domenica 1 giugno 2008

Contador campeòn

Dodici anni dopo Pavel Tonkov, soprattutto tre lustri dopo l'ultimo acuto del connazionale Miguel Indurain. Il nuovo padrone del Giro d'Italia parla spagnolo. Il suo nome è Alberto Contador.
La cronometro conclusiva ha incoronato il portacolori dell'Astana, capace di infliggere al rivale Riccò 1'53'' nello spazio di 28 chilometri. Si issa sin sul terzo gradino del podio il ruspante Bruseghin, capitano dopo una vita da gregario, bravo a rintuzzare l'attacco finale del volitivo Pellizotti. Scala la classifica il russo Menchov, che scavalca il folletto veneto Sella, assai a disagio nelle corse contro il tempo, al pari del campione uscente Di Luca, inabissatosi sino all'ottava tacca dopo la terribile due giorni conclusiva.
L'incoronazione del formidabile madrileno restituisce alla corsa rosa una dignità internazionale annacquata da anni di monologo tricolore. A memoria di giovane uomo, mai cast fu più ricco di star forestiere.
L'improvvisazione ha battuto la pianificazione. Il campione spagnolo si è presentato al via a digiuno di corse da un mesetto, senza conoscere un solo metro di strada, e leggenda vuole fosse a trastullarsi in spiaggia con fidanzata al seguito. Ai -7 dalla partenza, la svolta: fuori l'Acqua&Sapone, dentro la sua Astana. Lui richiude l'ombrellone, inforca la bici e sbarca a Palermo nella curiosità generale. Con lui, tra gli altri, Kloden e Leipheimer, habituè della Grand Boucle, eterni piazzati alla disperata ricerca dell'acuto vincente. Contador no. Lui è già un vincente. Ha sfilato in giallo a Parigi giusto un anno fa, ma l'embargo imposto al suo team dagli organizzatori ne ha stroncato le velleità di bis. Chiamato a confermarsi sulle aspre ascese italiane, ha risposto presente.
La regolarità ha battuto l'esuberanza. Gli è bastato difendersi in salita, suo habitat naturale, e confermare i progressi a cronometro per mettere in fila tutti gli altri. Ha passato un brutto quarto d'ora sul Monte Pora, piegato dalla brillantezza di Riccò e salvato da un acume tattico non comune e dalle trenate di Pozzovivo e Sella. Al contrario, a Milano ha surclassato lo scalatore di Formigine delegittimandone gli slanci dialettici.
Contador ha battuto gli scettici. Tour e Giro, la doppietta, seppur in anni diversi, è servita. Le umili origini, la tragedia del fratello costretto alla sedia a rotelle, l'aneurisma celebrale del 2004 lo hanno fortificato, il coinvolgimento, poi smentito, nell'Operation Puerto non lo ha intaccato. Touché.
Golia ha battuto Davide. La potentissima compagine kazava, di emanazione governativa, forte di un tridente invidiabile e di gregari affidabili, minaccia di monopolizzare la corsa. Pur parzialmente ridimensionata strada facendo, si è dimostrata una spanna sopra le debole Saunier Douval, messa ko dal ritiro di Piepoli, unica spalla di capitan Riccò quando la strada s'inerpica.

