martedì 18 dicembre 2007

Tre uomini e una maglia

Il passo da team manager a direttore sportivo non è breve. A giudicare dai risultati, è stato più lungo della gamba.
Assorbito da mille impegni, Alessio Secco ha dimenticato di inviare la letterina a Babbo Natale. Sarà che i pacchi (da Andrade a Tiago, passando per Almiron) sono stati scartati da tempo, ma di regali sotto l'albero neanche l'ombra. Si preannuncia un gennaio di vacche anoressiche, almeno in ottica mercato.
Il tesoretto scampato allo scempio estivo è al sicuro in cassa, preservato in vista di tempi propizi. I primi mesi di campionato hanno fornito preziose indicazioni, evidenziando vizi e virtù del gruppo e di conseguenza invitando ad indirizzare gli sforzi verso determinati obiettivi. Il diktat di Ranieri è chiaro, l'identikit tracciata: serve l'uomo dell'ultimo passaggio.
Il logorio fisico di Camoranesi, ormai ospite fisso in infermeria, priva la squadra di quell'imprevedibilità che il simpatico Salihamidzic è impossibilitato a concedere causa limiti fisiologici e Marchionni vorrebbe, potrebbe ma non riesce a regalare in quanto più avvezzo alle corsie d'ospedale che a quelle laterali del terreno di gioco. E non inganni la recente resurrezione di Nedved, ringalluzzito da intensivi allenamenti ad hoc dopo aver rigettato la preparazione estiva, la stessa colpevole di aver imballato le gambe avvizzite di Tiago. Il ceco è ormai all’ultimo giro di valzer, la carta d’identità parla chiaro. Avendo un chiodo fisso, Roma 2009, possibile appenda gli scarpini al chiodo solo tra un anno e mezzo, magari dopo avervi appuntato anche l’agognato alloro europeo.
L’ABC del buon direttore sportivo consiglia di condurre un mercato sottotraccia, al fine di evitare aste selvagge e speculazioni. La Juve rischia così di pagare a caro prezzo la trasparenza dei suoi uomini mercato, essendo ormai noti all’umanità intera gli obiettivi del prossimo mercato bianconero.
La margherita nelle mani di Secco ormai conta solo tre, preziosi, petali, rappresentanti Diego, Lampard e Van der Vaart, così diversi nella forma ma così simili nella sostanza, intesa come assicurare alla manovra quel salto di qualità ad oggi vanamente inseguito.
Il brasiliano è la luce del Werder, variabile impazzita e necessaria alla disciplina teutonica nonché perfetta integrazione a fisicità e grinta made in Borowski & Frings. La sua avventura in Germania è ormai agli sgoccioli, le sirene delle grandi d’Europa sono un richiamo irresistibile per le mire del ragazzo e le casse del club. Con quel numero sulle spalle (10) e quel nome (Diego) non può che essere giocatore di fantasia, sia sasso che fionda per la capacità di coniugare doti di goleador e assist-man. Ingaggio accessibile, il suo ‘tallone d’Achille’ è il prezzo, stimato sui 30 milioni ed in crescita costante. Roba da pazzi, da Chelsea o da Real.
Lampard ha il problema inverso. Età e scadenza contrattuale rendono il cartellino appetibile, ma lo stipendio da nababbo raffredda ogni interesse. Centrocampista totale con un debole per la fase offensiva ed anima del Chelsea, sarà una delle pietre su cui Don Fabio fonderà la nuova Inghilterra. Il mito calcistico dei sudditi di Sua Maestà profeti (solo) in patria merita un doveroso appunto, essendo gli inglesi piuttosto restii ad abbandonare l’amata Premier League. I migliori interpreti del football d’oltremanica si sono ben guardati dall’espatriare, lasciando via libera a schiere di comprimari, talmente modesti da suscitare l’errata convinzione di un’idiosincrasia diffusa nei confronti del calcio estero. Lo stesso Capello ha potuto constatare l’errato pregiudizio nella persona di David Beckham. Prototipo del calciatore-divo, truzzo da boyband buono solo per le riviste all’apparenza, calciatore e serio professionista nella sostanza, ha conosciuto le stalle (fuori rosa dopo la firma con i LA Galaxy) e le stelle (riabilitazione e prestazioni importanti), trascinando i suoi al titolo prima di tuffarsi nella molto ben remunerata avventura americana. L’Italia ha ospitato le gesta, tra gli altri, di Paul Ince, onesto mediano transitato con discreta fortuna da Appiano Gentile, e di quel mattacchione di Gazza Gascoigne, capace di far annegare il proprio talento in epiche sbronze. Estendendo il discorso a tutti gli abitanti dell’isola, impossibile dimenticare il fenomenale John Charles, gallese come Ian Rush, anch’egli, suo malgrado, indimenticabile. Lampard è campione vero, quindi, perché no? Ah già, 7 milioni netti annui.
Gira che ti rigira, l’obiettivo forse meno bello, ma anche meno impossibile, è Rafa Van der Vaart. Ajacide DOC, l’Amburgo l’ha salvato dalla normalizzazione consentendogli il salto di qualità in una realtà dove la sua presenza costituisce l’unica speranza di gloria. Ha più volte rigettato offerte di rinnovo, ribadendo altresì il desiderio di cambiare aria. Nemico giurato di Ibra, il che non guasta, ha una moglie bellissima, e nemmeno su questo ci si sputa. Cartellino e ingaggio sono a misura di Juve, almeno per il momento.
Altro pregio, la capacità di tagliare da sinistra al centro come Nedved, rispetto al quale vanta un maggior tasso tecnico ma minor potenza. Ranieri potrebbe così proseguire sulla strada sin qui battuta, armando una squadra camaleontica, in grado di cambiar pelle in corso d’opera. L’arrivo di Diego o Lampard lo costringerebbe invece ad abbandonare il classico 4-4-2 a favore di un modulo che garantisca maggior libertà d’azione alla nuova stella.
Entrambi, pur avendo peculiarità diverse, tali da essere virtualmente compatibili, danno il meglio se sgravati da obblighi di copertura.
Chi la maglia della Juve ce l’ha ormai scolpita addosso è Giovinco. Il talento lillipuziano sta confermando le proprie strabilianti doti tecniche in quel di Empoli, dove sta conoscendo finalmente un utilizzo costante dopo l’avvicendamento di Cagni con Malesani. E se fosse l’uomo dell’ultimo passaggio reclamato da Ranieri? In epoca di austerity e linea verde, la scelta avrebbe un suo perché. Quel ‘21’ sulle spalle, le movenze e la… capigliatura, sintomi di un futuro già scritto.
Inutile attaccarsi al passato per attaccare il presente. Mai e poi mai Moggi avrebbe investito cifre importanti su un trequartista brasiliano 22enne; l’avrebbe fatto su Lampard, il quale, però, a suo tempo preferì le sterline di Abramovich. Oggi, le aggravanti sono rappresentate da quel fascino intatto solo agli occhi dei tifosi e, tornando al discorso di partenza, una dirigenza inadeguata. Su entrambi i punti si può lavorare, e non c’è miglior spot di un grande botto di mercato. Blanc permettendo.

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