venerdì 25 gennaio 2008

Bicchiere mezzo pieno o mezzo vuoto?

Un 2-2 esterno, in Coppa Italia, è derubricato alla voce "qualificazione vicina". Se ottenuto a San Siro, al cospetto della banda Mancini, c'è profumo d'impresa. Eppure, la frustrazione è tangibile.
Si badi bene, l'essere abituati a banchetti ben più ricchi c'entra poco o nulla. L'epicentro del malessere coincide con lo svantaggio incassato in doppia superiorità numerica, dopo tre quarti d'ora di sterile possesso palla e non-gioco, nonostante il rosso sventolato dopo appena sette minuti a Burdisso, reo di aver falciato Del Piero, lesto nello sfruttarne lo scivolone, lanciato a rete. L'uomo in più produce una fucilata di Iaquinta su punizione sventata da Toldo versione angelo in volo (25°): troppo poco per legittimare velleità di colpaccio.
Dopo appena cinque minuti, l'opzione "cross dal fondo" per scardinare la difesa nerazzurra viene depennata causa ennesimo ko di Marchionni, al quale servirebbe un bel tour tra Loreto, Lourdes e Medjugorie. L'ingresso di Trezeguet sancisce il varo di una Juve a trazione anteriore, Tr-Ia-De + Pa(lladino), altrimenti detto 'tutto fumo niente arrosto'. Il ragazzo maltratta la propria classe, perdendosi in finte e doppi passi e disorientando se stesso e i compagni. San Siro è la Scala del calcio, d'accordo, ma lui forse pensava di trovarsi nel famoso teatro milanese, dove alla sua esibizione sarebbero stati tributati applausi scroscianti. Calzamaglia e tutù si adattano meglio di pantaloncini, calzettoni e scarpini bullonati alle sue movenze leggiadre e di conseguenza impalpabili. I ripetuti tentativi di trovare pertugi buoni dal fondo si traducono in una lunga sequela di falli laterali e calci d'angolo. Non l'aiutano nè Ranieri, che lo sballotta da sinistra a destra, nè i terzini, Birindelli (memorabili alcuni traversoni dalla trequarti) in primis, poco celeri nelle sovrapposizioni.
La manovra farraginosa, sviluppata per vie orizzontali e lo sterile possesso palla facilitano il compito della banda Mancini, rabberciata ma capace di contenere senza affanni la lenta avanzata ospite. Pian pianino, i nerazzurri mettono la testa fuori dal guscio, e bazzicano dalle parti di Belardi alla mezz'ora grazie ad una percussione sulla destra di Solari, il cui cross è un'interurbana per il portiere di coppa. L'occasione più ghiotta capita però sul testone di Materazzi, ma la sua incornata, 'sporcata' dall'orgia di teste a contrasto, schizza oltre la traversa.
Le promesse, a metà del guado, sono disattese, l'assenza di Ibrahimovic, sinonimo di fischi, brividi e spettacolo a seconda dei punti di vista, pesa. Se Mancini non ride, costretto com'è a schierare Solari sulla destra spostandovi dopo il rosso a Burdisso anche il fido Cesar, Ranieri piange. L'uomo di Testaccio deve fronteggiare una vera e propria epidemia, tra lungodegenti (Andrade), habitué (Camoranesi, Zebina), inediti (Buffon, Chiellini, Nedved, Salihamidzic) e squalificati (Almiron), senza dimenticare il bocciatissimo Tiago, presenza meramente numerica seppur di spicco tra Vanstrattan, Ariaudo, Castiglia ed Esposito. Il diverso peso specifico delle due panchine è imbarazzante, potendo 'L'UOMO CHE VINCE SEMPRE' contare sui vari Cordoba, Javier Zanetti, Cambiasso e Vieira, al rientro e atteso al primo confronto con il suo recente passato.
La differenza, da quando esiste il calcio, la fa però chi corre dietro al pallone, e la storia insegna che uno in particolare, ogni qual volta vede il bianconero sabaudo, si traveste da Van Basten svestendo i panni di giardiniere. Il soggetto in questione è Julio Cruz, un conto aperto con Madama da Tokio '96 e la serie di sette dispiaceri inferti inaugurata esattamente un anno dopo con la maglia del Feyenoord. Quella sera fu doppietta, la prima di una serie terminata, si teme solo per ora, proprio mercoledì a San Siro. Dopo la fuga in contropiede stoppata da Legrottaglie a fine primo tempo, l'argentino, imbeccato da un lancio col contagiri di Pelè, elude la molle guardia dell'ex clivense e di Birindelli, impegnati a domandarsi "Vai tu o vado io?" e fa secco Belardi, goffo ed in ritardo, con un perentorio stacco. Vale la pena sottolineare come, nell'occasione, l'infortunio di Solari costringesse l'Inter in nove uomini.
Il colpo stordisce la Vecchia Signora, che barcolla ma non molla pur badando bene dal cambiar marcia. L'immediata reazione è uno specchietto per le allodole, e produce qualche mugugno a seguito della caduta di Iaquinta in piena area, ma il replay chiarisce come Farina, quando non c'è Nedved di mezzo, ogni tanto c'azzecchi. Ci prova addirittura Molinaro da distanza siderale, sintomo di poche idee ma confuse. Birindelli, infortunato, lascia il posto a Boumsong, difensore con la valigia in mano e la testa spesso altrove. Presagio di sventura? La risposta non tarda ad arrivare: Cesar dalla sinistra mette in mezzo per Cruz (e chi sennò?) che anticipa Bum Bum (e chi sennò?) e trafigge Belardi.
Sembra la fine, ma guai a sottovalutare il cuore Juve. Passano cinque minuti, e Del Piero, solo soletto a centro area, sfrutta l'intelligente sponda di Trezeguet e scaraventa il pallone della speranza alle spalle dell'incolpevole Toldo. Scherzo del destino, Materazzi è a bordocampo, i Mancini boys sono in nove. Chi di doppia inferiorità numerica colpisce, di doppia inferiorità numerica perisce.
Il gol rinfocola lo spirito battagliero di Alex e compagni, e, altro scherzetto del destino, spetta al meno atteso, e forse più temuto, il compito di riacciuffare gli avversari. Su angolo di Palladino, Boumsong svetta su Cruz (scambio di ruoli) e insacca il pareggio. A pochi giri d'orologio dal triplice fischio finale, guai a dare per rassegnata la nuova e consapevole Inter. Tanto per cambiare, è El Jardinero a far tremare i tifosi ospiti e il palo alla destra di Belardi, centrato dal suo poderoso destro dal limite.
I giochi sono aperti, apertissimi. Il risultato favorisce la Juventus, ma le risorse di Mancini sono infinite, e difficilmente al ritorno 'l'interista-sin-da-bambino' farà da spettatore. La preoccupazione principe, però, riguarda le prospettive in ottica campionato; l'eredità in termini d'infortuni è preoccupante, la pochezza qualitativa palesata idem. Della superiorità nerazzurra già si sapeva, ma la convivenza con l'emergenza rischia di scompaginare i piani di Ranieri e Secco, complicando così la rincorsa alla Champions, unica garanzia di aderenza al progetto sbandierato in estate. Di questo progetto non doveva far parte Nicola Legrottaglie, ma è proprio lui a scattare la fotografia più efficace della squadra: "
Come al solito tiriamo fuori gli artigli dopo che ci prendono a schiaffi". Amen. Ranieri dovrà lavorare anche su questo punto.

