martedì 4 novembre 2008

La rivincita dei nerd

Imperativo categorico assoluto: piedi cementati al suolo. No voli pindarici, nessun panegirico, solo una constatazione amichevole dopo virulente litanie vomitate, spesso a ragione, contro i malcapitati. Non sia mai che un repentino rientro negli scomodi ranghi della mediocrità neghi loro i giusti onori. (segue strizzatina scaramantica ai gioielli di famiglia)
La vendetta è un piatto da consumare freddo. Tiago l’ha lasciato congelare, assieme ai bollenti spiriti infiammati giust’appena sbarcato a Torino. Una lavatrice senza filtro, portoghese di nascita e di spirito. Testa bassa, sguardo vitreo, movenze non pervenute, encefalogramma calcisticamente piatto. Nelle rare sortite in campo, era solito installarsi su di una zolla, con la quale allacciava un rapporto quasi morboso, rotto solo da sparuti rinculi e puntuali avvicendamenti. In estate ha investito (parte del)le residue riserve di grinta in una partigiana azione di resistenza ai disperati tentativi di “sbolognamento coatto” azzardati da Secco. L’ha sfangata, forte di un contratto pachidermico capace di debellare le, poche, pretendenti stoicamente sopravvissute alla sua personalissima Waterloo a tinte bianconere. Il fattore infortuni, che ha intaccato i muscoli dei colleghi e le gerarchie dell’allenatore, non lo ha sfiorato, forse per pietà; l’ecatombe di mediani gli ha addirittura consegnato le chiavi del centrocampo. Il lusitano, pur essendo portavoce di un calcio scolastico, non ha risentito dei tagli all’istruzione, e pare, anzi, aver finalmente assorbito gli insegnamenti del maestro unico Ranieri. Basta giocare a nascondino durante le esercitazioni, celandosi dietro la sottana, pardon, pantaloncini di Zanetti, o chi per lui. Il ministro Brunetta indica la retta via, stop ai ‘fannulloni’. La grinta si fa istinto di sopravvivenza, e Tiago si fa lavatrice, ripulisce palloni e la propria fedina bianconera, trasforma l’indifferenza/insofferenza del pubblico, ispessisce i propri standard prestazionali un tempo ‘alla carta velina’.
Ancor più radicale la trasmutazione emozionale collettiva sul vituperato Molinaro. I fischi che ne hanno scortato le gesta al, vero, battesimo europeo sono stati rigettati con il vigore di una sgroppata sulla sinistra, puntellata da una pennellata per la capoccia di Amauri. Non è il copione di un’utopia, ma la trascrizione di un’impresa, visti i mezzi a disposizione. E giù applausi. La fiera delle buone intenzioni ha trovato finalmente sbocco in parabole destinate a centro area e non più a centro curva, il corollario d’improperi ricacciato in gola ai diffidenti, le divergenze con la sfera di cuoio appena appena smussate. Come può uno scoglio arginare il mare (di critiche)? Semplice, non può, ma le acque si son chetate, lo tsunami settimanale è stato soppiantato dalla calma piatta. Se sia o meno l’occhio del ciclone, lo scopriremo solo sbirciando, mercoledì sera, il Bernabeu.
Già che ci siete, quella sera buttate un occhio sul raffazzonato binario di destra. Scorgerete, a meno di sorprese last minute, la sagoma minuta e sgusciante di Marco Marchionni da Monterotondo, piedi educati e muscoli di seta, l'infermeria come seconda casa. Una volta sfrattato, ha ripreso possesso della fascia, lasciata incustodita da Camoranesi, nuovo affittuario del lettino che fu del collega. [Doverosa riflessione: quando hai in rosa petali ammaccati, il mercato 'immobiliare' non conosce la parola crisi] Il caro benzina ha affossato il verde (Giovinco), troppo lussuoso per l'economia di squadra, rilanciando così il diesel romano, che ha grattugiato le resistenze del malcapitato pel di carota vichingo Riise e recapitato un delizioso bijoux alle spalle di Doni. La fiamma che incendiò Parma arde ancora. Con lei, la fiammella della speranza. Speranza che non si tratti di un semplice fuoco fatuo, buono solo per bruciare la pazienza dei tifosi, bensì l'epicentro di un incendio prossimo ad infiammare i cuori degli juventini. Ranieri versione pompiere permettendo.

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