lunedì 15 ottobre 2007

Non c'è rosa senza spine: Del Piero (IV)

Il suo nome è sulla bocca di tutti.
Di chi sto parlando? Suvvia, è facile. Un aiutino: né Mentana, né Vespa gli hanno dedicato una trasmissione, quindi non è Alberto Stasi. E’ un calciatore, ma non si rende protagonista di figure di emme in Champions, ergo non si tratta di Dida.
Per esclusione, rimane solo lui, Alessandro Del Piero, numero 10 della Juventus… per quanto?
Quel “quanto” si presta ad una duplice interpretazione: la prima, intesa come tempo; la seconda, più maliziosa, come denaro.
Il capitano vive un periodo contraddittorio, combattuto tra la gioia per l’imminente paternità e il dispiacere per la sua situazione calcistica.
Ogni trattativa di mercato è come un parto, il rinnovo di Del Piero è ancora in travaglio. Auguri a Sonia per una soluzione più rapida ed indolore.
Ormai tutti han detto la loro sulla vicenda, mancano giusto Flavia Vento e Melita la “diavolita”. Confido in Studio Aperto, visto che a Buona Domenica sono concentrati sulle nozze di Briatore.
Già, Briatore. C’è spazio anche per lui in questa intricata vicenda.
Neo proprietario del glorioso decaduto Queen’s Park Rangers, disposto a tutto pur di avere il capitano bianconero. Possibilità di successo: 0.001%, praticamente pari a quelle che ha Fisichella di vincere un GP con l’attuale Renault.
Considerando età ed ingaggio, Del Piero non ha la fila di pretendenti sotto casa. Eppure, se volesse, Ancelotti lo accoglierebbe a braccia aperte. La politica del Milan, improntata su uomini d’esperienza che combinino classe, immagine e marketing, Collina, pardon, collima perfettamente con le caratteristiche del 10 bianconero.
Manca un tassello, fondamentale, perché si completi il mosaico: la volontà del giocatore, e conoscendone lo stile, è molto difficile immaginarlo di rossonero vestito, o comunque da avversario. Un Cavaliere non abbandona mai la sua Signora, nemmeno per gli euro del cavaliere di Arcore.
Ci sarebbero le ipotesi Arsenal e Manchester, dove gode della stima dei rispettivi tecnici e ci sono giovani talentuosi pronti ad apprendere da lui, oppure altri club inglesi di minor prestigio. Altre possibilità, come USA e Giappone, sono da scartare, perché sinonimo di pensione anticipata.
Il finale è, insomma, già scritto, manca solo la firma a suggello di un rapporto sopravvissuto alla B.
Per rimanere bianconero, Alex dovrà ridimensionare le proprie pretese.
Recedere dalle cifre del sontuoso contratto strappato da Pasqualin non è semplice, ma necessario.
Il miglior Del Piero se n’è andato con il passare degli anni, rimettendoci pure un ginocchio, ma la capacità di essere decisivo ce l’ha nel DNA. Si è soliti dividerne la carriera in due tronconi, prima e dopo il terribile incidente di Udine, datato 8 novembre 1999. Numeri e sensazioni si scontrano: i primi parlano di una miglior media gol nel periodo post-infortunio; le seconde della nostalgia per il giocatore che fu. A chi dar ragione? Ad entrambi, trovando il giusto compromesso, come quello finora vanamente cercato da Blanc e Stefano Del Piero, fratello e manager del capitano.
Con il passare degli anni, Alex ha ristretto il proprio raggio d’azione, finendo per giocare quasi da prima punta, e questo spiega pure il crescente feeling con la porta avversaria. Necessità del collettivo e scriteriate scelte tattiche, in azzurro, lo hanno costretto ad agire addirittura da esterno. In futuro potrebbe non avere più questo problema. Escluso dai convocati per la sfida contro la Georgia, nonostante un momento non certo brillante viene spontaneo collegare la scelta di Donadoni al colloquio avuto con il giocatore per chiarirne le modalità d’utilizzo. Pinturicchio non si arrende di certo, l’obiettivo sono i prossimi Europei, il sogno Sudafrica 2010. Per quell’anno, l’attuale CT potrebbe aver già fatto i bagagli. Sfatiamo un altro falso mito: Del Piero ha fallito in azzurro. Campione del mondo, miglior cannoniere azzurro in attività, trascinatore nelle fasi di qualificazione.
Quando si parla di lui, le esagerazioni sono all’ordine del giorno.
Basta poco, una panchina o una sostituzione, per parlarne in toni catastrofici, che spaziano dal “caso Del Piero” al “Del Piero è finito (?)”.
Che ci volete fare, è fatto così. Parla con gli uccelli, non ama essere sostituito, non saluta la curva ad ogni coro come fa Buffon, ed infatti qualcuno vorrebbe affidare la fascia da capitano a quest’ultimo, quello che per due estati di fila è stato vicinissimo al Milan, e senza Farsopoli sarebbe sicuramente rossonero.
L’aspetto più curioso è rappresentato dall’estrazione calcistica dei contestatori di Del Piero. I primi ad attaccarlo sono i tifosi bianconeri. Tra le molteplici critiche legittime derivanti da prestazioni insoddisfacenti, ci sono coloro che spuntano giusti giusti quando il nostro sbaglia una partita, infierendo con atteggiamento maligno e godereccio, mai, comunque, quanto farò io con loro il giorno del rinnovo del capitano. Immagino i loro travasi di bile, e godo.
Ultimamente, per la gioia di certi detrattori, Del Piero è tornato Godot.
All’esordio viene sostituito da Iaquinta sull’1-0, in coincidenza con il calo del Livorno e l’inizio della goleada, sancita dalla doppietta di Vincenzo. Si inizia così a profilare un nuovo dualismo, dopo quelli con Baggio, prima in bianconero poi in azzurro, Totti ed Ibrahimovic. Da segnalare come il primo gol dell’ex Udinese sia arrivato su rigore e il secondo per una fortunosa deviazione su tiro da fuori di Nedved. La prima rete, firmata Trezeguet, è stata propiziata dal perfetto assist di Del Piero. Contro il Cagliari, prestazione scialba. Aggravante, un pallone sparato alle stelle con la porta vuota spalancata davanti; salvagente, un gol e l’assist per il 2-3 di Chiellini. La domenica seguente, in casa contro l’Udinese, sale di tono, ma colpisce ben tre legni. A Roma, da trequartista, disputa un discreto match, con la macchia del rigore sbagliato. Seguono la panchina causa turnover contro la Reggina, il buon derby e l’esclusione di Firenze, motivata secondo i maligni da una telefonata dall’alto, più realisticamente da una forma che stenta ad arrivare.
Gli episodi lo hanno palesemente sfavorito. Due pali, una traversa, un penalty fallito, altri non concessi. Intestarditosi nei dribbling, come se dovesse dimostrare chissà cosa a chissà chi, vive certamente un periodo di difficoltà. Porre l’accento su determinati aspetti omettendone altri, si finisce per stravolgere la realtà.
Una storia d’amore come quella tra la Vecchia Signora e il suo Cavaliere non può e non deve finire così. Per il bene di tutti, urge chiudere la querelle al più presto, tenendo presente che non si tratta della fine, ma di un nuovo inizio, l’ennesimo dopo 14 anni insieme.

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