lunedì 3 settembre 2007

Essere o sembrare

L'inizio sprint ha fornito a Mister Ranieri indicazioni contraddittorie.
Non inganni il bottino pieno tra A e Coppa Italia, le crepe palesate dovrebbero far riflettere la società sull'eccessiva sufficienza con cui è stato approcciato il mercato post-Bettega.
Questione di centimetri davanti a Buffon, e di personalità latitante in mezzo al campo.
Andrade e Criscito, titolari per forza vista l'imperdonabile carenza di alternative, hanno sofferto la fisicità dei vari Rossini, Larrivey e Matri, non propriamente stelle di prima grandezza del firmamento mondiale.
Maglie troppo larghe, marcature allegre ed approssimative, gli avversari sentitamente ringraziano.
Il Chiellini versione Briegel dell'esordio ha lasciato spazio al gigante impacciato di fronte alla scheggia impazzita Foggia. Differenza di passo mortificante per l'ex leader dell'Under 21, cingolato grezzo dalla lingua lunga.
Almiron, per non far sfigurare eccessivamente il malinconico Tiago, ha deciso di contendergli la poco ambita statuetta di 'nuovo Paro'. Anarchico, impreciso, indolente, timido e pasticcione, sembra il cugino sfigato del regista ammirato ad agosto. Magra consolazione, peggio di così, non può fare. Per la serie, poche idee ma confuse.
Nonostante questo (e non solo: l'isteria di Zebina, la pochezza del Brazzo e la cacarella di Iaquinta), il feeling con la vetta della classifica è rimasto tale e quale. 6 punti, 8 gol fatti e 3 subiti, ringraziando San Gigi che veglia su di noi.
Fortuna e palle ("due palle così", per la precisione) non mancano a questa squadra.
I computer della Lega hanno dato una mano, regalandoci un inizio piuttosto in discesa. Almeno fino al 4° turno, quando ci sarà il primo big match dell'anno, a Roma contro gli scatenati Spalletti boys.
Sarà un banco di prova fondamentale per la Juve, una vera 'prova del 9', dopo la passeggiata sui resti del derelitto Livorno e la sofferenza in terra sarda. Nel mezzo, dopo la sosta, l'impegno contro un'Udinese asfaltata dal Napoli de 'El Pocho' Lavezzi, rieletto (ennesimo) erede di Maradona da un pubblico dai facili entusiasmi.
Cullarsi sui primi successi è una violenza autoindotta.
Inutile illudersi, le carenze sono evidenti, il gap rispetto alle big consolidate non è stato colmato; la delusione, al momento dell'inevitabile confronto con la realtà, sarà meno duro se l'approccio del tifoso è improntato sul low profile, se paragonato alle vecchie, sfarzose abitudini.
Niente ridimensionamento o normalizzazione, ma un semplice calarsi nella mentalità operaia della squadra.
Ogni partita è una battaglia, abbiamo poco da perdere e molto da guadagnare. Questa deve essere la nostra forza.
Guai ad avventurarsi in voli pindarici di fantasia, la politica dei piccoli è passi è una necessità.
Osservando le avversarie, un posto in Champions è tranquillamente alla nostra portata.
Manteniamo un certo equilibrio.
La squadra è ancora in fase embrionale, come una larva in attesa di trasformarsi in farfalla, spiegare le ali verso orizzonti importanti.
Siamo solo la parvenza di una grande squadra.
Essere o sembrare, qui sta la differenza.
Solo il tempo scioglierà ogni dubbio sulla dimensione del gruppo di Ranieri.

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