martedì 2 ottobre 2007

Bettini come la Juve?

Hanno tentato di annientarlo, se lo sono ritrovato più incazzato e motivato che mai, campione del mondo per la seconda volta consecutiva, impresa riuscita solo a pochi.
Dalle stelle alle stalle e ritorno per Paolo Bettini, nonostante ombre infamanti gettategli addosso da chi "si interessa di ciclismo una volta l'anno" (parole sue).
Una persecuzione ingiustificata, brutta storia. Noi juventini ne sappiamo qualcosa.
Doloroso flashback: la Juventus vince il suo 29° scudetto, ma la gioia è effimera. Il 31 agosto arriva la sentenza definitiva: è Serie B. In aggiunta, 9 punti di penalizzazione (all'inizio erano 30, ridotti prima a 17, poi a 9 in Camera di Conciliazione). Niente TAR e/o TAS, alla faccia delle promesse. Dopo una stagione tormentata, il ritorno in A. Moggi, il male del calcio, è stato estirpato, ora il mondo del pallone è pulito. Dimenticavo, Babbo Natale esiste davvero.
C'è qualcosa in comune con la vicenda Bettini?
Riassunto delle puntate precedenti:
Bettini non firma il protocollo antidoping, che prevede il versamento di un anno di stipendio in caso di positività accertata; l'organizzazione dei Mondiali lo vuole fuori, fa richiesta all'UCI: respinta, l'italiano corre, e vince.
La risposta è, quindi, sì.
Innanzitutto, sia Bettini che la Juve, al momento dello 'scandalo', erano i più forti, almeno dal punto di vista prettamente sportivo.
Due obiettivi potenzialmente facili, però, a causa di una firma in meno (Bettini) e di qualche telefonata di troppo (Moggi, quindi Juve).
La sete di giustizialismo (sommario) era (nel caso del ciclismo, è) molto forte, e finisce per travolgere in molti. Già, non tutti. L'immunità di cui godono i corridori spagnoli e certe squadre nel calcio è sintomo inequivocabile di malaffari e della presenza di figli e figliastri.
Ecco spuntare qualche gola profonda pronta ad alimentare sospetti. Sinkewitz, ex compagno di squadra del corridore toscano, lo accusa di avergli procurato sostanze dopanti ai tempi di comune militanza tra Mapei e Quick-Step. Per quanto concerne la Juve, l'elenco è in continuo divenire.
Attenzione, però, perchè l'aspetto che distingue i due casi in maniera sostanziale riguarda il percorso. In parole povere, la squadra bianconera è tornata in A dopo aver pagato oltremisura per colpe non ben accertate, ed è stata l'unica; Bettini ha vinto la sua battaglia sin da subito, grazie all'appoggio dell'UCI, e ha vinto alla faccia degli organizzatori.
Il 'Grillo', insomma, a parte la sofferenza psicologica, tramutata poi in grinta, vero motore di questo straordinario atleta, ha potuto prendere il via. La Juve, no.
E' andata male invece a Danilo Di Luca, vincitore dell'ultimo Giro d'Italia e fermato alla vigilia del Mondiale con una tempistica quantomai sospetta. A pensar male, spesso ci si prende, ed il fatto che una vecchia storia (l'inchiesta "Oil for drugs" risale al 2004, e l'abruzzese è stato già assolto due volte) sia rispuntata proprio l'indomani della vittoria all'ultima corsa rosa fa riflettere, così come l'ennesima riemersione dell'affare prima di Stoccarda 2007. Ad aggiungere nubi alla vicenda, la sospensione limitata a domenica 30, giorno della corsa in linea. Da lunedì, difatti, Danilo è tornato regolarmente in gruppo; non è stato, insomma, squalificato.
Centro, qui il parallelismo con Farsopoli è ancor più chiaro. Niente A per la Juve niente Mondiali per Di Luca. Entrambi vittime di una giustizia che definire tale è inappropriato.
Con un augurio, tornare quelli di prima al più presto, per rispondere sul campo ai veleni, come sempre fatto, sino a prova contraria. Che non c'è.

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