mercoledì 10 ottobre 2007

Non c'è rosa senza spine: Almiron & Tiago (II)

Doveva consentire il salto di qualità al centrocampo bianconero.
L'acquisto più costoso dell'ultima sessione di mercato, segno inequivocabile di una scelta precisa: addio alla mediana muscolare di capelliana memoria, spazio alla qualità.
Le (buone) intenzioni sono rimaste tali.
Tiago Cardoso Mendes, classe 1981, è l'oggetto misterioso della Juve di Ranieri.
Pagato 13 milioni al Lione, presentato insieme ad Almiron, suo gemello designato, nelle gerarchie del tecnico è stato presto scalzato da Zanetti e Nocerino.
I motivi di questa debacle sono oscuri.
Ha pagato certamente la preparazione, abituato a ritmi più blandi tipici di Inghilterra e Francia. In data 10 ottobre, però, non può essere l'unica ragione.
Tatticamente, il miglior Tiago, fuori dal Portogallo, lo abbiamo visto a Lione, schierato nel centrocampo a 3 sul centrodestra.
Le sue peculiarità, la capacità di trasformare i palloni sporchi in giocabili e gli inserimenti offensivi.
Di lui, Scolari, CT del Portogallo, ha detto: "Non da mai meno del 70% e meno del 90%".
Il presidente del Lione Aulas, dopo averlo piazzato a Torino, ha fatto intendere di averci rifilato un pacco, ponendo l'accento sui problemi fisici del ragazzo. Di primo acchito, si può pensare alle farneticazione di un uomo consapevole di aver indebolito la propria squadra. Alla luce delle rare e sconsolanti prestazioni del nostro, le parole di Aulas acquistano un significato sinistro.
Al momento della formalizzazione dell'acquisto del portoghese, le posizioni di Camoranesi e Nedved erano ancora in bilico a causa di grane contrattuali.
Ecco una possibile chiave di lettura dell'affare: nel timore di perdere uno dei due, forse l'italo-argentino, la dirigenza si è cautelata con il pupillo di Mourinho.
Certamente, il primo obiettivo per il centrocampo era Frings, quindi Tiago costituisce un ripiego, una seconda scelta.
Il tedesco è un mediano di quelli che si attaccano alle caviglie avversarie sin dal fischio iniziale. Un po' come Sissoko, dotato di un tasso tecnico maggiore tanto da meritarsi l'etichetta di nuovo Vieira. Lanciato da Ranieri ai tempi del Valencia, è stato a lungo nel mirino degli uomini mercato bianconeri. Come spesso accade, a questo punto, le versioni si fanno discordanti. Il calciatore fa sapere di aver rifiutato la proposta della Juve; altri affermano che sia stato scartato per problemi di salute (chi ad un occhio, chi ad un ginocchio); altri ancora parlano di una bocciatura da parte dell'allenatore, causa scarsa personalità.
Le caratteristiche di Tiago, come detto, sono diverse.
E' un incursore, non un mastino.
Può giocare assieme ad Almiron (il Juninho di turno) se affiancati da uno tra Nocerino e Zanetti, onde evitare di sbilanciare la squadra.
Il soprannome di "lavatrice", affibbiatogli ai tempi di Lione, è dovuto alla pulizia nel tocco di palla che gli consente di rendere giocabili palloni infidi. Attenzione, dunque: non ne esalta le doti di faticatore. Doti che non ha.
Se dirigenti e allenatore lo avessero scambiato per un emulo di Gattuso, urgono dimissioni immediate per manifesta incompetenza.
Impiegato per 90 minuti solo a Parma in Coppa Italia, dove ha sfoderato una prestazione tutt'altro che memorabile, ha sostituito Almiron alla prima di campionato e Zanetti alla terza, avendo modo di disputare una quarantina di minuti vicino all'argentino, suo gemello designato, autore di una prova disastrosa, come a Cagliari la settimana prima. Nel turno infrasettimanale, avversaria la Reggina, ampio turnover, spazio ad alcune riserve, tra cui Tiago. Schierato trequartista alle spalle di Trezeguet e Palladino, dopo 20 minuti incoraggianti, si è improvvisamente spento. Alcuni tifosi, abbagliati da un inizio promettente, ne hanno valutato positivamente la prestazione. Al contrario, ha palesato tutti i suoi limiti.
Molto dotato tecnicamente, vedi lo splendido lancio per Palladino o il doppio uno-due con il napoletano nella ripresa, si è mosso poco, evidenziando una scarsa personalità e il difficoltoso inserimento nei meccanismi della squadra. I proverbiali inserimenti senza palla sono rimasti a Lione, assieme al vero Tiago. A Torino è sbarcato il cugino scarso, eccessivamente compassato e ormai complessato.
Anacronistici e distruttivi, anzichè costruttivi, i paragoni con i vari Nedved, Sousa e Zidane, campioni esplosi a scoppio ritardato, tra problemi fisici ed equivoci tattici. Addirittura, qualcuno ha scomodato l'immenso Platini, tormentato dalla pubalgia durante i primi mesi torinesi. Tra l'altro, ai tempi del connazionale Sousa, il preparatore era Ventrone. Ci fosse ancora il 'Marine', Tiago andava raccolto con il cucchiaino.
Per uno che continua ad andare a fondo in un oceano di mediocrità, c'è chi si è ricordato di come si nuota e rimane a galla.
E' Almiron, tornato a Firenze su discreti livelli. Ha confermato di avere le qualità tecniche per far girare la squadra, gli mancano continuità e personalità. La sosta arriva al momento sbagliato, rischiando di intaccarne la crescita.
Dopo averlo visto a Cagliari contro l'Udinese, l'unica consolazione è stata pensare che fare peggio è davvero impossibile.
La squalifica di Zanetti ne ha reso necessario il ripescaggio, ma con tutti gli effettivi a disposizione, l'italiano è titolare a fianco di Nocerino.
Questo fatto non può che far riflettere chi ha speso 22 milioni per due panchinari, sbolognando troppo in fretta Marchisio.
L'ex direttore d'orchestra dell'Empoli resterà certamente, almeno sino a giugno.
Tiago si dice abbia chiesto la cessione. Interessa in patria, dove i soldi scarseggiano ma qualche contropartita tecnica appetibile, volendo, si trova. Si parla di un possibile scambio con Luisao, centrale del Benfica. Dio ce ne scampi, di Boumsong ne basta uno.
L'unica via plausibile, a meno di non trovare un pazzo disposto a sborsare 13 milioni per lui, è tenerlo, sperando che si desti dal torpore. Non è facile, anche tatticamente, trovare un compromesso buono per tutti.
Meditate, gente, meditate. Soprattutto (su) Secco...

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