domenica 2 settembre 2007

Ghost of you

Il calcio è una malattia, regala soddisfazioni ma consuma fisicamente e mentalmente spettatori e protagonisti.
Proprio i calciatori sono colpiti da curiose patologie.
Tra le più note, c'è la cosiddetta "Sindrome di Masiello", che colpisce difensori ancora in giovane età.
I sintomi sono distrazioni in marcatura ed esitazioni da oratorio, interventi goffi e dormite colossali. Tra
le vittime illustri, Andreolli, attualmente tesserato per la Roma di Spalletti.
Malattia pericolosa è anche la nota "Sindrome di Guzman", forma meno aggressiva del "Morbo di Morfeo". Quest'ultimo, particolarmente attivo negli anni '90, ha colpito tra gli altri Locatelli (Siena) e Pirri, irrimediabilmente risucchiato in C ma un tempo talentino conteso. Si manifesta in maniera subdola, mascherato da colpi di classe ma palesato da lunghe pause.
La sua recente variante ha attecchito parecchio a Torino, dove ha colpito, dopo il 'capostipite' Guzman, Chiumiento e Palladino. Inconsistenza e giocate fine a se stesse sono l'innegabile dimostrazione del progredire della malattia. Inevitabili conseguenza, il parcheggio in provincia sino a definitiva cessione.
Ultima patologia, la terribile "Sindrome di Paro".
Lentezza esasperante, sguardo smarrito e passaggi in orizzontali sono segnali inequivocabili.
Se l'identikit calza a pennello, sei fottuto, caro il mio calciatore, la sindrome ha colpito anche te.
Proprio i tifosi juventini ne sanno qualcosa.
Registi che si trasformano in oscure presenze che passeggiano in campo senza un perchè.
Analizziamo l'evoluzione della malattia.
In principio, ovviamente, fu Paro Matteo, classe 1983, da Asti, aria assonnata, sguardo assente, faccia da impiegato comunale, passo da tartaruga zoppa.
Risulta essere 'regista', pur avendo palesato lo scorso anno limiti in fase di costruzione.
Sbolognato a Genova sponda rossoblu, il bravo Gasperini lo schiera a fianco di Milanetto, il vero fulcro della manovra. Il tecnico lo conosce bene per averlo avuto ai tempi della Primavera bianconera. Deschamps lo ha allenato un anno, e, amabilmente, non c'ha capito una cippa, preferendolo a lungo al ben più talentuoso Marchisio.
Via Paro, dentro Almiron e Tiago.
Eppure, l'ombra dell'astigiano continua ad aleggiare su Torino.
La malattia ha sin da subito colpito il portoghese, trasformatosi da stella annunciata in timida ombra del giocatore che fu.
L'argentino sembrava immune, dopo le prime, incoraggianti, uscite, tanto da costringere il tecnico Ranieri ad una scelta, con l'ex Lione immalinconito in panchina.
I nodi, però, stanno venendo al pettine.
Classico caso di contagio dovuto a costante contatto. I due sono, per la cronaca, persino stati in camera insieme durante il ritiro.
Durante l'ultima uscita a Cagliari, la timidezza di Almiron si è manifestata pure in campo. Passaggini, spesso sbagliati, anarchia tattica, vittima consapevole e colpevole del gioco a la 'viva il parroco' impostato dai difensori, è stato letteralmente travolto da Conti e Parola, mica Pirlo e Gattuso.
In una parola, si è 'parizzato'.
La Juve teorizzata a giugno, con la coppia Almiron - Tiago a dettare legge in mezzo, si è sciolta come neve al sole già a luglio inoltrato. Solo un sogno di una notte di mezza estate.
L'unico inamovibile è Zanetti. L'intoccabile, anche perchè se lo sfiori rischi di romperlo.
Tra infortuni e cartellini (è più falloso di Rocco Siffredi, ma in un altro senso) salta abitualmente mezzo campionato.
Marchisio avrebbe fatto comodo, ma adesso è all'Empoli, dove fa da riserva a Giacomazzi e Moro, in attesa che Cagni si accorga del talento suo e di Giovinco.
Su Claudio incombe la "Sindrome di Brighi". In parole povere, centrocampista molto talentuso che si perde tra prestiti sbagliati e problemi fisici.
Il problema non dovrebbe sussistere, vista la caratura del giocatore, ma, nel dubbio, riportarlo a casa sin da gennaio è un'idea affatto peregrina.
Soprattutto alla luce della 'parizzazione' imperante.

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