lunedì 12 maggio 2008

Again...

A volte ritornano.
Chi? Gli spettri del passato, che si riaffacciano baldanzosi al crepuscolo della stagione del rilancio. Ottenuto il pass per i preliminari di Champions, con annesso rammarico per i punti scialacquati contro le piccole, il menù propinato quotidianamente dai giornali, sempre più povero di calcio (giocato), si arricchisce di OGM.
L’ultimo prodotto della sapiente ingegneria genetico-mediatica è Flamini, bel mediano spacciato per Messia, ammaliato dal Diavolo tentatore e dai suoi milioni nonostante la serrata corte di Madama. Per bocca del munifico Silvio, il francese si è già guadagnato lo status di miglior centrocampista del mondo, con sommo giubilo, si presume, di un Gattuso sempre più attratto dalle sirene bavaresi. Il radar di Secco torna così a puntare Liverpool: dopo il pugnace Sissoko, l’indiziato è il geometrico Alonso. Tombola, ci risiamo. In principio fu Frings, randellatore teutonico che in extremis ha preferito i crauti alla bagnacauda; il suo dietrofront ha spalancato le porte di Torino ad una fighetta portoghese, perfetta antitesi del tedesco. Oggi, sfumato il discepolo di Wenger, si guarda al volante iberico. Come dire: conta lo spicchio di campo di competenza, non le specifiche tecniche. Lo spettro del Tiago-bis incombe.
Alla soglia d’ingresso della sede bianconera si riaffaccia l’opulenta sagoma di Mino Raiola, ex pizzaiolo convertito con successo a procuratore, già noto al popolo juventino, memore delle telenovelas Ibrahimovic e Nedved. Proprio il rinnovo del ceco è oggetto della singolar tenzone che minaccia di trascinarsi fino all’aurora della prossima annata. Questione di tempo… e di danari. La presenza del ceco al tavolo delle trattative è indice della sua volontà di procrastinare di un anno la pensione. E’ malcostume diffuso associare Raiola, in quanto procuratore (dell’interista-fin-da-bambino), al male supremo. Sarà, eppure il suo faccione pacioso stona con corna, pizzetto e forcone. Parliamoci chiaro: il suddetto fa semplicemente il proprio, sporco, lavoro, e lo fa maledettamente bene. Agisce su mandato degli assistiti, ai quali spetta l’ultima parola, o meglio firma. Fosse per lui, oggi Nedved dividerebbe ancora la camera con il Cyrano svedese. Alla Pinetina, però. E giù champagne per il diniego del biondino. Morale della favola? Se questo rinnovo non s’avrà da fare, recapitate le vostre ingiurie a casa Nedved. L’onesta intellettuale prima di tutto.
Facile essere tacciati d’ingratitudine al minimo moto d’insofferenza verso il ceco. Il passato, da semplice memoria storica, diventa specchietto per le allodole, cieca illusione per un futuro che non c’è. Il quasi 36enne di Cheb ormai ha imboccato Sunset Boulevard; è una strada a senso unico, non si può tornare indietro, solo rallentare la marcia verso un dorato oblio. Già, dorato. Ingaggio da big, rendimento da gregario. Salihamidzic, visti i mezzi a disposizione, ha fatto meglio. In epoca d’austerity, occorre adeguare (ergo: ridurre) gli emulamenti ad età e prospettive. L’aver traghettato la squadra, assieme agli altri sopravvissuti dallo tsunami estivo, nelle acque paludose della B, gli è valso un cospicuo aumento il giugno scorso. Reset, l’imperativo categorico assoluto è guardare avanti. Chi si adegua, è ben accetto; gli altri, compreso, eventualmente, la (sempre meno) Furia (sempre più) C(i)eca, salutano la compagnia. Siamo ancora alle schermaglie iniziali, ne vedremo delle belle. Sbagliato polarizzare la questione sull’opposizione buoni/cattivi, ognuno tenta semplicemente di portare acqua al proprio mulino. Più che Blanc ci vorrebbe Don Chisciotte.
Altro habitué delle prime pagine tinte di bianconero è il brasiliano Amauri. Figlio della provincia italiana, i richiami delle metropoli italiche lo portano a bilanciare pensieri a parole. Un colpo al cerchio (Torino bianconera), un colpo alla botte (Milano rossonera), che tradotto in amaurense si legge sei mesi da una parte, altrettanti dall’altra. Elusioni dialettiche a parte, il borsino del mercato fa segnare un preoccupante recupero dei rossoneri, forti di contropartite appetibili (l’ex tronista Borriello) e, soprattutto, di un fascino alimentato dalla grana del Berlusca, capace di far ingoiare l’eventuale boccone amaro chiamato Uefa, vero Mathieu? Le disavventure su due ruote di Secco rischiano di rallentare le operazioni, come se non bastasse la cocciutaggine di Zamparini nel chiedere la luna per la sua stella. Dovesse tramontare l’obiettivo principe dell’imminente campagna estiva, urge individuare in tempi brevi alternative percorribili.
L’Europa che conta chiama, la risposta non può limitarsi al ritorno del figliol prodigo Giovinco. Urgono repliche. Non ‘secche’, ma ‘moggiane’. Cobolli mi perdoni l’allusione.

1 commento:

Anonimo ha detto...

bentornato!