sabato 14 giugno 2008

Achille o Godot?

Potrebbe bastare un pareggio con gol. Una larga vittoria rischia di rappresentare un semplice zuccherino nella disputa tra grandi deluse. Il Bignami del destino azzurro è tutto qui, condensato in due righe figlie di un cammino accidentato, direzione baratro.
Memori del biscottone scandinavo, monta la paura per la possibile zingarata olandese.
Scongiurato l'effetto tsunami post-disfatta, il miserrimo 1-1 contro la Romania mette a nudo le carenze strutturali del gruppo di Donadoni. Il monocorde schema sciabolata-in-direzione-Toni-e-preghiamo ha esaltato gli armadi rumeni e mortificato Del Piero, croce azzurra e delizia bianconera come da tradizione.
Il bianco e il nero. Felice combinazione cromatica, infelice polarizzazione di giudizi e sentimenti. Due colori, una costante nella carriera di Pinturicchio.
Il capitano aveva predicato equilibrio alla vigilia. Nè salvatore della patria, nè capro espiatorio. Eppure i necrologi non tarderanno, salvo far spazio alle sviolinate in caso di, ennesima, rinascita. Ricordate? "Non salta più l'uomo", "non è decisivo ad alti livelli", "deve fare l'Altafini". 21 gol, corona di capocannoniere, i più feroci detrattori che perdono il dono della parola, gli altri che godono.
A Robert Louis Stevenson ha ispirato un classico immortale; ai più, oggi, ha richiamato il solito, immortale, refrain. E' la sindrome da sdoppiamento della personalità. Cosa scatta nella mente, cosa si blocca nei muscoli di Del Piero d'azzurro vestito a giugno? Mistero.
Ci sono ventisette buoni motivi per ritenere che la sua forza non sia solo nella divisa che indossa. La cifra non è buttata lì, sono i suoi acuti, inframezzate da sonore stecche, in nazionale. La verità dunque risiede altrove. Incompreso tatticamente, svilito dai dualismi, profeta solo in casa.
Nessuna arrampicata sugli specchi, semplice constatazione. Il mantra delpierista è 'testa bassa e pedalare', sempre e comunque. Lo ha rispettato, anche ieri. Le ostinate e sterili geometrie di Pirlo lo hanno tagliato fuori dal gioco, al pari del compagno di mille avventure Camoranesi. Pur non lesinando sforzi, la sua è stata una prestazione ad impatto zero. Occorreva essere più celeri nello smarcamento, per sfuggire all'asfissiante morsa rumena. Il solo Cassano ha convertito la teoria in pratica, invano, ma speranzoso di sfilare la maglia da titolare all'illustre collega.
Si profila l'ennesima staffetta, l'ennesimo dualismo, forse l'ennesima pastetta. Berlino è un puntino minuscolo nell'universo dei ricordi, così come Dortmund, teatro del guizzo mondiale di Alex. Lo crocefiggeranno, covando inconsciamente la speranza che risorga fra tre giorni, come accadde un paio di millenni fa ad un illustre coetaneo. In tal caso, tutti sul carro del vincitore, da buoni italiani. Io su quel carro non salirò, ma solo perchè non sono mai sceso.

Ieri pomeriggio è tornato Godot, mentre tutti aspettavamo Achille. Martedì sera sapremo se l'incantesimo verrà sciolto, oppure se il Pelide si smarrirà ancora nell'azzurro mare di giugno.

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