LE PAGELLE:
Belardi 4.5 - Quando il secondo non è semlice tappezzeria. Nel primo tempo esce a farfalle consentendo a Materazzi di sfiorare il vantaggio, nella ripresa Cruz è più preciso ed insacca l'1-0, sfruttandone l'intempestiva uscita. Sarà mica un caso se in B faceva addirittura il terzo?
Birindelli 5.5 - In occasione del vantaggio è spettatore attonito, ma anche meno colpevole rispetto a Belardi e Legrottaglie. Delizia la platea con qualche improbabile cross dalla trequarti, nel complesso, pur non facendo danni, da l'impressione di essere ormai inadeguato a certi palcoscenici (Boumsong 5.5 - Prima si fa bruciare da Cruz consentendo il raddoppio interista, poi stacca sullo stesso e regala ai suoi il pareggio. Meglio, insomma, da centravanti che da marcatore).
Legrottaglie 5.5 - Concorso di colpa in occasione dell'1-0, macchia così una prestazione altrimenti positiva, salvo qualche piccolissima sbavatura in fase di disimpegno.
Grygera 6 - Centrale di sinistra, non è il suo ruolo, e si vede, ma la dietro, eccezionalmente, è il meno peggio.
Molinaro 6 - Si fa infilare da Solari, e non è cosa da poco. Le sue proverbiali sovrapposizioni sono più rare, e i cross poco precisi. Ormai è comunque una realtà, assieme ai suoi piedi a banana.
Marchionni ng - Oscar della sfortuna (Trezeguet 5.5 - Spettatore non pagante per quasi tutto il match, il prezioso assist a Del Piero restituisce speranze alla squadra e lo salva da un'insufficienza pesante).
Nocerino 5.5 - Il calo fisico e fisiologico di Zanetti lo costringe a correre di più, con il prevedibile risultato di perdere lucidità.
Zanetti 6.5 - E' l'ago della bilancia della formazione. Se lui non gira, sono dolori. Meno propositivo di altre volte, è fondamentale per la quantità di palloni recuperati e l'ordine impartito alla manovra.
Palladino 4 - Riesce a malapena a dribblare i fili d'erba (più bassa del normale, preciserà a fine partita), ma solo dopo finte su finte. Definirlo irritante è un complimento, inutile è più appropriato.
DEL PIERO 6.5 - Decisivo in occasione dell'espulsione di Burdisso, cerca palloni giocabili in mezzo al campo, ma le vie sono intasate come a Milano nell'ora di punta. Lascia un'impronta sul match, siglando il gol della speranza.
Iaquinta 5 - Vedi Trezeguet, ma senza assist. Rispetto al francese, come suo solito, corre e lotta, ma stavolta è un lavoro inutile.

Ranieri 5 - Fuori Marchionni, dentro Trezeguet, la squadra è spezzata in due tronconi: difesa + Zanetti&Nocerino, Tr-Ia-De + Pa. Logica vorrebbe Tiago in campo, rombo più equilibrato e Palladino tra le linee, ma il portoghese è ormai andato. Per la cronaca, l'ha voluto lui, così come è stato lui a confondere ancor più le idee al numero 20 napoletano, sballottandolo ovunque, tranne in attacco.

Inter: Toldo 6.5, Rivas 6.5, Burdisso 4, Materazzi 6 (Vieira ng), Maxwell 6, Cesar 6, Maniche 6, Pelè 6.5, Solari 6 (Zanetti 6), Cruz 8, Crespo 5.5 (Cambiasso 5.5).

Farina 6.5 - Non sbaglia nulla. Notiziona.
Assistenti, Moggiani 6, Pirondini 6.

2 commenti:

Cristian Paolini ha detto...

bicchiere mezzo è basta, come quello che dobbiamo aspettarci da qui alla fine del prossimo campionato (e forse dei prossimi 3-4 anni)

Cristian Paolini ha detto...

volevo dire da qui alle fine di questo campionato, ovviamente