domenica 31 maggio 2009

Bye bye Tinkerman

Esorcizzato lo spettro del quarto posto, con annessi preliminari di Champions, l'attenzione del popolo juventino è ora monopolizzata dal nodo allenatore, imbrigliato dall'astorico - non accadeva da 40 anni - quanto annunciato esonero di Ranieri, datato 18 maggio. L'inqualificabile 2-2 interno con l'appagata Atalanta ha piegato l'endemico tafazzismo dei dirigenti bianconeri all'evidenza dei fatti: troppo alto il rischio, partorito dall'ultimo, miserrimo, bimestre, di veder sfumare, dopo la Coppa Italia, anche la zona Champions per trascinare a fine stagione un rapporto ormai logoro.
Guai, però, a spacciare la cacciata del brizzolato di Testaccio quale panacea di tutti i mali. Il pesce puzza sempre dalla testa, ed i corridoi di Corso Galfer sono pregni di improvvisazione e logorrea. Cervellotica la scelta di investire Blanc, scafato "commercialista" a digiuno di pallone, della carica di direttore generale, così come inopportune sono le sabbie mobili burocratiche che risucchiano i margini d'azione del giovane Secco, co-responsabile di un mercato senza capo nè coda. Se ragioni di portafoglio hanno viziato l'abbandono della via maestra verso il successo, costellata di capi firmati, le nebbie progettuali hanno condotto verso us(ur)ato sicuro - Andrade, Poulsen - costosi tarocchi - Almiron&Tiago - e campioni, pardon, gregari omaggio - Grygera, Salihamidzic. Le eccezioni Amauri e Sissoko confermano la regola di un progetto che non c'è, e se c'è non lo da a vedere.
Claudio Ranieri altro non è(ra) che la proiezione di cotanta vacuità: un uomo fatto transizione, profeta del "primo, non prenderle" nonchè cultore di un rassicurante/rinunciatario 4-4-2 maschera-vizi più che esalta-virtù, professato in assenza di ali di ruolo. Il sinistro filotto di ben 7 partite senza successi inanellato da aprile in poi ha progressivamente disintegrato le, poche, certezze di, e su, Tinkerman, fase difensiva in testa. Il fuorigioco alto? Un'arma a doppio taglio, affilata dal ko di Sissoko e affondata nel burro della difesa bianconera, spalmato e gustato dal primo Pellissier di passaggio. Poulsen? Encefalogramma calcisticamente piatto. Il gioco? Non pervenuto. Accusato di fondamentalismo tattico e difensivismo esasperato, ha "risposto" con ciechi eccessi d'audacia, denunciando preoccupanti lacune sia nello scegliere e disporre l'undici iniziale che nell'apporre correttivi, spesso tardivi, in corso d'opera. E come tacere dei scusatehopersoilconto infortuni, imputabili a sfiga e muscoli di seta, certo, ma non del tutto scindibili dalla preparazione impostata di concerto con Capanna. La celerissima rinascita post-Ranieri, d'altronde, fa riflettere: il grintoso entusiasmo di Ferrara avrà senz'altro contribuito a risvegliare i dormienti, ma, se è vero che due indizi - le polemiche a mezzo stampa con Trezeguet e la (presunta) lite con Camoranesi - fanno una prova, è lecito asserire che il feeling dell'ex mister con il gruppo, capeggiato dai senatori, era ormai azzerato.
A proposito di senatori, l'annata ci ha consegnato il paradosso di una Juve iper-incerottata - orfana, tra gli altri, di Buffon e Camoranesi, rimpiazzati dagli "onesti" Manninger e Marchionni - superiore, numeri alla mano, a quella'tipo' (o quasi, vedi la prolungata assenza di Momo Sissoko). Il portierone azzurro ha così smarrito l'aura di superuomo per assumere le umane sembianze del vulnerabile eroe tormentato in crisi d'identità, incarnando perfettamente il malessere del popolo juventino. Popolo che non perde occasione di assestare frecciatine agli obiettivi sensibili - società, (ex) allenatore o Poulsen che sia - mentre si mostra mediamente clemente, sin troppo, con i reduci dalla cadetteria. Piange il cuore - ma allevia la coscienza - a sottolineare l'indisponenza di Camo, il rendimento altalenante di Nedved e capitan Del Piero, e l'appannamento di Trezeguet. Urgono nuovi eroi, da affiancare/sostituire ai vecchi, per addolcire distacco e futuro.
Il primo è già in lista di sbarco: Diego Ribas da Cunha, brasiliano di Germania, costoso prodromo del ritorno al potere della fantasia, prevaricata nel post-Zidane da una fisicità tanto redditizia in patria quanto infruttuosa fuori. Fantasia che rima con trequartista, e tanti saluti al 4-4-2. Prima di perdersi nelle tradizionali elucubrazioni tattico-calciomercatistiche da ombrellone, sarà però utile attendere l'investitura del nuovo mister. L'effetto-Guardiola - requisiti: pedigree autoctono ed umili pretese economiche - sospinge le candidatura di Conte e Ferrara; più sfumate le candidature dei "forestieri" - tutti sotto contratto - via via associati alla Vecchia Signora: decaduti Gasperini e Prandelli, resistono a giorni alterni l'emergente Allegri, la new entry (Laurent) Blanc e l'onnipresente Spalletti, smaliziato timoniere dal credo tattico a misura di Diego, ma dallo stipendio a prova di (Jean Claude) Blanc. Gli ultimi exit poll danno favorito il leccese più amato da baresi e juventini, forte di un'impennata professionale seconda solo a quella del suo cuoio capelluto. Dopo l'aperitivo senese come secondo di De Canio e l'antipasto aretino, inopportunamente Spezia-to proprio dalla 'sua' Juve, il piatto forte - leggasi capolavoro - barese: tornite una robusta dose di offensivismo con un paio d'ali tutto pepe, spruzzatevi della sana sagacia tattica di stampo lippiano e otterrete una ricetta da Gambero Rosso. Desta perplessità, piuttosto, la traslabilità della stessa in terra sabauda, laddove le dispense offrono ingredienti difformi dal ricettario contiano, a partite dal già citato Diego. O forse è solo un fastidioso retaggio del ranierismo, come se un allenatore non potesse/sapesse/volesse prescindere dal modulo prediletto. Gioite, camaleonti solidi: i tempi bui - forse - son finiti.

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