Il Cobra di Formigine ha sfoggiato una parlantina fin troppo sciolta e un passo spedito in salita, dove ha sovente staccato il rivale iberico. E' mancato sul Gavia, messo sotto scacco dal tatticismo dell'Astana (il battistrada Colom, scudiero di Contador, scoraggiava qualsiasi attacco), e da una gamba non all'altezza. La scoppola rimediata oggi ricorda al mondo il tallone d'Achille del piccolo Pantani, le crono.
L'uomo-copertina, però, è stato Emanuele Sella, autore di tre-imprese-tre, di cui una, l'acuto sulla Marmolada, ai limiti delle possibilità umane. La triplice caduta, e conseguente quarto d'ora perso, in quel di Cesena, dove si era rivelato nel 2004, è stata la sua benedizione. E anche quella del pubblico, conquistato dalla sua grinta e dal suo coraggio.
Proprio quel coraggio mancato a più illustri colleghi. Contador, appesantito da una condizione in divenire, andava attaccato nella prima settimana, invece nisba, occasioni propizie sono passate in cavalleria, il risultato è il podio di Milano.
Il percorso vallonato ha usurato il 37enne Simoni, un diesel che ai proverbiali acuti ha sostituito la clamorosa stecca sulla Presolana, dopo l'incolore due giorni dolomitica e l'ingannevole arrampicata a Plan de Corones e prima del tardivo risveglio sull'Aprica.
A proposito di cotte, Di Luca ha formalizzato il passaggio di consegne sul terribile Mortirolo, dove ha raccolto con gli interessi i 'frutti' dell'impresa compiuta, in collaborazione con un monumentale Savoldelli, sulla discesa del Vivione e coronata in cima al Pora. Prima del black out di sabato, aveva sopperito ad una forma non eccelsa con la solita grinta, salvo incassare sonore sconfitte nelle cronometro. Il Killer di Spoltore può vantare il poco gratificante scettro di primo corridore inquisito perchè... 'troppo pulito', come risultato dall'esame antidoping effettuato dopo la terribile Lienz - Zoncolan del maggio scorso. Il successivo accanimento patito ne ha minato la preparazione, costringendolo a saltare le amate classiche primaverili.
Il nuovo leader della Liquigas, Pellizotti, ex delfino dello stesso Danilo, dopo aver indossato il simbolo del primato per quattro giorni, ha dovuto desistere dalla rincorsa alla stessa a causa di un rendimento altalente. Il Giro 2008 gli ha regalato una nuova consapevolezza, quella di saper reggere e la pressione, e le tre settimane, nonchè la prestigiosissima vittoria nella cronoscalata di Plan de Corones. Ha lottato sino all'ultimo metro con Bruseghin per il podio, si è dovuto arrendere per due, miseri, secondi.
Ha deluso le attese il suo giovane compagno di squadra, il siculo Nibali, arrancante in salita a dispetto della fama di corridore completo. Niente panico, ha l'età, e la classe, dalla sua, avrà tempo e modo di rifarsi. Resta il miglior prospetto italiano per le grandi corse a tappe, dove ha già dato un saggio di eccellenti doti da cronomen.
Capitolo stranieri: pollice verso per gli Astana Kloden e Leipheimer. In progressivo calo il primo, fresco vincitore del Romandia, ectoplasimico il secondo. Bravino il russo Menchov, persino sorprendente, a tratti, in salita. Sorprendente il giovane belga Van der Broeck, onorevolissimo ottavo. Per lo spettacolo, però, rivolgersi a casa Italia. Bussate
ai Reverberi, capaci di fare le nozze coi fichi secchi, leggasi allestire una squadra combattiva e altamente competitiva con un budget insignificante rispetto ai colossi del settore.
Ad animare la corsa, hanno contribuito anche gli innumerevoli cacciatori di tappe, il campione nazionale Visconti, il solito, encomiabile, Bettini e l'altro toscanaccio Bennati, che ha rivaleggiato sui traguardi veloci con l'emergente inglesino Cavendish conquistando la maglia ciclamino e confermandosi miglior velocista italiano di nuova generazione.
Se però volessimo individuare il miglior spot possibile per uno sport martoriato da scandali veri o presunti, delittuoso non citare Marzio Bruseghin. Svestiti i panni di gregario, si è ritrovato capitano e ha onorato l'investitura con un fantastico terzo posto. Inno alla professionalità, l'uomo che sussurra agli asini ha dato sfoggio di grande grinta e regolarità, ma si dichiara pronto a scortare Cunego al Tour. Encomiabile.
Encomiabile è anche l'attaccamento (solo talvolta sfociato nell'eccesso) della gente, segno che il ciclismo, nonostante tutto e tutti, occupa un posto speciale nel cuore di molti. Poco male se diverse fughe da lontano sono andate in porto, sintomo dell'incapacità delle squadre di gestire la corsa, e il livellamento tra i big ha ridotto lo spettacolo. Le medie umane confermano la bontà del lavoro di pulizia compiuto dalle autorità competenti. La strada per l'espiazione è ancora lunga, e tutta in salita. L'auspicio è che ai vertici di questo amatissimo sport ci siano tanti Contador, Ricco e Sella, capaci di domare le ascese più impervie.

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