lunedì 15 ottobre 2007

Non c'è rosa senza spine: Nedved (III)

Da Furia Ceca a furia cieca, nel senso che, pur continuando a macinare chilometri, il pallone lo vede poco.
Pavel Nedved, l'uomo dalla rotula tripartita, vaga per il campo senza meta come un Tiago qualsiasi.
Mai domo, mai prono... mai decisivo.
Gli infortuni di Camoranesi e Marchionni, ormai prossimi al rientro e le lune storte di Del Piero lo costringono agli straordinari.
I due uomini deputati a portare qualità in mezzo al campo, Almiron e Tiago, sono ancora in ferie, cosicché ci dobbiamo affidare ai soliti noti, Buffon, Zanetti, tanto sottovalutato quanto indispensabile, e Trezeguet, con la new entry Iaquinta.
E' una storia già vista.
I primi mesi di Nedved furono tormentati, tanto da essere puntualmente richiamati alla mente ogni qual volta si discute del già citato oggetto misterioso portoghese a mo' di appiglio. Il passaggio dal 4-4-2 classico al centrocampo a rombo avente nel ceco il vertice avanzato cambiò l'inerzia della stagione culminata nella Caporetto interista del 5 maggio.
Da lì ad arrivare al Pallone d'Oro, il passo fu breve, ma non indolore. Come dimenticare quella sciagurata ammonizione presa per un inutile fallo a metà campo, a risultato ormai acquisito, nel corso della semifinale contro il Real. Ecco manifestarsi, nella maniera più atroce, il rovescio della medaglia del suo essere un’inesauribile trottola. Dopo il triplice fischio dell'arbitro, sul volto di Pavel fanno capolino le lacrime amare di chi si è visto sfilare la possibilità di coronare un sogno cullato da anni, sin da quando, ancora ragazzino, si allenava con cura maniacale sui tiri da fuori area, divenuti poi un suo devastante tratto distintivo. Come è finita poi la finale di Manchester, senza Pavel, lo sappiamo bene.
Seguiranno anni a corrente alternata, anche a causa del rigido tatticismo di Capello, fruttuoso in Italia ma avaro di soddisfazioni in Europa, rimasta il vero cruccio del ceco.
Confinato a sinistra, discontinuo nella giocata che l’ha reso devastante, ovvero il movimento a pendolo sinistra-centro con bolide indirizzato alle spalle del portiere, la sua fortuna è stata la scarsa concorrenza, prima di Kapo poi di un Mutu rimpianto, ma non certo come ala.
La B, con il suo calcio fisico e rude, ci ha restituito il vero Nedved. Dei pochi campioni rimasti, gli unici ad aver onorato sempre la maglia sono stati, oltre al ceco, Buffon e Del Piero. Qualsiasi riferimento agli svogliati Camoranesi e Trezeguet è voluto, fortissimamente voluto.
L'estate regala il solito tormentone: Pavel si ritira o no?
Il contratto scade a giugno 2008, eppure qualcosa non va. Si scopre che, ai tempi della Triade, il biondo di Cheb aveva accettato una decurtazione dell'ingaggio per venire incontro alle esigenze di bilancio, arrivando a guadagnare meno di Boumsong e Kovac, i Gianni e Pinotto della difesa bianconera. Non vuole mica la luna, Nedved, semplicemente si aspetta che la nuova società, quella dell'etica e della trasparenza, mantenga le promesse fatte a suo tempo. Trattandosi degli stessi signori che hanno millantato un ricorso al TAR per poi ritirarlo con la coda tra le gambe, non è poco. La trattativa, infatti, va avanti a lungo, e addirittura si prospetta un trasferimento del numero 11 all'Inter. Paura e delirio, ma se al tavolo delle trattative siedono, da una parte Secco, dall'altra Raiola, l'impossibile diventa possibile. La differenza, come in campo (non quest'anno), la fa Nedved, il quale di sottomettersi ai magheggi del sedicente manager non ci pensa nemmeno lontanamente. Contratto adeguato, e tutti vissero felici e contenti.
Fino ad oggi, se non altro. Come detto, questo Nedved è lontano parente del Pallone d'Oro.
Shhhhh, meglio dirlo sottovoce, altrimenti si rischia di essere insultati.
In nome di non si sa bene cosa, attaccare, un nome a caso, Del Piero, è diventato lo sport nazionale più praticato da molti juventini, mentre l'immunità di cui gode il ceco è seconda solo a quella dei parlamentari italiani, cribbio.
Lo salva probabilmente la grinta. Una cosa che non gli si può rimproverare è l'impegno, mai venuto meno, nella buona e nella cattiva sorte, nella salute e nella malattia.
Il suo spirito da Braveheart è imprigionato in un corpo incapace di rispondere come ai tempi d'oro. Vorrei, ma non posso, insomma.
Nedved è unico, tanto da non essere presenti in organico un giocatore che incorpori tutte le sue qualità. I possibili sostituti del biondino sono molteplici a seconda del modulo scelto da Ranieri, ma tutti con un approccio al ruolo diverso dal ceco.
Nel 4-4-2 il vice Nedved è Marchionni (ora out), comunque più a suo agio sull'altra fascia. Essendo un'ala pura, da lui ci si aspettano quei cross che Trezeguet reclama vanamente da un anno e mezzo. Altre soluzioni, come l' arretramento di uno tra Del Piero e Palladino, l'avanzamento di Molinaro o lo spostamento del jolly Salihamidzic, sono da valutare solo in determinati momenti della partita o in casi d'emergenza.
Il 4-3-1-2 proposto a Roma, Pavel ha giocato a centrocampo sul centrosinistra, mostrando impegno ma facendosi notare solo in occasione del rigore procurato. La sua posizione ideale sarebbe dietro le due punte, laddove può agire un Del Piero poco propenso ad arretrare il proprio raggio d'azione. Sarebbe una sorta di ritorno al passato, ovvero all'era Lippi, quando il cambiamento tattico fu la chiave della stagione, e della carriera del ceco. Lo scorso anno, dall'alto di una, per fortuna irraggiungibile, incapacità di leggere la partita, Deschamps lo schierò in posizione centrale nella partita sbagliata, in casa contro un Albinoleffe capace di chiudere pure gli spifferi in mezzo. Risultato? Spazi intasati, 0-0. Tornando ad oggi, un modulo del genere impedirebbe il reinserimento del già citato Marchionni, ma attenzione, con il suo passo può essere l'uomo in più della squadra.
Le caratteristiche di Trezeguet inducono ad escludere un ipotetico 4-2-3-1.
Ora sta a Nedved ritrovare se stesso; gli impegni delle nazionali e la conseguente sosta lo agevolano, non la carta d'identità, purtroppo inequivocabile. Il tempo passa per tutti.
Ci sarebbe un tesoretto di 20 milioni circa, ma la priorità spetta alla difesa, inoltre acquistare a gennaio comporta un bagno di sangue, inevitabile se i dirigenti sfoderano il braccino corto a luglio e agosto.
Post scriptum: ci sarebbe pure un ragazzino di 20 anni ad Empoli, capace di infiammare il pubblico con uno stop, che ha trovato sulla sua strada un allenatore, Cagni, che lo vede a giorni alterni. E' Sebastian Giovinco, è nostro, è gratis, riportiamolo a casa. Rischio zero, non abbiamo niente da perdere, solo da guadagnare.

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