lunedì 26 maggio 2008

Dov'eravamo rimasti? Ah ok, dunque...

Prima di riesumare pinne, fucile ed occhiali, è tempo di chiudere i conti con il passato.
E' ordunque tempo di bilanci, con annessi eventuali mea culpa. Nella simil griglia azzardata ad inizio stagione, avevo affiancato all'Inter indiscussa avanguardia del plotone i cugini rossoneri, la Roma e la 'neopromossa' Juve. In seconda fila, Lazio, Fiorentina e Palermo, a seguire, intruppate a centro gruppo, le due genovesi e il resuscitato Napoli, in compagnia di Empoli ed Udinese, dove competenza e teen spirit vanno a braccetto. Fra color che son sospesi (tra A e B, leggasi Paradiso e Inferno), ecco sfilare Atalanta, Cagliari, Catania, Reggina e Siena, precedute da Livorno, Parma e Torino, orchestre decorose con solisti di spicco.
A mia discolpa preciso che mai e poi mai ho avuto velleità da oracolo. Le suddette previsioni sono peraltro da considerarsi frutto di un improvvido delirio d'onnipotenza.
Fossi stato costretto a puntare un centone, avrei scommesso, nonostante l'evidente ossimoro, sul successo finale dell'Inter (7.5). Prevedibile come un retropassaggio di Tiago, è arrivato l'ennesimo (battutona) scudetto nerazzurro, figlio di mamma Rosa chilometrica e di papà Benedetto Ibra, nonostante la dubbia moralità della signora getti un'ombra sulla paternità, contesa da Santo fischietto.
La Roma (8) si conferma, sulla lunga distanza, unica nemesi nerazzurra nel post-Farsopoli e, dopo aver rosicchiato punti su punti all'armata in disarmo di Mancini, non resta che rosicare per il fatal pareggio (interno) contro il Livorno. L'infruttuoso modulo spallettiano pare destinato alla pensione a favore di un più pratico albero di Natale, il cui puntale potrebbe essere il quasi compiuto Vucinic.
Abbondante le utopistiche speranze di scudetto dopo la settimana horribilis, condita da un misero punticino in tre partite, la Juventus (8) ha badato a rintuzzare gli sterili attacchi delle inseguitrici, issata dai suoi fuoriclasse, Del Piero su tutti, sin sul terzo gradino del podio.
Chi ha mandato a meretrici le mie previsioni in alta quota è stato il Milan (4), nonostante un Kakà mai così prolifico. Le papere di Dida e l'apatia generale hanno vanificato le prodezze compiute da Inzaghi e Pato nel girone di ritorno, costringendo così i rossoneri a rivedere i programmi infrasettimanali.
Chi invece saluterà il satellite Uefa per planare sul pianeta Champions dopo anni d'assenza è la Fiorentina (9). Le parate di Frey, la solidità di Ujfalusi, la classe di Mutu e la crescita esponenziale dei vari Gamberini, Donadel, Kuzmanovic, Montolivo e Osvaldo sono gli ingredienti essenziali della ricetta vincente proposta dal non plus ultra degli allenatori italiani, Claudio Cesare Prandelli da Orzinuovi, ormai fiorentino onorario. L'implosione di Pazzini e l'amara doccia scozzese del labour day non intaccano la bontà del progetto viola.
Lazio (4.5) e Palermo (5) si guadagnano entrambe una nomination categoria 'Delusioni di stagione'. I biancocelesti pagano il braccino corto del factotum Lotito, incapace di garantire a Rossi i ricambi adeguati per affrontare il doppio impegno. Risultato? Fanalino di coda nel girone di Champions, campionato anonimo. Prima, durante e dopo, contestazione ad oltranza. Una polveriera. Addirittura tragicomica la gestione del problema portiere: ritiratosi Peruzzi, svincolato l'ottimo Sereni, bloccato dalla burocrazia Carrizo, la scelta è caduta su Muslera, scolaretto uruguagio improvvisatosi portiere. Non si spiega altrimenti lo zainetto sfoggiato con disinvoltura nel post Lazio - Milan (cinque pere incassate di cui quattro sulla coscienza) e le fantozziane papere collezionate nonostante l'alternanza con nonno Ballotta.
I rosanero, aggrappati alle prodezze del predicatore nel deserto, nonchè futuro bianconero, Amauri, navigano a metà classifica senza particolari sussulti. Sul banco degli imputati finiscono gli azzurri Barzagli e Zaccardo, vittime della sindrome da appagamento post-Berlino. Il Guidolin IV (!) non ha sortito gli effetti sperati, ed è sfociato nella re-entry di Colantuono, come nella miglior tradizione zampariniana.
Tanto di cappello a Sampdoria (8.5) e Udinese (8), che faranno compagnia al Milan in Uefa. Mazzarri e Marino, ripagati dall'ostinata proposizione dell'anacronistica retroguardia a tre, ringraziano i rispettivi Totò, chiamati a dar seguito in azzurro alle confortanti prestazioni stagionali. Avvertenza per l'Antonio blucerchiato: il termine 'prestazioni' fa inequivocabile riferimanto alla natura tecnica delle stesse. Insulti e sceneggiate napoletane non saranno tollerate.
Mentre Milano, Roma e Torino sono divise nei colori e consequenzialmente nei sentimenti, Genova può sorridere su entrambe le sponde. Lo storico Grifone, riemerso dalle sabbie mobili della cadetteria, dopo aver accarezzato il sogno europeo, ha concluso l'annata nella metà nobile della classifica. Merito soprattutto di Borriello, segno che il passo da tronista a quasi-re dei bomber è breve.
