giovedì 22 novembre 2007

The Queen is dead

E' il giorno dell'Inter, è l'anno dell'Inter. Come sempre, del resto, ma stavolta un po' di più. Lo scudetto è ad un passo, un ultimo scatto ed è fatta. Cosa sarà mai, battere una Lazio ormai appagata in un Olimpico a tinte nerazzurre. Elementare, Hector. Segna Vieri, è andata. Pareggia Poborski, ma chi sarà mai 'sto ceco, vabbè, capita. Va in rete Di Biagio, e sono 14. Poborski non ci sta, impacchetta un regalo di Gresko, ci mette un bel fiocco sopra e lo spedisce alle spalle di Toldo. No problem, non c'è rosa senza spine, non c'è Inter senza sofferenza. Di lì a poco, finisce il primo tempo. Simeone, l'ex di turno, porta avanti i suoi ad inizio ripresa, Simone Inzaghi chiude i conti. Ronaldo esce e piange come un pupo, la Juve gode. Siamo a Roma, è il 5 maggio 2002, e chi se lo scorda più.
Dal Tevere al Tamigi, dall'euro alla sterlina, dall'italiano (pardon, romano) all'inglese, da cappuccio e cornetto a eggs and bacon. Cambiano tante cose, la beffa rimane atroce.
La cornice, splendida come sempre, risorta dalle macerie come un'Araba Fenice, è l'incandescente catino di Wembley. All'Inghilterra di McClaren basta un pareggio contro la Croazia già qualificata e, si presume, rilassata. Alla faccia, Kranjcar pesca il jolly da distanza siderale grazie alla colossale topica di Carson, degno emulo del predecessore Robinson. Olic raddoppia, e siamo al 14°. Fischi (del pubblico) per fiaschi (quelli di undici solo-presunti-leoni).
McClaren inserisce Beckham e Defoe, la musica cambia. Il secondo procura un rigore trasformato da Lampard, dal piede del secondo, per nulla arrugginito dall'esperienza a stelle e strisce, parte una pennellata d'autore per il 'pennellone' Crouch che sigla il 2-2. Ecco materializzarsi la più antica legge del pallone: gol sbagliato (miracolo di Carson su Kranjcar), gol subito.
Gli uomini di Bilic spingono, e tocca a tale Petric firmare l'epitaffio inglese con un sinistro dal limite e gli avversari versione belle statuine.
D'accordo, l'assenza dell'intera linea difensiva titolare è una bella gatta da pelare, al pari della presenza tra i pali di Carson, eroe di Anfield contro la Juve nel lontano, per noi, 2005.
Non bastano gli assenti, che da assioma hanno sempre ragione, a spiegare la Waterloo inglese, dimostrazione del fallimento della matematica applicata al calcio, dove un'accozzaglia di campioni non necessariamente, come in questo caso, fanno una squadra.
Gerrard e Lampard, centrocampisti totali, soprattutto il capitano dei Reds, sembrano leoncini spauriti e spaesati, dal raggio d'azione limitato e col freno a mano tirato. Qualcuno spieghi a McClaren che i due necessitano di un fedele scudiero (Hargreaves? Carrick?) per avere la licenza di inserirsi e far male. Anzi, non vi affannate, ormai è tardi. L'ex manager del Middlesbrough è stato esonerato. Strano, vero? Non fosse per una 'c' di troppo, verrebbe da dire che non è l'anno di/della McLaren.
Il toto-sostituto è già partito. Mourinho, Capello, Lippi e O'Neill i principali candidati, e i primi due hanno palesato pubblicamente un certo interesse per la panchina più calda del pianeta. Non c'è uno Zamparini o un Calderon, ma l'esercito dei tabloid inglesi schierato al gran completo e pronto a passare ai raggi X la vita quotidiana del disgraziato CT è persino peggio.
Ridurre il clamoroso capitombolo ad una mera questione tecnica è riduttivo. Come per l'Inter, c'è una fortissima idiosincrasia verso la vittoria. Vincenti si nasce, e, caro il mio inglese, lei, modestamente, non lo nacque. Nemmeno Freud, forse, riuscirebbe a scandagliare la psiche di Gerrard & co. così da fornire una risposta al quesito che attanaglia le menti dei tifosi inglesi: "Why?".
Senza scomodare il padre della psicanalisi, uno dei motivi della crisi è riassunto nell'attuale capolista (in coabitazione con lo United), ovvero l'Arsenal. I ragazzini terribili di Wenger sono croce e delizia, nonchè cartina al tornasole, del football inglese. Se da un lato, la capacità di coniugare linea verde, risultati e bel gioco è invidiabile, va pure ravvisata un'esterofilia di morattiana memoria. Ieri sera, l'unico 'gunner' in campo era Eduardo, naturalizzato croato. Nel club londinese, troviamo infatti tanti 'carnefici' (il già citato ex bomber dell'Hajduk) quante 'vittime' (Walcott).
La caccia all'esotico ha fatto un'altra, illustre vittima. Noi italiani ne sappiamo qualcosa, essendo reduci da anni di magra prima di Germania 2006.
Su questo si può, ed i manager inglesi dovranno, lavorare. Certamente, norme inesistenti a tutela della fuga di giovani verso la terra d'Albione e l'ingresso di capitali stranieri, soprattutto americani, non aiutano il calcio inglese ad avviare una 'nazionalizzazione' necessaria per evitare altri 5 maggio.
La tragica notte di Wembley rischia, insomma, di trasformarsi in un punto di non ritorno.
Auguri al sostituto di McClaren. Ne avrà davvero bisogno.

Nessun commento: