domenica 13 gennaio 2008

Costo zero, rendo tanto

Il calcio è pieno di luoghi comuni. Uno dei più frequenti riguarda i parametri zero. "Sono scarti, quindi scarsi", si dice.
Le teorie, o presunte tali, sono fatte per essere smentite. La suddetta non fa eccezione.
Prima, una doverosa premessa: da soli, non bastano, ma, come i giovani, se di qualità, fanno comodo.
Entriamo nel dettaglio.
Parole? No, fatti.

Brasile, terra di attaccanti.
Al contrario, i portieri brasiliani viaggiano da sempre con una valigia ricca di sogni e pregiudizi. Gilmar, e il nulla. In principio fu Taffarel, titolare in verdeoro e confinato da noi alla provincia emiliana. La svolta si chiama Nelson Dida. Il drammatico battesimo di Leeds, dove papereggia anticipando le odierne 'didate', sembra il preludio ad un rapido ritorno a casa. L'annata è balorda, inevitabile quando gli acquisti estivi si chiamano Saudati, Coco, Comandini e 'polistirolo' Redondo. Tanto basta per infliggere un drammatico 0-6 all'Inter di Tardelli nel derby. Questa, però, è un'altra storia.
Dida, come da copione, sale su un aereo destinazione San Paolo. In tasca, un biglietto andata e ritorno, da riutilizzare un anno dopo, quando a Milanello scoprono che, in fondo, 'sto lungagnone pettinato strano non è niente male. Da allora, prima un crescendo rossiniano, culminato nell'amare (per noi juventini) notte di Manchester, e l'inarrestabile declino, avviato il 12 aprile 2005 da un infido petardo simbolo della follia interista, fino al clamoroso infortunio che regala l'ultimo derby ai cugini. Vendetta, tremenda, vendetta.
L'altra porta, e qui arriviamo al sodo, è presidiata da Julio Cesar, il nuovo che avanza, sorpresa non più, ormai splendida realtà, il miglior portiere umano del mondo.
Eppure, le premesse erano scoraggianti. Assaggia la gavetta nel Chievo, dove pianta le tende in panchina, eppure, una volta sbarcato a Milano, impiega pochi mesi a conquistare Mancini, scacciando l'etichetta di "compagno-della-prima-'Ronaldinha'" e ricacciando l'ingombrante Toldo presto ridotto a numero 12. Il prosieguo della storia è noto a tutti.
I nipotini di Gilmar fanno proseliti anche più a sud. Rubinho, ma soprattutto Doni. Storia alquanto curiosa, quella del guardiano romanista. Pur di approdare all'ombra del Colosseo, paga di tasca sua i 18000 euro della clausola di rescissione troncando così il legame con la Juventude. C'è chi, nello spettacolo, si rifà il davanzale, e chi, nel calcio, sgancia quattrini in prima persona per liberarsi pur di spiaccare il volo verso lidi più prestigiosi. Sempre di investimento su se stesso si tratta.
La Roma, in tutto questo, gli paga solo l'ingaggio, che presto dovrà essere giocoforza ridiscusso per ricacciare le sirene rossonere. Partito alle spalle di baby Curci, le incertezze di quest'ultimo gli spianano le porte del campo. Entra prima di un derby, non uscirà più, pur regalandosi qualche papera. Buon portiere di suo, eccellente nel rapporto qualità/prezzo.

Sempre di brasiliano si tratta, ma ha conosciuto gloria calcistica in Olanda prima ed Italia poi.
Assieme ad Emerson e Ibrahimovic, suo compagno nell'Ajax, Maxwell fa capolino nel box Ferrari, accompagnato dall'ex responsabile marketing della Juventus Romi Gai. Per la cronaca, la gara vedrà interrompere il monologo Schumacher, confermando così la fama di iettatore che accompagna il Puma sino ai giorni nostri. Dei tre, l'unico a non vestire il bianconero sarà proprio il terzino sinistro ajacide, complice un infortunio di quelli belli tosti, i legamenti del ginocchio destro fanno crack, la Juve fa ciao ciao. In Via Durini, per una volta, dimostrano lungimiranza, credendo nel ragazzo e girandolo all'Empoli per aggirare quella rompiscatole di una norma sugli extracomunitari. In Toscana recupera condizione e fiducia, a giugno approda alla corte di Moratti e si impadronisce della fascia.
A Roma, dopo una vita da gregario in provincia, Max Tonetto si scopre stantuffo inesauribile, inanellando prestazioni talmente positive da destare l'attenzione persino del CT azzurro Lippi.

Torniamo a Milano, nuova capitale del calcio italiano. Qui, sempre su sponda nerazzurra, troviamo il re dei parametri zero. Esteban Cambiasso, motorino imprescindibile per gli schemi di Mancini. Spada o fioretto, per lui, memore di un infanzia da enfant prodige come volante dell'Argentinos, non è un problema.
Tanti anni fa, e soprattutto tanti capelli fa, ancora minorenne sbarca a Madrid, salvo essere rimbalzato indietro, sballottato tra Independiente e River, fino al ritorno all'ovile spagnolo. Le promesse di gioventù sembrano disattese, le due annate in camiseta blanca sembrano confermarne l'involuzione. Il contratto è in scadenza, molti fiutano l'affare, l'Inter affonda il colpo e lo fa suo.
Il mediano argentino approda lungo i Navigli con un futuro importante alle spalle. Si dimosterà uno dei più grossi abbagli presi dalle dirigenze madridiste, eppure l'elenco è lungo. Del Cambiasso predestinato e idolo delle ragazzine, è rimasto solo il ciuffo. Oltre alla qualità, si capisce, che ne fa uno dei migliori interpreti del pianeta.
Si busca un brutto raffreddore? Un infortunio? No problem, c'è Olivier Dacourt, ex compagno di quel Rodrigo Taddei, anni fa al centro di un menage a trois, protagoniste Siena, Juve e Roma e oggi apprezzata ala della Roma spallettiana.
A proposito di menage a trois, riavvolgendo il nastro della memoria, indimenticabile la doppia firma apposta da Luis Figo, allora nuova speranza lusitana, sui contratti siglati con Parma e Juve. Tra i due litiganti, il terzo, Barcellona, gode. C'è ancora il Real di mezzo. Prima lo acquista a suon di pesetas dagli odiati cugini, poi lo sbologna a parametro zero. Di lui si diceva: "E' finito". Cazzate.
E ancora, gli amici di Guido, la Juve e Dejan Stankovic, anch'egli centrocampista dal gol, e dalla firma, facile. Prima con Moggi, poi il passo indietro, e dritti verso Milano.
Mancini ha insomma a disposizione una pletora di svincolati, e ci scappa pure la riserva, quel Cesar a lungo bramato, poi rinnegato, successivamente tolto dalla naftalina, un po' livornese, un po' brasiliana.

Questi sono solo alcuni esempi, freschi ed 'italiani', della bontà di questa tanto vituperata, dai tifosi, politica. La questione è un'altra: bisogna saper scegliere, ma il discorso vale pure, anzi, soprattutto, nel caso di investimenti onerosi, dove il rischio di flop economico oltre che tecnico incombe.
Volendo tracciare un bilancio dei primi mesi della Juve di Ranieri, il più positivo tra i nuovo è probabilmente Hasan 'Brazzo' Salihamidzic, il cui arrivo è stato accompagnato da commenti freddini presto rispediti ai mittenti con prestazioni convincenti per abnegazione e sostanza.
Gli stessi Marchisio e Giovinco, cresciuti a pane e Juve, non sono costati nulla.
Giovani, svincolati, e, ovviamente, campioni. Questi gli ingredienti per una ricetta vincente. E se, come pare, gli ultimi latitano, meglio oculati investimenti su giovani di talento o svincolati di lusso.
Ujfalusi, centrale riciclato terzino a Firenze, presto svincolato, è un invito a nozze. O no?
Maduro, duttile, giovane e talentuoso... serve altro?
E' preferibile Sissoko (15 milioni) a Flamini libero a giugno?
E Kewell, il cui talento sembrava avvizzito dai continui infortuni, una scommessa affascinante?
Alla coppia Blanc - Secco l'arduo compito di fornire le risposte.

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