Detto del Genoa (7.5), l'altra illustre neopromossa, il Napoli (7) di Reja mette in vetrina i gioielli Santacroce, Gargano, Hamsik e Lavezzi e strappa il pass per l'Intertoto. L'ambiziosa produzione targata De Laurentiis contempla acquisti di grido ed esclude sacrifici remunerativi ma destabilizzanti, onde evitare ricadute in campionato.
L'Empoli (4.5) insegna. Dalle stelle alle stalle nel giro di un anno, solo una realtà a misura d'individuo come il microcosmo toscano può assorbire un colpo simile in modo da impostare l'immediata risalita. A nulla è valsa l'infornata di talenti (Abate, Giovinco, Marchisio), vanificata dagli addii di Almiron e Matteini e dalle mancate conferme ad alti livelli degli idoli locali. Oscar della sfortuna a Nicola Pozzi, il cui crack in quel di Napoli ha compromesso il prosieguo della stagione degli azzurri.
Se Empoli piange, il capoluogo di provincia, Siena (7), festeggia l'ennesima salvezza. Il presidente Lombardi Stronati fa mea culpa, allontana il suo pupillo Mandorlini e richiama Beretta: è tutta qui la svolta. Per il tecnico milanese è la seconda impresa consecutiva con la Robur, roba da laurea ad honorem in missioni impossibili. Evidentemente, chiudere davanti a club meglio attrezzati, aver valorizzato i giovani a disposizione e rivitalizzato Maccarone non basta per la riconferma. Giampaolo è all'orizzonte, e forse il calcio italiano ha trovato l'erede di Zamparini.
Il Gran Ducato piange il dimezzamento del proprio plotone. Per Firenze e Siena in festa, c'è il lutto condiviso da Empoli e Livorno (4.5). L'addio, annunciato ma sofferto, del capopopolo Lucarelli, è stato l'inizio della fine. Il gioiello Diamanti è l'unica luce di un'annata balorda, segnata dall'inutile alternanza Orsi - Camolese e dall'abulia del reparto offensivo, Tristan in testa. La reiterata 'richiesta' avanzata dal tifo organizzato amaranto al deludente Tavano di svestire il 10 che fu di Protti è il sintomo più evidente del clima elettrico percepito all'Ardenza.
Va a far compagnia in cadetteria alle due toscane il Parma (3) di Gherardi. Gli azzurrini Rossi, Cigarini e Dessena, la fantasia di Gasbarroni, Morfeo e Reginaldo, la potenza di Budan, Corradi, e da gennaio, addirittura di Lucarelli, senza dimenticare Castellini, Paci, Morrone, l'emergente Mariga: bastano, e avanzano, questi nomi di prestigio a rendere inqualificabile l'annata gialloblu. La grottesca parentesi Cuper e lo scellerato mercato invernale aggravano le responsabilità societarie, ovviamente senza nulla togliere ad un gruppo sopraffatto dal nervosismo ed incapace di lottare aspramente per la sopravvivenza.
Anche il Torino (4.5) ha rischiato la discesa agli Inferi. La parabola granata è mirabilmente riassunta nelle parole di Di Michele: "Se fossi un fenomeno giocherei in una grande squadra, mica al Toro". Non fa una piega.
Chi merita una vagonata di complimenti è il Cagliari (7), o meglio, il suo condottiero Ballardini, capace di rianimare un ambiente dilaniato dagli echi pesanti della querelle Foggia - Marchini. Accantonato il bidone Larrivey, lanciati Cossu e Acquafresca, è maturata una salvezza anticipata, insperata a metà del guado.
Discorso simile per la Reggina (6.5), dove ormai sono specializzati in miracoli. Perso Mazzarri, dopo l'intermezzo Ficcadenti, è spuntato il carneade Orlandi, l'Avram Grant dei poveri. Capello brizzolato, aria da impiegato del catasto e low profile, l'uomo di fiducia del presidente Foti ha impresso la propria firma in calce nella storia del club.
La salvezza dei calabresi è passata anche per Catania (6), espugnata grazie all'intramontabile Nick Amoruso. I siciliani hanno visto progressivamente assotigliarsi il distacco dalla terz'ultima, e ai tifosi sarà parso di rivivere l'incubo di un anno fa, quando la morte dell'ispettore Raciti, e la conseguente squalifica del Massimino, fu il tragico spartiacque di una stagione iniziata bene, proseguita malissimo e finita con una salvezza all'ultimo tuffo; speculare, insomma, a quella appena conclusa. La cessione della rivelazione Vargas consentirà a Pulvirenti di rifondare un gruppo affidato al confermato Zenga, al fine di evitare l'ennesimo campionato al cardiopalma.
In chiusura, doveroso omaggio ad un figlio della provincia calcistica italica smarritosi nella grande metropoli e tornato ai fasti di un tempo nella ruspante Bergamo (Atalanta, (7.5)). L'artefice del miracolo Chievo ha valorizzato due talentuosi mediani come Guarente e Tissone, 'conservato' Doni e rispolverato Ferreira Pinto e Langella, ma soprattutto favorito l'affermazione di Floccari, la risposta italiana ad Amauri.
Scherzi del destino: il brasiliano, in predicato di firmare per la Juventus, potrebbe essere sostituito in Sicilia dall'attaccante calabrese. Ne sapremo presto di più, su questa e sulle trattative già in piedi o prossime dall'essere impostate. E tra novanta giorni circa, sarà ancora tempo di previsioni. Non per me, non ci casco di nuovo. Forse...

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