martedì 18 dicembre 2007

Andavo a 100 all'ora (poi sono andato fuori giri)

Antonio Nocerino ha visto, in questi mesi bianconeri, cose che noi umani…
Prima, una telefonata da Torino lo costringe a fare retromarcia in prossimità del casello di Firenze Sud, quando probabilmente il ragazzo aveva ormai pronti tutti i cliché dell’ex ‘gobbo’ passato in viola (già visti ai tempi di Maresca e Miccoli). Indietro tutta, refresh mentale, e via verso Pinzolo. Percorso quasi inverso per Marchisio, che prosegue sino ad Empoli dove ritrova Giovinco, compagno di mille avventure. Il mastino napoletano ha idealmente appeso sulla schiena il cartello “Lavori in corso”: torna per imparare, è l’ultima ruota del carro, parte dietro i nuovi profeti del calcio spettacolo Almiron e Tiago ed è preceduto anche dall’utile Zanetti. Ranieri lo lancia in precampionato, sintomo di fiducia e premessa ideale per una stagione da rivelazione. Dopo essersi fatto un nome come mezzo sinistro nel centrocampo a 3 del Piacenza, si ritrova diviso tra il ruolo di centrale e ala destra in bianconero. Antonio mille usi. Un lunedì sera come tanti, in pieno centro a Torino, una macchina lo investe: parabrezza distrutto. Per il ragazzo, bernoccoli, ammaccature assortite e tanta paura. Domenica c’è la Roma, e c’è pure il Noce, risalito nel frattempo nelle gerarchie di mister Ranieri. Di lì a poco diverrà spalla fidata di Zanetti, più per demeriti altrui (letargo di Almiron&Tiago) che per meriti proprio. Segue un’altalenante rendimento (parte bene, si spegne progressivamente, rinasce contro l’Atalanta, di nuovo male a Roma), ma è ormai un punto fermo in costante movimento nel rettangolo di gioco.
Foriero di buone intenzioni, purtroppo i piedi vanno per i fatti loro, tanto da farne paladino del gioco alla ‘viva il parroco’. Il dinamismo lo salva dalla panchina, essendo le sue carenze meno drammatiche nell’economia di squadra rispetto all’inconsistenza dei due titolari designati. Avrebbe bisogno di tirare il fiato, ma i delicatissimi equilibri dell’undici di Ranieri lo rendono imprescindibile, il che rende l’idea dell’attuale dimensione dei bianconeri. La sosta, a questo proposito, cade al momento giusto.
Il peso specifico del suo (spezzare il) gioco lo si è visto proprio nel momento in cui è mancato, come contro la Lazio. I limiti della coppia centrale Legrottaglie – Chiellini sono emersi prepotentemente al cospetto del terzetto formato da Mauri, Rocchi e Pandev, non esattamente emuli delle gesta del mitico trio GreNoLi. E’ tuttavia bastata la loro generosità per mandare in tilt i meccanismi difensivi bianconeri. Piccola consolazione, per il primo Legrottaglie visto a Torino una prestazione del genere sarebbe stata la norma, alla luce della recente rinascita è invece un’eccezione. Rocchi sentitamente ringrazia ma maledice i riflessi felini di Buffon. Chiellini alterna pasticci ad interventi risoluti, e ci aggiunge le dormite su entrambi i gol (I, l’ex Primavera juventino lo anticipa; II, buca l’anticipo di testa su Pandev). Lo scarso filtro del mastino napoletano ha certamente agevolato ed ingigantito gli errori individuali. Lui stesso ha svirgolato clamorosamente un rinvio consegnando a Mauri il pallone del vantaggio, a tu per tu con Buffon. Nella ripresa fatica a trovare la posizione nel rombo di centrocampo, lasciando al povero ma ricco d’idee Zanetti l’onere di gestire le due fasi di gioco.
Ormai si parla di fase difensiva, che vede coinvolti a rotazione tutti gli effettivi con responsabilità quindi diffuse in caso di carenze d’impianto. Ne consegue la necessità di individuare quel rinforzo in grado di garantire meno patemi a Buffon, prima di pensare ad iniettare qualità in mezzo al campo, altrimenti il rischio di un nuovo rigetto è alto. Con tutto il rispetto, difficilmente potrà essere Mellberg a consentire il salto di qualità ad una squadra in cerca di certezze. Domanda da 10 milioni di euro (circa): per Secco, Lugano è solo una città della Svizzera?

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