mercoledì 25 giugno 2008

Game Over

Missione fallita.
Il tabù Europeo, ormai quarantennale, non s'ha da sfatare, e l'eliminazione è di rigore, made in Spain.

Il CT
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Un esercito di dita punta con fare accusatore Donadoni, incallito collezionista di topiche, vedi lo sconclusionato undici spremuto dall'Arancia Meccanica dell'amico Van Basten. L'inizio della fine, il canto del cigno intonato al cospetto del Cigno di Utrecht.
Le credenziali - esonerato da Spinelli e sponsorizzato dall'ex compagno d'avventura Albertini - gli son valse l'etichetta di 'raccomandato', o, nella migliore delle ipotesi, 'miracolato'. Altro punto a suo sfavore, l'inesperienza. Medesimo appunto mosso, tra gli altri, a Bilic, Klinsmann, Van Basten, poi osannati per risultati e/o impianto di gioco. C'est la vie. L'ex ala rossonera, dopo aver assaporato fugacemente il calice della vendetta e schivato la mannaia della critica oltranzista, ha pagato gli errori dal dischetto di De Rossi, inopinatamente relegato a tappezzeria all'esordio, e del pupillo Di Natale. Ah, il destino e le sue oblique vie...
Prima dell'estrema unzione sportiva impartita da Don Luis, il tecnico bergamasco era comunque riuscito a dissipare in tempi record il credito accumulato con la (sofferta) qualificazione. Le esclusioni di Sereni e Inzaghi, il drammatico esordio, la bacchetata a Buffon per le scuse post-disfatta alla nazione, l'intempestività di certi cambi in corso d'opera, la gestione globale delle risorse hanno lasciato interdetti i più. La sconfessione delle proprie scelte iniziali è indice di onestà intellettuale, ma anche, molto più semplicemente, d'errore. Chi è causa del suo mal pianga se stesso.

La fase difensiva - Anacronistico parlare solo di difesa, e di attacco, nel post-sacchismo: l'Arrighe inculcò nelle menti dell'Italia catenacciara il seme del calcio totale di cryffiana memoria. Dopo il doveroso cappello, s'impone una riflessione sul modus operandi del suo allievo Donadoni.
La scelta del centrocampo titolare al primo giro di valzer, per esempio. La fiducia riposta nel terzetto milanista, se estirpata dal contesto, avrebbe un suo perchè, vale a dire conoscenza reciproca e del sistema di gioco. Per inciso, però, il contesto recita involuzione e Coppa Uefa. Prevedibili conseguenze, mediana-telepass e ko secco. Ripescato De Rossi, strappato Pirlo dalle braccia di Morfeo, la qualificazione è cosa fatta, con il sigillo di San Buffon. Squalificato il regista rossonero, tutti a casa.
L'impenetrabile muro di Berlino è solo un dolce ricordo, soppiantato da un cartonato 'retto' all'esordio dal duo comico Barzagli&Materazzi. La svolta l'ha impartita un ex terzino, il gladiatorio Chiellini, spalleggiato dall'affidabile Panucci. Con la strana coppia nei paraggi, il solo Mutu, per gentile concessione di Zambrotta, ha impallinato Buffon.
La scelta di Perrotta trequartista si colloca proprio nell'ottica di salvaguardare i delicatissimi ed improvvisati equilibri azzurri. A farne le spese, ovviamente, la qualità, e Toni.


La fase offensiva - Zero. Sono i sigilli del panzer bavarese, e della squadra tutta su azione, con il beneplacito dello sbadato fischietto Ovrebo. Appesantito, goffo ed isolato, ha fatto indigestione di gol sbagliati. Unico sussulto, il magnifico aggancio volante su imbeccata di Pirlo che ha causato rigore ed espulsione di Abidal, annichilito la Francia e spianato la strada verso i quarti.
La sfilata di piedi buoni alternati alle sue dipendenze non ha mutato l'inerzia dell'Europeo di 'Tori'.
La pochezza del neofita Di Natale e le stecche di Camoranesi, tardivamente attestatosi su standard a lui consoni, e Del Piero hanno convinto Donadoni a calare l'asso Cassano. Il talento normalizzato ha smarrito in un sol colpo genio e sregolatezza, e le sue eleganti serpentine a distanza siderale dalla porta contro Francia e Spagna sono state regolarmente stroncate dal sistematico ricorso al fallo. Citando l'Avvocato, "più divertente che utile".
Il miglior suggeritore è risultato così, anche alla luce dell'altalena di Pirlo, Fabio Grosso, i cui cross sarebbero stati il grimaldello ideale per il miglior Toni. Surreale il percorso dell'italiano di Francia, bocciato al doppio esame da big con Inter e Lione, ma posseduto dallo spirito di Roberto Carlos in azzurro.
I compagni non ne hanno assecondato gli slanci, scompaginando un mosaico già disomogeneo di suo, tra centrocampisti intermittenti, penuria d'ali, sovrabbondanza di numeri 10 e punte spuntate. In un simile contesto, solo il fattore C può salvare dal rimpatrio anticipato.

Fattore C - 5 giugno 2008, -4 all'esordio. Prima seduta d'allenamento nel ritiro austriaco di Baden. E' in corso la classica partitella. Chiellini va a contrasto con Cannavaro, la cui caviglia sinistra, nella ricaduta, subisce una torsione innaturale. Lesione ai legamenti, addio Europei. La fortuna è cieca, la sfiga ci vede benissimo.
Puoi trionfare con un portiere qualsiasi o con un attacco anemico, ma senza il fattore C fai poca strada. Ne sa qualcosa l'Italia mondiale di Lippi, come candidamente ammesso dalla 'bocca della verità' Ringhio Gattuso. Superata piuttosto agevolmente la prima fase, imboccata la corsia privilegiata verso Dortmund (estromesse Australia, con un penalty regalato in odore di supplementari, e la modesta Ucraina) e fatti fuori gli idoli locali privi del perno Frings con un magnifico uno-due siglato a tempo, supplementare, quasi scaduto, la coppa ha preso la via di Roma grazie alla testata di Zidane prima e dagli undici metri poi. La stessa distanza fatale a Donadoni e che, ancora una volta, arride al Marcello, ormai prossimo al bis in azzurro.

P.S.: breve, ma doverosa, divagazione.
Volgendo lo sguardo verso Parigi, si scorge un altro signore brizzolato sulla graticola. Magra, anoressica consolazione. Il burbero Raymond Domenech, pregiudicato sfidante del buon senso, ha costretto gli 'italiani' Mexes e Trezeguet alle vacanze anticipate (ed il viola Frey alla panca), come volesse sanare i conti in sospeso con il Bel Paese, contratti sin dai tempi dell'Under 21 transalpina. Campione olimpico di lancio del sasso e arrampicata sugli specchi, in fin dei conti dovrebbe esser grato ai nostri, capaci di alimentare la sua sbandierata passione per l'astrologia: al nostro cospetto, ha visto le stelle, a Berlino prima e Zurigo poi. Non pago, ci ha lasciato con l'ultima perla di una ricca collana. Ai taccuini de 'L'Equipe', nell'immediato post-partita di Francia - Italia, anzichè analizzare il match, ha annunciato l'intenzione di impalmare l'amata Estelle. Spiazzante.
In fondo, ma parecchio, parecchio in fondo, ci mancherà, e noi a lui. Au revoir, Raymond.

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