il vacuo ed opinabile requisito finale, età mentale e nazionalità sorridono ad Allegri, Ballardini, Conte, Ferrara e Spalletti. Cinque papabili, come anticipato da Blanc. La fumata bianc(oner)a è attesa per la prossima settimana: nel frattempo, non resta che rastrellare indizi per azzardarsi a districare l'annosa matassa.
Il Cannavaro-bis, ad esempio, dipinto come Cavallo di Troia del ventilato Lippi-tris - nelle vesti di direttore tecnico - in decorrenza dal luglio 2010. Noncuranti delle (rituali?) smentite delle parti, i media, cavalcando l'onda dolce dell'amarcord, hanno probabilmente mitizzato la celeberrima merenda di Recco tra il CT e l'a.d. bianconero Blanc, cadendo nella facilonesca conclusione di cui sopra. Certo è che il tecnico viareggino gradisca l'operazione, che (ri)veste di bianconero l'anello mancante della catena centrale azzurra, completata da Buffon e Chiellini; non di meno, il suo futuro ritorno stroncherebbe sul nascere l'ipotesi-Spalletti, causa ingaggio e personalità "pesanti" e perciò inconciliabili.
Assai più significativa l'operazione-Diego, preludio al distacco dal 4-4-2 tanto caro a Conte, maldisposto a sacrificare il proprio credo tattico sull'altare di chicchesia. Al contrario, il brasiliano di Germania andrebbe a nozze col calcio spallettiano, e ben s'inserirebbe nelle alchimie tattiche di Allegri e Ballardini. Ferrara? Rinviato a giudizio per insufficienza di prove, nonostante i primi indizi di camaleontismo solido intravisti contro la Lazio inducano un cauto ottimismo. Per i motivi di cui sopra, qualora la corte serrata al cervello dell'Udinese D'Agostino dovesse sfociare in fiori d'arancio, difficilmente l'ex capitano juventino sarà presente alla cerimonia.
Un consiglio ai numerosi contiani: mettetevi il cuore in pace, questo matrimonio non s'ha da fare. Prova ulteriore e forse definitiva ne sia il ritorno del preparatore atletico Massimo Neri - già responsabile dei delicatissimi muscoli bianconeri nell'era Capello - primo tassello del nuovo staff tecnico preconfezionato dalla società. Segno che il nuovo mister dovrà prescindere dai propri collaboratori abituali, e Conte, da quell'orecchio, proprio non ci sente. Difficile, ma non impossibile, che Spalletti acconsenta a tale rinuncia; più facile, in teoria, "piegare" gli altri pretendenti, Ferrara in testa.
Quest'ultimo, in caso d'investitura, dovrà presumibilmente rimettere l'incarico di collaboratore tecnico azzurro sin dall'imminente Confederation Cup. Non che gli altri abbiano l'agenda vuota, tutt'altro. Per un Conte che gioca a "m'ama non m'ama" coi Matarrese, abbiamo i tre rivali sotto contratto con Palermo (Ballardini), Roma (Spalletti) e Cagliari (Allegri). Radiomercato, però, da i primi due al passo d'addio, tra conferme (Zamparini) e smentite (Sensi) presidenziali: in ambo i casi, tempo pochi giorni e tutto sarà chiarito. Giusto in tempo, nel caso, per raccogliere l'eredità di Ranieri. E di Ferrara.
Il Caronte bianconero, sin dal suo insediamento, non ha fatto mistero di puntare alla conferma. In due settimane scarse ha fatto bottino pieno, facendo breccia nei cuori di giocatori - depurati dalle scorie ranierane e traghettati al secondo posto - dirigenza - sensibile al suo fido aziendalismo, indizio di parche pretese - e tifosi - che intravedono in lui la risposta sabaudo-napoletana a Guardiola. Le possibilità di centrare l'obiettivo sono in lenta ma inesorabile ascesa - Spalletti permettendo - con i tre outsiders pronti a sfruttare il benchè minimo spiraglio di gloria. Perchè la volata è ormai lanciata, ma non è detto che scattare dalle retrovie pregiudichi le chance di successo. Un lustro fa, regale fu lo sprint di Capello, che sbucò dal nulla bruciando al fotofinish Deschamps. Ciro è avvertito.