giovedì 13 settembre 2007

Croce e delizia

Quanto è difficile essere profeti in patria.
Ne sanno qualcosa Del Piero e Trezeguet, coppia indissolubile in bianconero, sopravvissuta persino all'odissea di Farsopoli, ma relegati al ruolo di comprimari in nazionale.
Quando nel 2000 proprio David realizzò il (golden) gol decisivo agli Europei d'Olanda, Alex toccò il punto più basso della sua storia in azzurro. Pesanti come macigni quei due palloni che chiedevano solamente di essere spinti alle spalle di Barthez. Andò diversamente, come ben sappiamo.
Da quel momento in avanti, i loro percorsi con le rispettive nazionali sono andati avanti in malinconico parallelo. Fino al 9 luglio 2006.
Se infatti i Mondiali orientali e gli Europei lusitani hanno regalato solo delusioni, Germania 2006 ha sancito la vendetta del capitano. Il rigore fallito, toh, proprio da Trezeguet spiana la strada agli azzurri, impeccabili dagli undici metri, e ci regala quella coppa attesa per 24 anni.
Ancora una volta, però, non sono tutte rose e fiori.
L'Italia lippiana non contempla la presenza di una seconda punta classica come Del Piero, che passa più tempo seduto in panchina che in campo, vedendosi scavalcato persino dal più duttile Iaquinta. Stavolta nessun dualismo come nel '98 (con Baggio) e nel 2000 (con Totti), ma la solita necessità di giocare in una posizione a lui poco congeniale. Il gol contro i padroni di casa, a coronamento di una splendida sgroppata, resta una delle sequenze più belle della kermesse tedesca, ma anche una cartolina dedicata a tutti quello che lo ritengono un giocatore finito.
L'incubo di Trezeguet ha le sopracciglia folte, lo sguardo fiero e la puzza sotto il naso. In due parole, Raymond Domenech.
Che se ne dica, il CT francese ha avuto ragione. I Blues, con un gruppo considerato ormai agli sgoccioli dopo le ultime debacle internazionali, sono arrivati in finali, senza Trezeguet. La trasformazione subita da Henry, da seconda punta ai tempi del Monaco ad attaccante a tutto campo, unita alla presenza di uomini abili nel giocare palla a terra come Zidane e Ribery, sconsigliano la presenza di un finalizzatore puro come David. I fatti hanno dato ragione al tecnico.
L'ultimo confronto, sabato scorso a San Siro, è stato solo virtuale. Il bomber francese è rimasto in panchina, mentre Del Piero è stato costretto da Donadoni a rincorrere Ribery macinando chilometri senza impensierire realmente Diarra.
Comprensibile la scelta dello squalificato tecnico dei Blues, vista la decisione di puntare sulle ripartenze con i veloci (ma inconcludenti) Anelka e Henry, meno quella dell'amico di Albertini, ma non è una novità.
L'ultimo turno ha visto capovolti i ruoli: fuori l'azzurro, dentro il compagno d'oltralpe.
Il sostituto di Alex, Di Natale, realizza una doppietta che regala il successo ai nostri; Trezeguet rimane a secco, la Scozia viola Saint Denis e complica il cammino degli uomini di Donadoni.
Il dibattito infuria tra i tifosi juventini.
La carta d'identità dei due bomber parla chiaro, non sono più ragazzini, ma campioni affermati meritevoli di ben altro trattamento. Addirittura il francese è stato sistematicamente escluso lo scorso anno semplicemente perchè costretto ad un anno di B. Non che le sue prestazioni siano state esaltanti, ma l'essere osteggiato, quasi sbeffeggiato da un tecnico arrogante come Domenech, è veramente troppo.
A quando l'addio alle rispettive nazionali?
Difficile, forse impossibile, ipotizzare i nostri eroi emuli di Nesta e Totti.
Signori si nasce, e, direbbe Totò, io, modestamente, lo nacqui. Questo vale per entrambi, nonostante la sceneggiata di Trezegol contro lo Spezia. Un incidente di percorso che non inficia eccessivamente una condotta solitamente esemplare.
Mettere in chiaro ruoli e spazi con i rispettivi CT è un'esigenza improrogabile. Prima di essere campioni, sono due uomini che mai hanno fatto i capricci o affrontato con sufficienza l'onere ed onore derivante dalla maglia, azzurra o blues che sia.
In bianconero è un'altra storia. Alex, ai tempi di Capello, ha avuto le sue belle gatte da pelare, vedendosi scavalcato nelle gerarchie dall'Ibrahimovic irritante versione 2005/2006.
Superati i primi mesi di ambientamento, David, infortuni a parte, ha sempre vestito la maglia da titolare. Alla fine, i numeri però hanno dato ragione ad entrambi.
Nonostante ciò, per qualcuno Del Piero è finito, Trezeguet è un palo della luce.
Precisazione ovvia ma doverosa: il primo non ha finito di stupire e smentire i detrattori, il secondo è un campione, mica un lampione.
Double face, o se vogliamo croce in nazionale e delizia in bianconero. Ancora meglio, è la nazionale ad essere una croce, un cruccio per entrambi.
Peccato per loro, ma è pur vero che l'utilizzo a singhiozzo imposto da Domenech e Donadoni ce li restituisce freschi, incazzati e pronti a colpire.
Uno è lo straniero più prolifico nella storia del club, l'altro il re dei bomber.
Niente male per essere le riserve di Anelka e Di Natale.

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